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Channel: Il blog di Sandro Rizzetto
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Installare mappe OpenMtbMap su PC e ciclocomputer GPS Garmin

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Inauguro con questo post, una serie di tutorial inerenti al mondo della cartografia per l’uso sportivo, concentrandomi maggiormente su quello che uso personalmente, quindi mtb, software per Windows (non fatemi domande su Mac!) e device Garmin (io ho un Edge 800, ma molte cose si adattano a molti altri modelli). Partiremo con l’installazione delle mappe free OpenMtbMap per poi passare ad argomenti più particolari come le mappe custom (raster), l’integrazione dei dati DEM, la pianificazione con Basecamp, ecc. Come spesso accade i post sono fatti più per me stesso, ché ogni volta mi dimentico qualche passo della procedura e passo il tempo a ricercare su google come si fa quella certa operazione…

Partiamo quindi con le mappe OpenMtbMap, validissima alternativa a quelle offerte da Garmin (le TrekMap); il mio consiglio infatti è quello di risparmiare soldi e di non comprarle né in bundle al GPS, né successivamente. Le OpenMtbMap sono infatti un’implementazione specifica per mtb basata sulle famose OpenStreetMap, progetto opensource e sotto licenza aperta. Il curatore è un certo Felix Hartmann, viennese, che quasi settimanalmente fa uscire gli aggiornamenti delle varie mappe, che essendo popolate di informazioni nuove da parte di chi vuole (sullo stile di wikipedia) sono ovviamente soggette a frequentissimi aggiornamenti. Sono gratuite? Quasi. Le mappe dei singoli paesi (come l’Italia) sono  scaricabili gratuitamente, mentre se si vuole quella completa europea unitamente alla possibilità di avere supporto in caso in problemi, è richiesto un contributo annuale di 20€ (15€ per il rinnovo al secondo anno e cifre inferiori se ci si abbona per più anni). Io ho scelto questa opzione, in quanto ritengo doveroso remunerare tale sforzo e auspicare che la gestione non venga interrotta.

I vantaggi rispetto alle Trekmap non sono solo di tipo economico (anche se 199€ contro 0€ ha il suo perché), ma soprattutto di completezza dati e del fatto che il signor Felix si è inventato uno schema di classificazione (mtb:scale) per mappare le difficoltà dei percorsi mtb. Una volta presa confidenza con la simbologia usata nel tratto dei vari sentieri, si capisce al volo, per strada o in fase di pianificazione, se ci stiamo imbarcando su una larga forestale o in un cul-de-sac ripidissimo e difficile. Si dice che un’immagine vale più di mille parole e il sottostante confronto tra OpenMtbMap e TrekMap Garmin è impietoso: questa è la zona dei Laghi di Monticolo dove giro spesso; nella prima (clicca l’immagine per ingrandire) notiamo tutti i sentieri segnalati correttamente e, per far un esempio, la mia panchina panoramica preferita (viewpoint) vicino ad una casetta dei cacciatori (shelter) dove c’è anche una fonte d’acqua. Nella Trekmap? solo le  forestali più grandi e poi il nulla…

open1

trek1

Installazione su PC

Se non vi ho convinto, potete fermarvi qui! Con che programma posso vedere questo ben di Dio? I due software made by garmin disponibili sono BaseCamp (scaricabile qui) e MapSource. Quest’ultimo non è più sviluppato (ultima versione 6.16.3), è installabile dal CD fornito insieme al GPS, oppure con questa procedura un po’ più scomoda. MapSource ci servirà solo per trasferire porzioni di mappa al nostro device, mentre consiglio vivamente di imparare bene BaseCamp e di usare lui per tutto il resto.

I passi per l’installazione delle mappe sono i seguenti:

  • Scarichiamo la mappa del Paese desiderato da qui (io prenderò l’Italia come esempio, sostituite “italy” col paese che avete scelto)
  • Lanciamo il file mtbItaly.exe
  • Alla domanda sulle linee di livello (Contourlines) rispondiamo si all’integrazione nella mappa (così le avremo sia su Pc che sul device) e a vostra scelta se volete una mappa aggiuntiva delle SOLE curve di livello
    setup1
  • Scegliamo MapSource-Qlandkarte_GT come tipo di layout (è quello che si vede meglio su PC; lo andremo poi a cambiare prima di spedirle al device)
    setup 2
  • Scegliamo la Cartella di Destinazione. ATTENZIONE: scegliete un path che poi terrete fisso per sempre (non un c:\temp insomma), in quanto se lo vogliamo cambiare saremmo costretti a disinstallare le mappe e poi reinstallarle. Se stiamo installando un aggiornamento (cioè non è la prima volta) ricordiamoci di dare lo stesso path della volta precedente
    setup3
  • Premere Install e attendere l’installazione. Una volta terminata, avremo nei nostri due software le mappe disponibili dalla tendina di scelta (es. openmtbmap_italy_DD.MM.YYYY, dove la data è quella di aggiornamento). Se abbiamo checkato l’opzione “Install a separate Contourlines only Map” ci troveremo una seconda mappa chiamata openmtbmap_srtm_italy_DD.MM.YYYY)

Installazione della Mappa Europa

La Mappa Europa differisce da quella dei singoli paesi per due aspetti: i download da fare sono 3 ed essendo un download di tipo “Premium” bisogna aver fatto la donazione. Perché usare la mappa Europa? L’autore dice che è molto più affidabile se ci occorre visitare zone sul confine di due Stati. Se ad esempio sono a fare un giro tra Italia e Austria avendo le due mappe installate, nel passaggio tra una e l’altra potrei trovare dei “buchi” bianchi, mentre con la carta europea ciò non avviene.

I file da scaricare da qui sono l’installer (mtbeurope.exe, 350Mb), i dati veri e proprio della mappa (mtbeurope.7z, 6Gb!) e i dati delle linee di livello (europe_contours.7z, 1Gb).

Lanciamo mtbeurope.exe e proseguiamo come prima; unica differenza, ad un certo punto ci verrà chiesto dove è il file mtbeurope.7z).

Quando vorremmo fare l’aggiornamento (che avviene circa ogni 6 settimane, mentre quello dei singoli paesi ogni settimana) ci basterà scaricare solo i primi due file, in quanto il file delle linee di livello è sempre uguale.

Disintallazione

Non andate a cercare nel Pannello di Controllo, bensì andate nella cartella dove ci sono tutti i file e lanciate il file “openmtbmap_italy_uninstall.exe”

 

Installazione sul Device

Ok, ora abbiamo la nostra mappa su PC, ma quello che ci serve è averla sul device per i nostri giri off-road. Come la esportiamo? Un paio di premesse: quasi mai, presumo, avremo bisogno della mappa di tutto un paese (o siete così fortunati che girate dalle Alpi all’Etna in pochi giorni?) quindi il consiglio è quello di esportare solo un subset della mappa della zona che ci serve. In questo modo, a quanto ho letto, il garmin sarà più veloce ed inoltre non ci occorre una microSD di dimensioni galattiche (ci basterebbe una 4Gb anche se ormai le 8, 16 o 32 costano veramente un’inezia).

Il secondo consiglio è quello di non trasferirle con il device attaccato al PC via USB ma direttamente sulla schedina tramite il suo adattatore (ogni pc ormai ha uno slot SD oppure un lettore di card esterno lo si trova ovunque). Il mio Edge 800 infatti dispone ancora di una USB 1.1 e la copia del file di una certa dimensione è ESTREMAMENTE lenta!

Cambio di layout (.typ)

Prima di avviare la procedura di export, è importante ricordarsi di scegliere un layout che ben si adatta al proprio device. Andare nella cartella della mappa e lanciate “openmtbmap_italy_change_layout.exe”. Io per il Garmin 800 scelgo il layout Wide, ma potete fare diversi esperimenti su quale vi aggrada di più. Finito l’export, rifate la stessa operazione per ritornare al MapSource-QLandKarte ottimizzato per la visione su PC.

Esportazione tramite MapSource

E’ il metodo consigliato dal sito OpenMtbMap e che anche io personalmente uso in quanto più comodo come interfaccia utente di BaseCamp:

  • Aprire il software MapSource e assicurarsi di aver selezionato dalla tendina la mappa desiderata. Portatevi con i comandi di pan e zoom ad una vista comoda e selezionate lo strumento MapTool
    ms1
  • Selezionate con un rettangolo (tenendo premuto il mouse, non con singoli click) l’area desiderata. Se volete aggiungere altre aree non serve premere Shift o Ctrl come si fa normalmente con le selezioni multiple, in quanto il software continua ad aggiungere le porzioni di mappe (le vedremo comparire nella lista di sinistra); è molto importante tracciare un rettangolo in quanto in questo modo vengono selezionate anche le curve di livello sottostanti, cosa che con il singolo click non avviene.
  • Se vogliamo rimuovere aree che abbiamo selezionato per sbaglio, rifacciamo la stessa operazione del rettangolo ma con il tasto CTRL premuto. In alternativa, è possibile selezionare dalla lista la mappa (se la si riconosce dal nome) e premere Canc.
  • Se vediamo che si è selezionata un’area molto ampia che in teoria non ci serve, è probabile che sia una contenente le curve di livello (openmtbmap_srtm_ita_date) che di solito sono molto più estese contenendo pochi dati rispetto alle altre (nell’esempio sottostante il quadrato grande comprendente la parte dell’Alto Adriatico).
    ms2
  • E’ virtualmente possibile, cambiare dalla tendina la mappa e continuare ad aggiungerne altre porzioni; in questo modo il nostro subset sarà un patchwork di più mappe; rinnovo l’indicazione di usare la mappa Europa se dovete crearvi mappe che comprendono zone a ridosso dei confini (quindi non installatevi Italia + Austria, ma usate l’Europa)
  • Lasciare selezionata l’opzione di Includere il dati per il calcolo rotta e fornire un nome mnemonico al Map Set cliccando Map Set Name
    ms3
  • A questo punto possiamo Salvare la nostra configurazione (ci dovesse riservire) con il comando File-Save e iniziare il trasferimento sul device con il comando Transfer-Send to Device… (sorry, ma io uso software sempre settati in lingua inglese; uno dei tanti esempi del perché…)
  • Dalla tendina Device scegliere il drive dove avete inserito la microSD (nel mio caso F:\ ); se volete farvi del male e avete attaccato il garmin via usb, scegliere il suo Removable Drive (non scegliere il device vero e proprio perché è probabile che la limitata memoria non sia sufficiente a contenere la mappa)
    ms4ms5
  • Premere Send ed attendere la costruizione del Map Set e la sua copia
  • Il file sarà scritto nella directory Garmin e si chiamerà gmapsupp.img; rinominate subito il file con un vostro nome a piacere (es. OpenMap_ItalyNordEst.img) in quanto in questo modo al prossimo export non rischiate di sovrascrivere il file (se stiamo facendo un aggiornamento, ovviamente potete cancellare il vecchio e nominare nello stesso modo il nuovo). Ho letto che sarebbe bene usare notazioni di filename brevi (alla vecchia DOS 8.3 insomma), ma personalmente non ho trovato controindicazioni a usare nomi lunghi e con spazi.
  • Rammento che è possibile tenere diverse mappe sulla SD ed andarle a attivare/disattivare dal menu del device (Impostazioni>Sistema>Mappa>Seleziona Mappa) oppure anche a tenerle sovrapposte se ha senso.
    ms6
  • Reinserire la microSD nel Garmin ed accenderlo. La mappa dovrebbe comparire sul device (assicuratevi che sia attivata dall’apposito menu)

 

Esportazione tramite BaseCamp

La procedura è molto simile, ma a mio avviso l’interfaccia utente che offre BaseCamp è più scomoda, in quanto tutto si svolge in una finestra popup modale non ingrandibile.

  • Scegliere dal menu Map la voce Install Map
  • Scegliere il drive della microSD e premere Continue
  • Selezionare dalla tendina la mappa desiderata e procedere nella selezione come prima (rettangolo per aggiungere, CTRL rettangolo per rimuovere)
  • Premere Continue e poi Install (non è possibile dare un map set name custom)
    bc1

Esportazione tramite file batch

Per chi non vuole usare tool grafici e desidera spedire TUTTA la mappa al device, nella directory di installazione sono presenti due file batch: create_gmapsupp_img.bat e create_gmapsupp_img_with_mkgmap.bat

Con il primo dovremmo solo indicare il tipo di layout (premere 2 per wide) ed il nome mnemonico della mappa. Il secondo, invece, prevede l’uso del tool mkgmap e del compilatore Java (JRE  1.7 / JDK 7) ed offre molte più opzioni. Consigliato solo a smanettoni o amanti dell’opensource puro!

In entrambi i casi otterremo un file gmapsupp.img da rinominare e copiare manualmente sulla microSD.

Mappe Unicode e Non-Unicode

[UPDATE]

A partire da Giugno 2016, le OpenMtbMap supportano la codifica Unicode, cosa che permette sulle mappe che hanno alfabeti non latini (es. cinese, giapponese, ma anche greco e cirillico nelle mappa Europa, ecc.) di gestire i nomi con i caratteri originali. Purtroppo alcuni device Garmin (vedi sotto la lista) sembra non siano compatibili con questo tipo di mappe, e quindi l'autore  ha messo a disposizione sul sito entrambe le versioni, le nuove con codifica Unicode e le Non-Unicode per chi ha problemi di compatibilità.

Se quindi avete uno dei devices sotto riportati e all'accensione ricevete il messaggio di errore  "cannot authenticate maps", oppure il device si spegne o si resetta, dovete scaricare la versione NON-UNICODE:

  • Tutti i device Garmin presentati nel 2016 o dopo (es. Edge 820)
  • Edge 1000
  • Epix
  • Etrex 20x / 30x (not "etrex 30")
  • Etrex Touch 25/35
  • GPS Maps 64 series
  • Montana 610, 680 (not 600 / 650)
  • Oregon 700,750
  • Some recent Nuvi devices - as well as some super old devices that do not support Unicode. (E.g. Garmin Vista C, GPS Maps 60 C)

Le Mappe NON-Unicode sono disponibili sull'ultimo tab a questo indirizzo https://openmtbmap.org/download/odbl/

Unicode

Fonti

Tutti i tutorial sono disponibili ovviamente sul sito di OpenMtbMap, ma a mio avviso in maniera non molto organica e comunque in italiano  con alcune parti mancanti. Spero che questo post riassuntivo possa servire a qualcuno…


Testival, il Festival degli incompetenti

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Giretto in mattinata al Testival di Bressanone; le fiere o gli eventi di questo tipo ormai non sono più fatti per vedere le novità (che tanto sono già uscite su internet da mesi), ma le consideravo come un'occasione per togliersi qualche dubbio tecnico rivolgendosi direttamente ai produttori.

Se io quando faccio una demo o faccio (raramente per fortuna) un evento o una fiera, mi studio i nostri software e hardware fino all'ultimo menu, compresi gli easter-eggs, perché ciò non avviene per case ben più blasonate della nostra ?!

Prima domanda: Con il gruppo SRAM EX1 che ha il pignone più grande da 48 è possibile montare la coroncina davanti da 14 senza incorrere nel famoso errore 503 ?

Stand SRAM: > non lo sappiamo, dipende da Bosch! (se non andasse cosa lo vendete a fare ?)
Stand Bosch: > dipende dal produttore della bici, i parametri li setta lui… (in effetti l'unica risposta giusta della giornata)
Stand Cube: > I woas netta!(non lo so) chiedi al tuo negoziante se ha il software su PC per fare i calcoli e ti dice il range giusto!

Seconda Domanda: I freni Magura Mt7 hanno una leva lunga come quella del CIAO, per fortuna quest'anno sono usciti con una più corta adatta a frenare con un dito. È sicuro che le bici 2017 che li montano arriveranno con questa nuova leva o la devo ordinare a parte?

Stand Magura: > mhhh, ehhhm, mmhhh… dipende da come li ha ordinati il produttore di bici (swooosh me la sono cavata)
Stand Cube: > I woas netta! (non lo so) … dipende da cosa ci arriva da Magura

Altre domande:

SR:> è sicuro che la FOX 34 che montate abbia il nuovo Tune E16
Stand Cube: > Wos Ischn ??? (zzo è??)… ahh I woas netta (avete giá capito)

SR:> cosa dici ho fatto bene a prendere una Plus 140 invece che una 160 ?
Stand Cube: > le Plus vanno bene solo sul fango (!! è  forse l'unico terreno dove vanno peggio visto che ancora non ci sono gomme tassellate da fango!) e comunque non puoi confrontarla perché la SLT 140 costa MOLTO meno della Action Team 160
SR: >  a dire il vero NO! l'SLT costa solo 100€ in meno… va beh… Auf Wiedersehen!

Fortuna che i Germanici sono famosi per la precisione!!!  Ho capito che era meglio chiedere solo a Arthur di Sanvit che con 2 telefonate mi risolveva i dubbi!

Alcune foto per dimenticare… purtroppo il 90% delle bici era fuori per i test, visto che l'evento, da cui il nome, è fatto proprio per questo!

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Dal vivo e bello pulito, l'Eagle XX1 (in oro tra l'altro) è veramente uno spettacolo…ah, chi si lamenta della gabbia lunga: io in 25 anni ce l'ho sempre avuta e non ho mai "arato" o spaccato

 

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Radon: Bodo Prost si è buttato sulle Plus (arriva sempre con calma con un anno in ritardo, ma poi tira fuori sempre belle bici); qui due prototipi di Slide 140+, uno muscolare e uno elettrico

 

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Corratec, anche lei Plus 140. Una delle migliori linee che abbia visto

 

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BH: con motore Brose la batteria può essere integrata molto meglio

Https costoso e difficile da implementare? Sfatiamo questo e altri miti.

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ssnavA pochi mesi dal Go-Live del nostro nuovo ERP Ms Dynamics NAV, ho voluto sperimentare i client alternativi al RTC desktop ovvero quello web e le due versioni mobile Android e iOS.

Mentre quello web, è possibile usarlo in http normale, anche se ovviamente assolutamente sconsigliato nel caso lo esponessimo su internet, per i 2 client mobile è obbligatorio esporre l’istanza del servizio in IIS tramite un collegamento sicuro https, solitamente ospitato sulla porta 443, pena il messaggio di errore che vedete qui di fianco raffigurato

Quando ho capito che mi sarei dovuto occupare dell’installazione del certificato e della configurazione del webserver, mi stavo seriamente preoccupando, memore di quando qualche lustro fa ero costretto a occuparmene per qualche cliente a cui implementavo un e-commerce. Ricordo infatti procedure molto complicate e alti costi per le poche Certification Authorities (CA) che rilasciavano, a fronte di verifiche puntuali e incrociate, i certificati.

Dopo un paio di giri su internet invece, ho scoperto che oggi è tutto molto più semplice ed economico ed addirittura esistono società che rilasciano certificati free (solitamente per 3 mesi, ma comunque auto-rinnovabili) solo compilando un form online. La procedura di verifica identità denominata DCV (Domain Control Validation) si basa sulla concordanza del dominio per cui si richiede con la mail a cui viene spedito (es. se chiedo un certificato per un dominio www.mycompany.com, questo viene spedito -a scelta- a webmaster|admin|postmaster @mycompany.com), oppure tramite inserimento di un CNAME nel DNS, oppure via META tags da mettere in una pagina del sito.

Ma perché, mi sono chiesto, le procedure si sono così facilitate e sono nati così tanti attori che rilasciano i certificati? La risposta sta nella grande diffusione che il protocollo sicuro sta avendo ed in futuro avrà sempre maggiormente.

Senza entrare troppo nei dettagli tecnici, per i quali ci vorrebbero svariati post, i vantaggi che la tecnologia SSL (Secure Socket Layer) fornisce tramite il protocollo TLS (Transport Layer Security) sono la crittografia che consente di proteggere le informazioni scambiate tra client e server, l’integrità dei dati che non possono essere modificati durante il trasferimento e l’autenticazione che, tramite appunto il certificato, ci garantisce che stiamo “parlando” col vero sito e non con un “fake” alterato magari da un attacco man in the middle.

Ad oggi, se siamo attenti e notiamo il lucchetto verde che i browser evidenziano in presenza di un sito https, sono molti i siti che già lo implementano; senza citare i website di e-commerce e i vari colossi Google, Facebook, Youtube, ecc., nel caso del settore intrattenimento ad esempio, Casino.com ha cambiato già da tempo il sistema per la trasmissione delle informazioni in maniera cifrata.

Google ha inoltre già da tempo annunciato che privilegerà nei suoi algoritmi di ranking i siti “sicuri” e il suo browser Chrome a partire dal 1 gennaio 2017 marcherà come non sicuri tutti i siti non https che richiedono una password o una carta di credito.

Ha senso fare il passaggio per un sito amatoriale come il mio che non chiede dati sensibili? Dopo essermi un po’ documentato la risposta è affermativa in quanto molti dubbi e perplessità (costo, difficoltà tecniche, performance, problematiche legate al SEO, ecc.) sono facilmente confutabili. Un esempio su tutti quello delle performance, io stesso sono rimasto incredulo a vedere che se ben implementato un sito https è molto più veloce di uno http.

La speranza quindi è che molti webmaster come il sottoscritto siano spinti a implementare questo protocollo per rendere un po’ più sicuro il mondo digitale.

Se vi interessa approfondire l’argomento questo video esplora molti dei succitati miti e la giovane Product Manager di Google li sfata uno a uno.

 

Configurare FTP server con IIS 8.5 su una VM Azure

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Ci sono svariati post al riguardo, ma molti parlano delle VM classic o fanno vedere screenshot del portale vecchio.

Senza entrare nei mille dettagli, segnalo solo i tips che spero non facciano perdere una mattina come al sottoscritto. Il mio problema era che facendo ftp 127.0.0.1 da dentro la macchina stessa funzionava tutto, mentre se lo facevo con l'IP pubblico (o con l'hostname a cui è associato) sia da un client esterno tipo Filezilla, sia anche dentro la VM Stessa, mi loggavo, ma al primo LIST/dir rimaneva tutto bloccato.

I passi necessari son quelli di aprire un range di porte per il Passive Mode e di creare le corrispondenti Inbound security Rules (i vecchi "Endpoint" nel portale precedente).

È bene sapere che per settare le porte del Data Channel Port Range, va fatto dal ramo principale del server e NON dal ftp site

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Partire dal nodo root, altrimenti il campo Data Channel sarà Disabilitato

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Queste le Inbound security Rules create (io ho aperto anche la porta 20, oltre alla classica 21)

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Hope this helps

Progetto "Ride ALL the Trails"

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Praticamente ogni bolzanino o abitante dell'Oltradige che abbia messo le chiappe una volta in vita sua sulla sella di una MTB, è molto probabile che abbia solcato i sentieri della zona del lago di Monticolo. Io stesso, quando ancora ero cittadino e pedalavo 25 e più anni fa i primi cancelli a ruote grasse, raggiungevo i boschi per la strada di Cornaiano (la ciclabile non esisteva ancora) e rimanevo affascinato dalla quantità di giri sempre diversi che era possibile fare. Quando poi sono venuto ad abitare a pochissimi chilometri (se non centinaia di metri) dai primi sentieri che salgono da Appiano verso il bosco, ho ovviamente aumentato la frequentazione, ma pur variando molto spesso la "composizione" dei miei giri serali, mi rimaneva il dubbio di non aver esplorato tutta la zona.

Con l'avvento dei ciclocomputer o smartphone dotati di GPS è ovviamente molto semplice loggare le proprie uscite e vedere che giri si è fatto e grazie all'altissima quantità e qualità di informazioni presente nelle mappe OpenMtbMap (qui vari miei post sull'argomento) è molto semplice capire intanto quali sono i sentieri che percorriamo più spesso, ma soprattutto scovare quelli che non abbiamo mai percorso.

Ecco quindi che mi è balzato alla mente un "progetto" (da pronunciare con la e stretta come fa Giuliano dei Negramaro) da concludere prima di passare al "lato oscuro delle e-bike", ché non si dica "eh bella roba con il motorino…":

Percorrere TUTTI, ma proprio TUTTI i sentieri dentro l'area boschiva che va da Colterenzio fino giù a Gmund (oltre alla vecchia polveriera militare).

Qui sotto nelle diverse mappe  vedete l'aerea di circa 24 km2 lunga circa 11 km da nord a sud e 3,5 km nel punto più largo.

map01

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Perché solo nell'area boschiva? Intanto per darsi un limite, poi perché era più facile da controllare sulla mappa, perché fuori dal bosco alcuni sentieri o stradine sono privati, oppure dentro le vigne o meleti,  e comunque a bassa quota e fuori dal bosco è più roba da gravel che da mtb :-)

"Eh, va beh, quanti vuoi che siano", direte voi… TANTI! Nessuno, penso, abbia mai calcolato l'esatto sviluppo metrico; c'è chi dice 100km (probabile), chi 300km (mi sembra esagerato), vi assicuro però che sono molti di più di quello che ci si immagina quando si percorrono solo i principali. Qui tanto per dare un esempio la zona nord vista in 3D…e zoomando i sentieri più corti e minori aumentano!

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Armato quindi di Basecamp e di Garmin 800, mi sono creato una serie di tracce che includevano sentieri "inediti" e durante i miei giretti serali mi trasformavo in "trail-hunter" chiudendo ogni volta qualche buco in più sulla mappa.

Lo scopo principale non era ovviamente né sportivo (sono tutti giretti fattibilissimi) né da guiness, ma solamente la voglia di scoprire nuove possibilità di divertimento, soprattutto in discesa. E come direbbe Ethan Hunt… Missione Compiuta! Ho trovato infatti nuovi e bellissimi sentieri che appunto in tanti anni non avevo mai visto o considerato.

Certo, alcune volte mi sono trovato a uscire solo per "coprire" un viottolo selvaggio di poche decine di metri che era rimasto l'unico orfano in una certa zona; oppure pezzetti di trail che già sapevo essere "one-way" e che poi dovevo ripercorrere al contrario, ma la maggior parte delle volte le novità che ho solcato sono state molto soddisfacenti e molti entreranno a far parte dei miei giri abituali.

Quanto erano precise le OpenMtbMap? Moltissimo! I casi in cui ho percorso sentieri che non erano segnati, oppure in cui le tracce segnate non erano percorribili si contano sulle dita di una mano: un paio di sentieri non vengono più puliti e quindi si interrompevano a metà, in un altro caso un cane lupo a guardia un cava di granito mi ha impedito di percorrere gli ultimi metri!!

Uno dei punti con più passaggiSono stati tutti percorribili in bici ? A parte la Val Primavera che è permessa solo ai pedoni, pezzi del sentiero che sale alle rovine del Leuchtemburg e l'ultimo canalone a sud che scende a Gmund, tutto il resto è fattibile senza portage e -con un po' di tecnica- affrontando ogni discesa sui pedali.

Qui sotto ho catturato in un video un "panning" del software Basecamp dove in grigio si vedono le tracce di un anno; interessante vedere come in certi posti sono passato decine di volte (il quadrivio con crocifisso dove parte il sentiero "mangiamerda" ad esempio), mentre molti altri sono stati dei passaggi "singoli" sicuramente da ripetere in futuro.

Mi sarebbe piaciuto integrarlo con riprese in POV o fatte da qualche amico con qualche action cam per mostrare quanto belli sono questi posti e come cambiano durante le stagioni: rimasugli di neve/ghiaccio in marzo, i meli e ciliegi in fiore in primavera, il caldo dell'estate mitigabile con un tuffo in uno dei 3 laghi e ovviamente i colori stupendi dell'autunno che è la stagione migliore per pedalarci. Purtroppo sono pigro, e non ho mai voglia di portarmi dietro una vecchia gopro2, accontentatevi di qualche foto scattata qua e là…

Bene, spero di aver incuriosito i frequentatori abituali del luogo a esplorare ancor di più la zona e per chi non ci è mai stato…vi aspetto e sarò felicissimo di farvi da guida ché, modestamente, "li so tutti!"

EOS Customer Day 2017: una conferenza senza sbadigli

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Nella mia lunga carriera IT ho assistito a decine e decine di conferenze, anche se ultimamente complice la presenza dello streaming live ho un po' ridotto la partecipazione. Vi sono molti metri di giudizio che uso per valutarne la qualità: quanto "impellente" è la voglia di aprire il PC e scaricare SUBITO i bits del prodotto o tecnologia di cui si parla, se vado subito su Amazon a vedere se ci sono libri per approfondire l'argomento, se dopo 10 minuti di sessione mi viene voglia di consultare la mail o qualche social (fail!) e last but not least quanti sbadigli o addirittura cali di palpebra mi provoca l'oratore. Soprattutto nelle sessioni post-prandiali (non parliamo se si è bevuto anche qualche bicchiere di vino) il rischio di stuzzicadenti negli occhi per tenerli aperti non è così recondito e questo, oltre a quello digestivo, per svariati motivi: scarsa capacità dello speaker, argomento di livello troppo elevato, una sessione 400 tutta codice!, demo che non funzionano, oppure sessioni troppo di overview su argomenti di cui tu conosci anche i dettagli più profondi.

Cx7-IuQWEAAGfMQLa conferenza di oggi organizzata da Eos Solutions, primo partner italiano Microsoft Dynamics e scelto dalla nostra società come implementatore dell'erp NAV  (come raccontato in coda al più famoso e visitato post del mio blog arrivato a quasi 600 commenti!) poteva essere a rischio; invece, molto intelligentemente, il curatore dell'agenda ha alternato sessioni di tipo tecnico con altre più "general purpose" che se vogliamo non portavano direttamente acqua al mulino del loro reparto vendite ma che si sono rivelate estremamente affascinanti e molto istruttive. Complice anche la giusta scelta del timing, il ritmo molto serrato delle sessioni (40 minuti invece che la classica ora, ora e un quarto) e soprattutto l'interesse degli argomenti, come recita il titolo del post, non ho assolutamente avuto bisogno né di coffee-breaks né di Redbull supplementari e mi sento quindi di fare i miei complimenti agli organizzatori.

Il core principale era incentrato sulle novità di Dynamics NAV 2017 uscito da meno di un mese in RTM e che purtroppo non riusciremmo a implementare a causa della impellente vicinanza del nostro go-live (1 gennaio). Ecco, se devo trovare un difetto, questa è stata la sessione a cui si sarebbe dovuto dare un po' più di spazio, visto la notevole mole di argomenti su cui per motivi di tempo si è volati via molto velocemente. Tanta carne al fuoco, come ho scritto nel mio tweet: senza scomodare il nascente mondo Dynamics 365 che potrebbe essere una vera rivoluzione per le PMI e non solo, già tutti i piccoli miglioramenti al client RTC e soprattutto a quello web sono molto rilevanti. Il famoso "ecosistema" Microsoft con cui NAV sempre meglio interagisce, si completa di maggiori sinergie con Outlook (es per fare un'offerta a un lead direttamente dal client di posta) e con Excel ove c'è la possibilità di aprire in read/write molte tabelle (rissschiiooo…). E poi integrazioni con gli algoritmi predittivi di Cortana Intelligence, la possibilità di usare un editor serio come Vs Code per il C/SIDE  e, finalmente, una feature architetturale che sposta i mondo delle customizzazioni dentro delle extensions che ci faciliteranno l'upgrade alle nuove release e apriranno un nuovo mercato di add-on (già disponibile l'extension per paypal dove in calce alla fattura si potrà indicare il link per il pagamento online della stessa).

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laptopUna delle novità che attendevo maggiormente era vedere la embedded Power BI, ovvero la possibilità di consultare report e dashboard invece che dal portale PowerBI.com (o dall'applicativo PowerBI desktop) direttamente dentro l'RTC o il client web. È vero che alla fine si tratta di poco più di un "iframe", ma nell'ottica del low-user (e i fruitori della BI, CEO e manager vari, purtroppo spesso lo sono), il fatto di non dover switchare applicativo e di trovare una UI/UX unica e coerente è fondamentale. Se poi pensiamo che tra poco PowerBi sarà disponibile anche on-premises tramite i SQL Server Reporting Services e quindi con costi ancora più ridotti degli 8,5€/mese/utente, siamo arrivati veramente al punto che la Self Service BI, sia alla portata di tutti. Le Custom Visuals presenti sulla gallery come quelle presentate dai due esperti EOS (Andrea di Ceglie e Luigi Ventura) sono la ciliegina in più per rendere i dati non solo utili da "drillare" ma anche belli esteticamente!

Sicuramente interessanti anche  le due nuove tecnologie presentate direttamente da Microsoft: Flowè un nuovo motore di workflow, completamente diverso dal vecchio e ostico WF di lontana memoria e che assomiglia invece più a servizi come IFFT che collegano mondi e app diverse tramite una semplice interfaccia browser-based. Con la stessa modalità easy del "drag'n drop" (e qui il dev che è in me di solito storce il naso e dubita…) troviamo inoltre PowerApps, un nuovo modo di creare applicazioni senza scrivere codice collegando servizi come Excel, Sharepoint, Dynamics365 o gateway verso altre fonti che espongono via OData. La demo purtroppo è miseramente fallita come talvolta capita (si chiama appunto "effetto demo"), ma le potenzialità si sono viste tutte.

 

2016-11-23_210732Come dicevo in apertura però non si è parlato solo di tecnologia pura ma le altre 4 sessioni sono state altrettanto interessanti e coinvolgenti. Fabio Paron di SalesBrain ha introdotto la tematica del "Neuromarketing" che detta così sembra una di quelle buzz-words da associare alle convention di venditori piramidali, mentre invece si è rivelata molto tecnica e intrigante anche in relazione al mondo del training cognitivo al quale mi sono affacciato da poco visto la nostra collaborazione e integrazione prodotti con la piattaforma BrainHq.

Altrettanto coinvolgente l'intervento del Prof. Francesco Sacco, docente alla Bocconi, ma soprattutto collaboratore già in 3 governi (Monti, Letta e l'attuale) allo sviluppo dell'Agenda Digitale Italiana. Se da un lato i suoi numeri e le sue slide facevano piangere nel vedere come l'Italia abbia perso mille treni dal 1995 (anno della nascita di internet per come la conosciamo) rispetto ad altri paesi, dall'altra un lumicino di speranza veniva fuori nel leggere di progetti inerenti infrastrutture hardware (fibra in primis) e soprattutto software; SPID, Open Data, Anagrafe Nazionale, Sanità Nazionale, Fatturazione elettronica e molto altro sono sicuramente bei progetti, alcuni in corso e già operativi altri in arrivo…speriamo in bene per il futuro del nostro sgangherato Paese (NB togliere dalla slide della sanità l'Alto Adige  per quanto riguarda l'adozione del Fascicolo Sanitario Elettronico –FSE-; solo l'ospedale di Bolzano adotta N diversi sistemi informativi… altro che sapere la glicemia a Filicudi, da noi non lo sa neanche il reparto confinante!!)

Bravi i ragazzi del Gruppo Aurat di una scuola superiore di Castellanza che hanno presentato un loro progetto di robotica vincitore di un concorso; vedere la loro passione e soprattutto quella del loro professore e conoscere lo stato di "povertà" in cui versa l'istruzione pubblica italiana è un'altra stilettata al cuore. Se non ci sono i soldi per la carta igienica, figurarsi per gli Arduino o i Raspberry! Infine l'excursus su Industria 4.0 e IoT, sessione che onestamente è stata quella che personalmente ho apprezzato meno sia per l'ovvietà di molte informazioni che per le slide anni '80 troppo "fitte" e pregne.

A corollario di tutto ciò la magnifica cornice della Dogana Veneta di Lazise sul Garda sede dell'evento e l'ottimo catering (pur non amando i pranzi in piedi, il risotto all'Amarone era top!). Bravi quindi al team di EOS Solutions, crescere a doppia cifra ogni anno non è da tutti, ed è anche dall'organizzazione di questi eventi che si vede il motivo.

Sql Server Mirroring problemi con certificati

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Probabilmente questo post non lo leggerà nessuno, in quanto il Mirroring in Sql Server è già deprecated da un paio di versioni e difficilmente qualcuno lo andrà a implementare su una nuova installazione. Comunque sia, per mia reference, segnalo causa e risoluzione di una issue avuta oggi su una configurazione Principal-Mirror a cui volevo aggiungere un nodo Witness.

Premessa: tutto funzionava bene (e come è noto, non si sarebbe dovuto toccare ciò che funziona !) ma tentando di infilare il terzo nodo, non solo  non andava la nuova configurazione, ma ha smesso di funzionare anche la precedente!

L'errore che compariva era il fatidico 1418 che può avere una moltitudine di cause:

The server network address "TCP://srv-xxx:portnumber" can not be reached or does not exist. Check the network address name and that the ports for the local and remote endpoints are operational. (Microsoft SQL Server, Error: 1418)

Dapprima ho perso tempo a capire se un Sql Server Express (su Win10) fosse un partner giusto per il ruolo witness, e poi ho ricominciato a fare tutta la configurazione di Master Key, Certificati, Login, User, Endpoint sui 3 server scambiando le informazioni (ovviamente non avevo un dominio, cosa che avrebbe facilitato molto la cosa!)

Senza entrare nei dettagli dei passi fatti, il succo di mezza giornata di improperi è stato risolto quando ho dato un'occhiata all'EventiViewer  (da pessimo sistemista quale sono lo avrei dovuto fare subito) e ho visto un:

Database mirroring connection error 5 'Connection handshake failed. The certificate used by the peer is invalid due to the following reason: Certificate not found. State 89.' for 'TCP://srv-f3-02:5026'.

La causa era duplice:

- Creando i certificati da Management Studio questi venivano scritti sul disco con una ACL molto strana: Owner unknow, diritti incoerenti; bisogna come Adminstrator prendersi l'ownership e dare i diritti all'account sotto il quale gira il servizio MSSQLSERVER (perché voi fate un account specifico vero ??? non è che mi usate LocalSystem o Network Service??)

- I 3 nuovi certificati è meglio se vengono creati con uno Start_Date inferiore a "now"; il witness_server infatti aveva la regional setting diversa (quindi GMT +x diversa) e gli altri due server lo vedevano come "futuro"

Restava da capire perché la vecchia configurazione avesse smesso di funzionare: i certificati creati a suo tempo, probabilmente erano scaduti e cercando di rifare la partnership non funzionavano più!!

Morale quando si crea un certificato meglio specificare le due date:

CREATE CERTIFICATE Mirror_CertificateWITH SUBJECT = 'Mirror Certificate',
START_DATE = '2017-01-01',    -- basta un giorno prima di oggi
EXPIRY_DATE = '2035-12-31'-- l'INPS dice che sarò in pensione…. forse!!GO

Cosa può andare storto prima o durante un evento

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IMG_0623Sappiamo bene come funziona la legge di Murphy, se qualche  cosa può andare male, lo farà... Se ciò capita nelle immediate vicinanze o addirittura durante un importante evento come il maggior campionato di tiro a segno del golfo arabo, allora ti rendi conto che spesso l'informatica è aleatoria come giocare al casinò (e a proposito, se dovete giocare online consiglio https://it.europalace.com/getting-started/mobile/ ).

Android/Windows updates 

Sarà capitato anche a voi (se state cantando siete vecchi come me) che durante un momento topico, es una presentazione powerpoint, ti partisse quel windows update che avevi continuato a posticipare ma che alla fine lui (Gino Windows) vuole fare a tutti i costi e scegliendo il momento meno opportuno. Con l'impossibilità di win10 (post anniversary update) di rimandare gli update poi è ancora peggio. 

Se poi nel mezzo della gara, prendi il tablet in mano, ti stai dirigendo ai target da rilevare e il simpatico tablet ti dice "aggiorno a marshmallow 6.0 ?" Tu sei strasicuro di aver cliccato LATER col tuo ditone (che forse però ha premuto il troppo vicino INSTALL :-( ) e quando vedi la clessidra che parte la tua temperatura interna sale al doppio di quella già bollente esterna. Corsa stile Bolt a prendere il tuo tablet personale che ti eri portato per leggere il "fogliaccio" (cit.) e da buon anziano previdente avevi settato e preparato come spare...

Lesson learned: a) non rimandare mai i big updates e farli sempre  la sera prima; b) la ridondanza di devices non è mai abbastanza

Method not allowed

Un webservice che in sviluppo funzionava benissimo, sul server di produzione (un Win2k12 non R2 come erano quelli di sviluppo) risponde bene alle GET ma non alle PUT, ritornando un 405,method not allowed, pur se nelle impostazioni di IIS il verb era permesso.  La soluzione sta nel rimuovere l'handler e il modulo WebDAV.
<system.webServer>
   <modules> <remove name="WebDAVModule" /> </modules>
   <handlers> <remove name="WebDAV" /> </handlers>
</system.webServer>

Lesson learned: ciò che va in dev/staging non è detto che vada in produzione

Certificati ssl

Sullo stesso server, il servizio chiamato via https l'anno scorso girava perfettamente con un certificato self-signed, anche perché il tutto è in una rete locale non esposta su internet. Quest'anno l'app android  per la raccolta dei punteggi da parte dei giudici non ne vuole sapere di funzionare e un'intuizione, per fortuna arrivata in fretta,  mi fa capire che quello potrebbe essere il motivo. 

Lesson learned: avere sempre a portata di mano un certificato reale di tipo wildcard (valido per tutti i subdomini di un certo livello, es. *.microgate.org) e che non stia per scadere! 

Dns pubblici schizzonosi

Ok, ora ho settato in IIS il binding del mio servizio con https, un nome pubblico protetto dal certificato e il suo ip privato (192.168...). Se i client del servizio fossero pc, mi limiterei a editare il file hosts e aggiungere il nome con quel ip. Peccato che ciò non si possa fare su un tablet android senza rootarlo. Inserisco allora il nome nel dns pubblico autoritativo creando il record A, ma i tablet (attaccati all'uopo a una wifi che esce in internet) anche con il TTL settato al minimo non ne vuole sapere di risolvere il nome. Dopo qualche invocazione anche ad Allah, provo a guardare come è settato il router che fornisce connettività e vedo che come dns usa quelli pubblici di Google (il famoso quadruplo 8). Setto quelli automatici forniti dal provider telefonico della sim 4G, et voilà! Da indagare meglio ma forse alcuni dns come google rifiutano ip privati per motivi di sicurezza (oppure si aggiornano con tempi biblici… anzi coranici!)

Lesson learned: avere sempre a disposizione le chiavi del proprio dns mantainer per aggiungere al volo record A o CNAME e in caso di problemi usare dns diversi per il troubleshooting 

IMG_9871Sql mirroring 

Ne ho già parlato diffusamente in questo post; per cercare di aumentare la fault-tolerance di un sistema cluster di due server Ms-Sql (introducendo un terzo nodo witness), ho rischiato che non funzionasse più neanche la vecchia configurazione! 

Lesson learned: non toccare quello che funziona e ricordati che i certificati non sono eterni. 

Chiavette e pc altrui

Stai andando a installare un update del tuo software sui pc del cliente; usi la tua bella usb key da 64gb piena di film e di serie tv che ti sei portato per il viaggio. Dopo l'installazione la rimetti nel tuo pc e per fortuna nod32 impedisce l'avvio di un nascosto system.bat che richiama un altrettanto nascosto e malevolo system.vbs... Bestemmi, pensi allo user di quel pc che per aggirare i firewall governativi che chiudono Youporn sarà andato su siti ancora peggiori, e pur trovando la soluzione per cancellare il virus non ti fidi e fai un bel format /u della tua povera chiavetta. 

Lesson learned: mai usare proprie chiavette su pc di altri (o mettere nel tuo pc quelle altrui), manda gli update via rete o via internet anche se hai una banda da 1nibble/sec.

Documentare, documentare e documentare (e fotografare) 

Se l'anno scorso era la prima volta sia per quanto riguarda l'evento di tiro a segno che di apnea statica, quest'anno salvo qualche modifica ad alcuni processi (che in questi posti avvengono con preavviso di 3 o 4 nanosecondi.... Come dite? Analisi? Documento di progetto?! ROTFL!!) tutto il setup poteva essere svolto in tempi più brevi se si fossero documentati gli step necessari. Per fortuna la mia mania di fotografare anche l'inutile è servita e dalle foto dell'anno scorso (magari zoomate al limite del pixel, e.. No! Non funziona come in CSI dove ricostruisci sempre tutto!) abbiamo ricavato qualche recondito ricordo. 

Lesson learned: prendersi nota, anche in super-draft visto fretta e tensione,  di tutte le configurazioni, quanti pc si usano, quali moduli girano dove, chi era a quella postazione, come era attaccato il tal device (magari si evita di attaccarlo direttamente alla 220v invece che al suo trasformatore causando un bella piastra madre BBQ! E una volta a casa, vai di Visio e via di schemini... 

Morale: l'informatica non è così random come il gioco d'azzardo (anche se serve a creare piattaforme di gaming online come Euro Palace online casino), ma l'imprevedibilità della sfiga può arrivare in ogni momento.


La fotocamera non conta

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Al pari de "i soldi non danno la felicità" (e io aggiungo "figurati la miseria…") si sente spesso l'affermazione contenuta nel titolo del post ed in larga parte ne sono convinto anche io. Si possono (e si devono) fare bellissime foto anche con la compattina, con lo smartphone o con la reflex da un paio di centinaio di euro con l'obiettivo plasticoso di serie. Tutto vero.

Ho sempre però pensato che i limiti dovuti al sensore, alle focali estreme (< 24 , > 200), alla raffica, ecc. dessero un vantaggio tecnico imprescindibile.

Ma cosa succede se andiamo nello stesso posto una volta con la compatta e un'altra con la reflex? Sapremo fare foto migliori nel secondo caso?

Oggi non ne sono per niente convinto, da quando ho guardato una vecchia photogallery del 2013 della Moschea Sheikh Zayed di Abu Dhabi che avevo fatto con una compattina che oggi ha 10 anni. Essendoci tornato pochi giorni fa con la super-reflex che costa 10x e una lente della stessa focale ma con un vetro più "importante" mi sono sorpreso a pensare che non è vero che "bigger is better".

Io non saprei dire quale preferisco, ma ne ricavo alcune considerazioni:

  • L'orario, la luce, la mancanza di gente, insomma le "condizioni al contorno" sono più importanti dell'attrezzatura (l'atmosfera del tramonto, delle luci e dei colori artificiali anche se ripresi con un telefono hanno il loro perché)
  • Non so se sia positivo o negativo, ma qualunque sia il mezzo, il mio stile  di foto è molto simile e addirittura ho fatto praticamente le stesse foto senza che mi ricordassi le vecchie di 4 anni fa (es. la ridotta PDC del tappeto)
  • Se c'è ancora chi pensa che il RAW e la postproduzione non serve, cambi mestiere… Ok la compattina, ma senza il RAW e la PP, la prima gallery sarebbe monca
  • Con la compatta si ha sempre il "rimorso" di non avere la macchina bella… "ahhh, pensa che foto che avrei fatto se avessi avuto…" E invece, come si vede, non vi è molta differenza…
  • Con la reflex era tutto più brigoso, ho dovuto chiedere aiuto ad un amico per tenermi un secondo obiettivo, perdevo tempo a cambiarlo, ecc. Ma… MI SONO DIVERTITO DI PIÙ A FOTOGRAFARE!

Ecco il punto finale e focale secondo me è questo: con compatte e smartphone io fotografo solo per il "dovere" di portare a casa un ricordo o per quello di condividere sui malefici social. Con la reflex invece io fotografo perché mi piace e mi diverto. Arrivo a dire che potrei anche non guardarle/svilupparle successivamente e che la soddisfazione rimarrebbe simile.

Rimango quindi del mio parere e ribadisco il consiglio che dò sempre quando mi chiedono "che macchina compro?". Oggi le foto belle si possono fare con tantissimi devices diversi, smartphone, pocket, bridge, mirrorless e ovviamente reflex. Se vuoi portare a casa dei ricordi, anche tecnicamente ineccepibili, ormai hai solo l'imbarazzo della scelta, e non è certo il mezzo (o la marca!) a farti un fotografo migliore.

Se invece il demone della fotografia ti ha già attanagliato, a mio avviso hai poche chance… prepara portafoglio e allena spalle e collo all'onere di una pesante tracolla!

Sheikh Zayed Mosque

Sheikh Zayed Mosque

L'amore per la prospettiva rimane…qualsiasi sia il mezzo

Assicurazione Viaggi, rischiare o andare sul sicuro?

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Chi segue questo sito, può immaginare dagli oltre 60 diari di viaggio presenti, che il tema delle Assicurazioni Viaggi (mediche, smarrimento bagaglio, annullamento, ecc.) lo abbiamo spesso affrontato e anche noi, come immagino molti altri, con qualche perplessità.

Come tutte le assicurazioni non obbligatorie, in un angolo del cervello si insinua sempre il dubbio “ma vale veramente la pena spendere altri soldi?! cosa vuoi che mi capiti…“; di solito poi all’assicurazione ci si pensa sempre alla fine, quando il budget è già all’osso (se non già sforato).

Per nostra esperienza, nei casi in cui il viaggio era organizzato da un Tour Operator serio, quasi sempre nella quota vi era inclusa -e spesso non escludibile- una polizza medico/bagagli e per l’annullamento; e devo dire che, anche se conscio che stavo pagando dei soldi extra, sono stato sempre contento di viaggiare protetto.

Soprattutto alle spese mediche in certi Paesi extra-europei bisogna porre molta, molta attenzione. Senza pensare a incidenti gravi o a patologie che richiedono un ricovero (sgrat!), basta una piccola emergenza per rovinare il viaggio e il portafoglio. Per portare una testimonianza diretta, nel nostro secondo viaggio negli Stati Uniti l’amica Sara si era presa una fastidiosa infezione alle vie urinarie (capita purtroppo spesso alle donne che sono più esposte di noi maschietti a bagni in condizioni igieniche non proprio esemplari!). Dopo innumerevoli soste per fare plin-plin e alla prima comparsa di bruciore decidiamo di fermarci in un piccolo ospedale vicino a Lake Placid dove al Pronto Soccorso (ER) non incontriamo George Clooney ma un simpatico dottore che le dà un’occhiata veloce e le fa un esame delle urine. Costo dell’esame in Italia penso intorno ai 5€, nello Stato di NY nel 2004, 600 Dollari!!! Successiva dose di antibiotici composta da 2 (due!) pastiglie, 80$. Fortunatamente avevamo prenotato un paio di notti e il rent-a-car tramite un t.o. tedesco e l’assicurazione inclusa ha pagato tutto senza il minimo problema.

E sempre per citare altri episodi occorsi a conoscenti durante vacanze subacquee (non fortunatamente durante nostre vacanze), provate ad entrare anche se incosciente e con MDD conclamata in camera iperbarica senza avere in mano la tessera del DAN oppure una Visa Gold!! In Croazia o sul Mar Rosso non fanno eccezioni: pagamento anticipato o assicurazione, altrimenti non ti fanno entrare!

Ecco perché ultimamente, anche nei viaggi self-organized, cerco sempre di trovarmi una soluzione che mi copra per la durata del viaggio. E il web in questi casi ci viene molto in aiuto elencando molte compagnie che offrono polizze singole oppure annuali, molto utili e più convenienti se siamo così fortunati da avere in programma almeno 2 o 3 viaggi nell’anno solare.

Nel nostro viaggio in Namibia, era stata la stessa agenzia locale alla quale ci eravamo rivolti, che aveva obbligatoriamente preteso che avessimo un’assicurazione, visto che il rischio di incidenti stradali nell’off-road non è proprio risibile (soprattutto per qualche turista non abituato ai 4x4 o magari per colpa di qualche animale che ti attraversa la pista all’improvviso).

Dopo qualche ora di navigazione la scelta era caduta su AXA Assistance, compagnia molto nota e leader mondiale nel proprio settore. Sul loro sito è molto semplice verificare che tipologie di prodotti offrono (oltre alla classica Spese Mediche e annullamento, anche rimborsi per ritardo aereo, assistenza parenti a casa, rimborso spese per furto o rapina, ecc.); e soprattutto farsi con pochi click un preventivo personalizzato secondo le proprie esigenze e i massimali da coprire.

È vero che non sono dei più economici e che esistono alternative low-cost che sembrano essere molto più vantaggiose. Ma era stata proprio l’agente di AfroZapping (che non ci guadagnava niente visto che l’assicurazione me la stipulavo io in proprio) a mettermi in guardia che finché non capita niente vanno tutte bene e sembrano tutte uguali, ma nel momento di contattare il call-center delle compagnie più convenienti magari ti rispondono solo in inglese, solo a certi orari e poi nei risarcimenti sono molto lente.

Il mio consiglio finale è quindi: assicurarsi sempre? SI. Risparmiare o spendere qualcosa di più per compagnie solide e sicure? Nel portafogli di altri io non metto mai il becco, ma avrete capito il mio orientamento.

La Via degli Dei da Bologna a Firenze in E-MTB

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Quando circa 5 anni fa l'amico Roberto (al quale ho il piacere di aver trasmesso l'amore per la MTB e la Fotografia anche se adesso è diventato in tempi strettissimi molto più bravo di me in entrambi i settori!) mise in piedi come "tesina di fine corso Maestro AMI Bike" questo progetto, ne fui subito attirato. Due sole cose mi fermavano dall'iscrizione e dalla partecipazione: l'incognita del maltempo con la possibilità di pedalare sotto l'acqua e di spingere la bici nel fango e la fatica di fare, anche se molto diluiti, 120km e 3500mt. di dislivello con una mtb muscolare. Messo un cero a S.Bernacca per il primo aspetto e visto che da quest'anno sono passato al lato oscuro con una e-bike era tempo di provarci.

La Via degli Dei, citando Wikipedia, è un percorso escursionistico che collega le città di Bologna e Firenze, passando attraverso gli Appennini. La si può percorrere a piedi in quattro/sei giorni, oppure in mtb in due o tre (vedremo poi qualche considerazione in merito). Non mi dilungherò molto sulla descrizione delle tappe, dei posti che si passano, o delle note storiche, perché tutto è ampiamente descritto sull'apposito sito creato dalle due associazioni che organizzano questo giro: la toscana BikeMood appunto dell'amico Rob e la emiliana Mtb-Adventure che ho avuto il piacere di conoscere in questa occasione nelle persone di Franco (Frank), Nicola e "il Gallo". Quello che segue è invece un mini-diario di tre divertentissimi giorni passati insieme ad altri 17 bikers e del perché sono rimasto ampiamente soddisfatto e con pochissime critiche da fare agli organizzatori (e chi mi conosce, sa che non sono il tipo che lesina…).

L'avventura inizia in compagnia di Marco, quasi coetaneo di Laives (lui è più vecchio comunque!!! :-) ) anche lui elettrificato da un anno e rimasto folgorato sulla via delle e-enduro-bikes dopo anni di poco divertenti bici da cross-country. Decidiamo di raggiungere Casalecchio sul Reno (vero e originale punto di partenza del Sentiero degli Dei) la sera prima per evitare l'alzataccia. Abbiamo trovato nel confortevole B&B Maison Magnani un'ottima base di appoggio (consigliatissimo); la simpatica signora Paola ci consente di usare il garage per ricoverare le costose biciclette e ci rimpinza con un'ottima colazione il giorno della partenza.

Day 1

Comincia l'allergia da fila indiana.... :-)Raggiungiamo la sede dell'Associazione bolognese, punto di ritrovo e partenza, disbrighiamo alcune pratiche e dopo un briefing di routine con le giuste raccomandazioni sulla sicurezza (casco sempre allacciato, occhiali sempre indossati, luci sempre accese, ah no…) partiamo per la prima giornata che sappiamo essere la più dura in termini di salite, di km e come scopriremo di caldo e di tratti asfaltati. Durante i primissimi kilometri in fila indiana, memore delle parole appena ascoltate nel briefing sulle regole da rispettare ("non si supera mai la guida, non ci ferma per conto proprio per fare le foto, non ci si ferma per (s)vestirsi, se vi scappa tenetevela, ecc.") ho cominciato seriamente a preoccuparmi…pensavo in cuor mio, non è che considerato il mio carattere egoista, da bambino viziato e da anarchico mi sto infilando in un tour organizzato anche nelle soste idrauliche e fra qualche ora sclero e faccio inversione a U ??

Anticipo già la risposta senza dover leggere fino in fondo: le regole effettivamente ci sono e per fortuna!! Altrimenti gestire 20 persone che si fanno i cazzi loro sarebbe un suicidio e a quest'ora avremmo biker dispersi tra i cinghiali degli Appennini. La nostra fortuna è stata che il gruppo era abbastanza omogeneo come forma fisica e doti tecniche, quindi lunghissime attese (diciamo superiori ai 10/15 minuti) per le salite estreme o per le discese infide, non ci sono state, mentre in altre edizioni la presenza di partecipanti che hanno sottovalutato "l'impresa" abbiamo saputo essere stato un handicap per gli altri. Sinceramente il giro non è per tutti, gente come mia moglie ad esempio non la porterei mai, più per le discese che per le salite anche se molte di esse immagino le avrebbe fatte a piedi, bestemmiandomi dietro!! Dalla mia ho il rimpianto solo di avere perso occasioni per scatti fotografici che se fossi stato da solo o con un tour "private" avrei sicuramente fatto…ecco perché la gallery delle mie foto è un po' "banalotta" con i seppur belli panorami da cartolina, qualche scatto fatto al volo pedalando, ma niente di particolarmente originale.

Il gruppo

Come detto la prima tappa è scivolata via tra tratti di trasferimento e lunghe salite, aggravate da una calura non proprio idilliaca (almeno per gli altri, io stavo bene!) soprattutto nei tratti asfaltati che ha sfiancato molti; l'arrivo nella piazzetta di Monzuno con la fontanella presa d'assalto sembrava più la Cima Coppi di qualche marathon… C'è da dire che forse qualcuno aveva sottovalutato la pedalata del pomeriggio e a pranzo nella panoramica Trattoria del Monte Amiata, ho visto evaporare in un attimo intere brocche di vino rosso e chiedere bis di leggerissimi fusilli alla salsiccia!! Quando siamo arrivati sotto le enormi pale eoliche, che i meno miopi erano riusciti a scorgere molto in lontananza dal ristorante, abbiamo capito di essere vicini alla fine della prima tappa, ovvero il paese di Madonna dei Fornelli. Le spiegazioni di Rob ci informano che il nome deriva dagli antichi forni in cui si cuoceva la calce, ma la cena all'Albergo Poli preparata dalla signora Olga a molti ha fatto dubitare che l'origine fosse dovuta a lei o a qualche sua ava cuoca. Visto che l'arrivo è avvenuto addirittura in anticipo rispetto alla tabella di marcia, il tempo è stato dedicato a qualche birra/aperitivo in più nel giardinetto dell'albergo, gestito familiarmente da una simpatica coppia (Luana e Michele, figlio della già citata Olga) che ti fanno sentire più un ospite di casa che non un cliente di hotel.

Arrivo a Monzuno dopo dura salita asfaltataClassiche tagliatelle emiliane al ragù (una delle poche cose senza funghi!!!)

Day 2

Il secondo giorno inizia dopo una fin troppo abbondante e ricca colazione piena di dolci, torte e qualche salume che viene solo guardato da un bavarese che sta facendo in solitaria Monaco-Siena (grave errore avergli parlato in tedesco: non mi mollava più!!). I carboidrati servono perché dopo qualche decina di metri dall'uscita dell'albergo, subito una ripida rampa stronca ogni illusione che oggi sia meno dura! Ci guardiamo indietro già temendo di aver perso il povero Guerino, ieri estremamente provato dalle fatiche e stamattina partito con il classico volo da fermo col pedale a sgancio che non si apre. Uomini di poca fede! Ad ogni salita quando lo vediamo spuntare, mai fra gli ultimi e con il sorriso in faccia, partono gli ohhh di stupore e ammirazione…cosa non può fare la volontà umana, ma soprattutto le n bustine di Taurina e Creatina che si è sparato, che Lance Amstrong MiFaccioDiTutto levati… :-)

La giornata, la più divertente dal punto di vista del riding, prosegue quasi interamente tra trail nel bosco molto tecnici e divertenti; per un animo gravity come il mio è una goduria seguire da vicino l'istruttore Frank che pennella le curve spondate naturalmente, salta da una roccia all'altra e dimostra che non sempre serve la super-endurona per divertirsi (lui ha una trail 29" da 130mm e io lo seguo con il mio carro armato Plus da 140). In alcuni di questi tratti particolarmente rocciosi mi concedo l'unica "sgarrata" anarchica facendo i 3 passaggi ostici che il resto del gruppo viene invitato a compiere a piedi per evitare infortuni e spaventi. A mia discolpa il fatto che li avevo già affrontati e che il mio viso implorante con il labbro inferiore tremolante da bambino che vuole il giocattolo deve avere impietosito Frank!

Nel dubbio, scegli la linea più veloce!

Si prosegue tra tratti di strada romana costruita nel 186 aC e ancora perfettamente conservata e al contrario cartelli di orribile cellophane rabberciato che fanno pensare quanto poco il nostro paese valorizzi l'enorme patrimonio archeologico. Negli USA l'originale fornace dove veniva cotta la calce per le pietre sarebbe sotto una cupola di vetro e con un biglietto di ingresso di 20$, da noi è sommerso dalla vegetazione e abbandonato a sé stesso :-(

Flaminia MilitareAntico Forno

Pranziamo al sacco nei pressi del Cimitero di Guerra Tedesco, luogo che non conoscevo e la cui visita è stata molto toccante al pari di quelli che avevo visitato in Normandia l'anno scorso. Se pensavamo che il pic-nic fosse più leggero del pranzo di ieri, non avevamo considerato la infida mortadella che farà su e giù negli stomaci di molti, soprattutto al triestino Stefano soprannominato "vomitino" per motivi che lascio immaginare!

Cimitero TedescoLa leggerissima mortadella

Si prosegue passando per il Camping La Futa che solitamente viene preso come base d'appoggio per chi compie il percorso in soli due giorni invece che tre. È fattibile? Sicuramente si in termini di kilometraggio e dislivello, ma lo consiglierei solo con una ebike, in quanto con una bici muscolare, per quanto allenati si fosse, le erte salite consentono velocità medie non altissime, si dovrebbe partire da Bologna sicuramente più presto di noi e si dovrebbero fare le ultime discese all'imbrunire e stanchi. E soprattutto si dovrebbe pedalare a testa bassa e senza potersi godere i panorami e lo soste come abbiamo fatto noi. Con una e-mtb invece i punti dove gli altri pedalano quasi in surplace o addirittura spingono a piedi, si possono affrontare allegramente e più velocemente in Sport/Turbo, sempre con un occhio all'autonomia della batteria che nel tour da due tappe per qualcuno pesante potrebbe essere un problema (ma non se si ricarica durante il pranzo in qualche ristorante).

Me and MarcoIl pomeriggio prosegue con la salita e discesa dell'Osteria Bruciata e l'ascesa (per molti a piedi) del Monte Gazzara, punto panoramico e più elevato dei nostri 3 giorni. Una firma sul libro posto sotto la croce e via verso San Piero a Sieve, passando per il bellissimo B&B Il Nido del Gabbiano dove ho soggiornato varie volte e per la vecchia casa di Rob, teatro in passato di giornate a scrivere codice e di grigliate nel giardino. Il campeggio che ci attende per la nostra seconda notte si chiama Camping Mugello Verde, ci arriviamo ancora una volta in anticipo con molta ammirazione delle guide, forse attirati dalla piscina o dalle birre-aperitivo che per la seconda sera scorrono a fiumi!! È strano come la pancia di Rob non sia quella di un attempato bavarese frequentatore di Oktober Fest, visto che tutti gliene vogliono offrire una, e lui non disdegna!! :-) Cambiata regione, cambia anche la gastronomia: le tagliatelle lasciano il posto ai favolosi tortelli di patate mugellani (non buoni come quelli che prepara la mamma di Jacopo, ma comunque di ottimo livello) e visto che l'indomani è "la tappa più leggera" (ah ah ah) ci si lascia a qualche bicchiere in più, eufemismo per raccontare i litri di vino, birra, mirto, jägermeister, le caraffe di mojito e dulcis in fundo il liquore Gemma d'Abeto che stronca definitivamente i nostri fegati! Se anche non fosse l'alcool ad alzare l'ilarità e le risate, ci penserebbe Guerino con i suoi aneddoti di avventure amorose #famoloStrano che allietano anche una comitiva di maturandi da cui si alza il coro da stadio "…uno di noi, Guerino uno di noi!!"

Day 3

Aspettando chi non ha il motore...La colazione della mattina successiva non è ricca come la precedente (anzi… piccola critica per un improvement, almeno un succo di frutta e un croissant in più dell'unico a disposizione non ci sarebbe stato male); per alcuni invece che i sali nella borraccia servirebbe un anti-emetico ed infatti le prime salite vengono affrontate in silenzio e con il capo chino. "Sono solo 700 metri di dislivello", ci avevano detto, peccato che sono tutti concentrati all'inizio e nella decina di chilometri che ci separano dal monastero di Monte Senario. C'è da sudare e imprecare anche oggi e io stesso devo capitolare e spingere, per fortuna solo per qualche metro, la pesante ebike che in una canalone stretto non ce la fa proprio ad andare su (più perché i pedali toccano le strette pareti); il walk-mode qualcosa aiuta, ma ripeto sono solo pochi metri di salita e considerati il "full-in-sella" delle discese posso già considerare un successo la pianificazione del tragitto. Sinceramente non sono un fan del "portage" o dello "spintage", se ho scelto la bici, non vedo perché devo camminare, anche se lo sforzo mi fa raggiungere vette e punti di prestigio o belle discese. Se si cammina, non fa per me! (a maggior ragione adesso con 22 kg di mezzo).

I 4 del Bungalow 5Il viale alberato di Monte Senario è pieno di fiorentini che salgono per sfuggire alla canicola della città e più che il monastero (imbruttito da impalcature da restauro) ci aggrada la vista di Jacopone che sta preparando il secondo pranzo al sacco, dove tutti restano molto più cauti con la mortadella rispetto al giorno prima :-) Da qui in poi comunque sarà veramente solo discesa e una lunga passeggiata che ci porterà sulle colline di Fiesole dove l'ultima fatica è rappresentata dalla rampa che ci porta alla famosa terrazza che domina il capoluogo toscano. Foto di rito e poi giù in picchiata dentro la città che ci accoglie come un enorme phon sparato in faccia e temperature che pensavo di aver sperimentato solo a Dubai! Il Garmin, seppur al sole, arriverà a segnare quasi 42 gradi, ma anche le nostre teste sotto un caldo casco non è che sono molto di più all'ombra di lui!

L'entrata nel centro storico è particolarmente emozionante. Molti turisti si stupiscono al passaggio di un colorato serpentone di 22 riders -alcuni ancora con le protezioni alle ginocchia e gomiti!-, tra bici full-suspended, ebike enduro, e una fat-bike. La foto di rito finale davanti alla cattedrale di Santa Maria del Fiore e in Piazza della Signoria suggellano la fine di questa bella avventura. Pochi km di ciclabile ci separano dal pullman che comodamente ci riporterà a Bologna, mentre le bici ci seguiranno stipate nel furgone che ci ha seguiti con i bagagli nelle scorse giornate.

Foto di rito davanti al Duomo

Dal lungo racconto, per i pochi arrivati alla fine, si sarà capito che è stata un'esperienza estremamente positiva. Come sempre in questi casi oltre all'aspetto sportivo/ludico, il plus deriva dalla conoscenza di persone che condividono la tua passione e con i quali magari nascono amicizie o frequentazioni "social" che poi durano nel tempo. Avrei scommesso su cene e soste piene di discorsi "tecnici" su dissertazioni ciclistiche stile forum, invece ho trovato solo persone a cui interessava pedalare in compagnia e con goliardia.

Il titolo del post cita, volutamente, l'E-MTB. Avessi avuto qualche modulo di contratto per far sottoscrivere l'acquisto impulsivo di una e-bike sicuramente avrei portato a casa qualche ordine! Ovviamente c'è ancora qualche pregiudizio, qualche giusta battutina e sfottò, ma penso che molti si siano resi conto che è un'alternativa per fare meglio e con molta meno fatica ciò che si fa con la mtb muscolare. Dico "meglio" perché io preferisco salire salite molto erte e con fondo smosso sui pedali invece che a piedi e perché arrivare sfiancati e cotti prima di una discesa non è mai sinonimo di sicurezza. Se poi qualcuno avesse avuto dubbi sull'efficacia in discese tecniche, penso di averli fugati stando sempre a ruota (e ampiamente dentro la confort-zone senza rischiare nulla) o anche davanti ai più veloci. Lo dico sinceramente: lo stesso giro con una mtb tradizionale probabilmente lo avrei portato a termine senza problemi, ma visto il mio mood molto poco incline alla fatica, Rob avrebbe perso un amico per sempre :-) Massimo rispetto e profonda ammirazione quindi per i compagni che lo hanno affrontato con le proprie forze e che non si sono mai lamentati (o quasi!).

Comunque sia, con mtb tradizionali o elettriche, è un'esperienza che mi sento di consigliare soprattutto se affrontata con un'organizzazione impeccabile, precisa e puntigliosa come quella offerta da Bikemood e Mtb-Adventure.

Come direbbe Guerino…Grazie di tutto RAGA!

GASSSSS!!! Grazie Rob per tutto!Nicola, Frank e il Gallo: i 3 istruttori di Mtb-Adventure

La nuova modalità EMTB dei motori Bosch CX

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01-IMG_2144Quando nel maggio di quest'anno, durante il Bike Festival di Riva del Garda, Bosch annunciò un imminente upgrade firmware con l'introduzione di una nuova modalità chiamata EMTB, ne fui da una parte felice, ma anche contrariato in quanto da subito fu specificato che non sarebbe stato in aggiunta alle esistenti 4 (Eco, Tour, Sport, Turbo) ma avrebbe sostituito quella che anche a pochi mesi dall'acquisto avevo eletto come la mia preferita. Chi mi conosce sa che ho abbastanza gamba, sono leggero, ma sono "pigro di testa", ho comprato l'ebike per faticare meno possibile e il modo Sport era il mio preferito (e il più usato nei miei giri serali dove facendo su per giù 1000mt di dislivello non ho mai problemi di autonomia).

Da maggio a luglio (il 10/7 Bosch ha rilasciato i  bits in contemporanea a tutti i suoi rivenditori) ho quindi rimuginato se fare o no questo update, ma poiché sono curioso nei confronti delle novità tecnologiche, le recensioni di un redattore che ha una bici simili alla mia sono convincenti e c'è speranza che si possa fare il downgrade, ecco che la versione 1.7.0 è andata su quasi subito dopo il rilascio.

Uscito da Sanvit, durante le prime salite ripide e costanti comincio a pensare di aver fatto una cagata e sto già per tornare in negozio a rimettere lo Sport. Questa modalità infatti per me era una goduria nel momento in cui realizzavi che non stavi "pedalando", o meglio non stavi "spingendo" sui pedali, ma come spiegavo spesso a qualche muscolare, stai solo "appoggiando ritmicamente il tuo peso da un pedale all'altro" (avete presente le macchine ellittiche da palestra?) e lui va su, va su... "con un filo di gas" direbbero i motociclisti.

Ecco a me questo modo di salire le ascese >15% piaceva un sacco... con il modo EMTB mi sembra che questo non avvenga più e devi metterci più del tuo.

Però.... se continui a pedalare (sempre sulla stessa salita ripida) con gli stessi rpm e passi in Tour... cazzo se va di meno! Ma allora l'EMTB spinge di più! E sto producendo lo stesso sforzo. Essendo un modo che per la prima volta introduce una modalità di assistenza variabile (da Tour a Turbo, ovvero dal 120% al 300% a seconda del forza impressa sui pedali) la mia paura era che per andare più forte di Tour dovessi buttare dentro molti più watt, ma invece con lo stesso ritmo e la stessa fatica salgo con 5kmh in più. Io ragionavo con: Sport mi dà sempre un aiuto X (200%); se ci do poco di mio EMTB mi darà il minimo (120%), ma non mi pare sia vero (dà qualcosa di più). Quindi o il mio minimo è già tanto (ma non ho le gambe da Hulk, quindi lo escluderei), oppure basta quel poco per farsi tornare già un 150/170 (meno di sport ma sempre più di tour).

La diversità maggiore dal vecchio Sport è proprio la costanza e linearità... EMTB è variabile (dovessi tradurlo in inglese lo definirei ADAPTIVE), Sport è fisso. EMTB è come un cambio automatico (ma di quelli belli come l'S-Tronic o il ZF) e ti evita di smanettare continuamente tra i 3 modi.

csm_Bosch-eBike-eMTB-Mode-Chart_IT_93d707f6a0

La salita continua ripida ma il fondo adesso cambia: molto più accidentato e con sassi grossi da superare. In Sport per paura di perdere aderenza e di fermarsi qui salivi "alla bulldozer". In EMTB invece non cambi velocità, continui con il ritmo di prima, con la velocità di prima e vai su...non male.

Rampa molto molto ripida, in foto no rende...si va su tranquilliArriva un punto che di solito si fa "al contrario" ovvero in discesa...single track stretto, tornatino da quasi nose-press, scalino di radice subito dopo e pendenza da "sterno sullo stem" altrimenti si impenna. In Tour non ce l'ho mai fatta (troppo ripida), in Turbo neanche (troppa potenza), in Sport senza mettere giù il piede diciamo una volta su due ma sempre al limite.

Parto e ho il dubbio che qualcuno abbia cambiato la morfologia della montagna da tanto facilmente lo supero... Ok non è statistica, chiamasi singolarità o "botta di culo da prima volta". Giro la bici, torno giù e lo rifaccio. Stesso risultato!

Ho trovato il punto forte e capito cosa intendessero le recensioni. Modularità, stacco immediato (dopo la curva), nessun pattinamento neanche se la ruota si alza un attimo per il colpo di reni per passare la radice... Bello!

Il buco da 1/4 di giro di pedale sembra veramente essersi ridotto di tantissimo. Me ne rendo conto sulla mia rampa del garage che è ripida al limite della legge (in inverno quando nevica le 2WD senza calze o catene fanno una fatica boia). Mi ci metto a metà, visualizzo un punto fisso nel cemento (come avessi un cinesino) e ci giro intorno strettissimo, quindi in su, in contropendenza e in giù a velocità da surplace! Prima dell'update mi era già difficile farlo con un tombino in piano per via dell'erogazione che arrivava secca e all'improvviso, adesso invece è un esercizio quasi banale!

Continuo il mio giro tra i boschi dove le salite diventano meno erte e in Sport "guidavo" anche in salita con lo stesso concetto di flow delle discese (cosa si perdono i muscolari a fare a 15/20kmh o più(!), tratti in salita o falso piano... fun = 2X !). È quello che in Bosch  chiamano Uphill, termine che riflette molto bene il concetto.

Con EMTB il divertimento resta uguale, i bpm sul cardio sono un po' di più, la sensazione di spinta e pedalata è però di più efficacia e ti dà più "gusto". Mi viene da paragonarlo a quando sono passato da un 4 cilindri (turbo diesel) con molta coppia e spunto a un TD 6 cilindri. Il primo ti dava la botta di reni quando uscivi in corsia di sorpasso, ma se per disgrazia l'altro accelerava ti accorgevi che poi tutta sta potenza non ce l'avevi. Il 6 cilindri invece continua a spingere all'infinito e in un attimo il sorpassato è un puntino nello specchio retrovisore. Ecco, con EMTB mi sono ritrovato che la bici accelerava e io spingevo di più, di conseguenza il motore andava più forte e io in un loop di delirio di onnipotenza ne volevo ancora, e così via! Risultato: moscerini sui denti dal sorriso!

Fondi smossi e ripidi non sono più un problema per la perdita di aderenzaDicono che questa modalità un giorno potrebbe essere l'unica e sostituire tutte le altre: decido quindi che il giro sarà completamente fatto in EMTB e quindi anche in discesa dove tendevo a usare sempre eco/tour per evitare l'esuberanza delle uscite di curva dove la poca pendenza ti costringe a pedalare. Anche qui buone notizie: è dolce, ti dà l'accelerazione giusta per ripartire di slancio, se la curva è stretta e ti costringe a uscire lento, due pedalate e sei già bello veloce proiettato per la prossima.

Anche il fatto di dimenticarti il pollice sinistro non è da sottovalutare... basta continui su e giù da Tour a Sport... mi sembra di rivivere il momento quando sono passato al monocorona. Meno distrazioni e più focus sulla guida o sulla natura!

E il consumo? Qualcuno dice che consuma più di Sport, a me pare proprio il contrario. Le prime due tacche sono "precise da far schifo"... 375m D+ e 11 km con la prima e 370m, 10.8km la seconda... Il giro si ferma a 1050m e quindi la terza non si spegne, ma così a occhio posso dire che ho una previsione di 1600/1700m (ripeto, sono molto leggero!) che schifo non fa!

Arrivo a casa, scarico il garmin e noto subito che la curva dei bpm del cardio è molto più in alto. Ma non perché fosse necessario, ma perché l'ho voluto, perché ci davo dentro per avere soddisfazione. È un bene? Dal punto di vista dell'allenamento e della condizione fisica di sicuro, non so però se alla lunga la mia testa, finito il periodo di novità, ne sarà felice.

In un altro giro dove avevo alla fine –stanco e annoiato- una lunga salita asfaltata quasi dritta ma molto ripida, mi sono trovato ad usare il Turbo, cosa che prima non avrei mai fatto in quanto Sport era più che sufficiente per salire qualsiasi nastro asfaltato senza fatica. Ecco il pericolo e il "contro" di questo modo è che forse per i pigri come me si rischia di esagerare con l'aiuto (con conseguente iper-consumo).

In conclusione: per chi non è allenato, magari con problemi fisici (ginocchia, sovrappeso, ecc.) e abituale e felice utilizzatore del modo Sport, io non consiglierei l'upgrade. Agli altri dubbiosi un tentativo direi di farlo (se veramente si può fare il downgrade, poi...) potreste trovare nuovi stimoli e un modo nuovo di interpretare i vostri giri.

Conviene ancora "esporre a destra" ?

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lrCon il termine "exposing to the right" (ETTR) si indica una tecnica descritta per la prima volta da Michael Reichmann sul suo sito Luminous Landscape nel lontano 2003. Senza entrare nei dettagli, visto che ci sono fior di spiegazioni e discussioni sulla rete, si tratta di preservare le ombre sovraesponendo in fase di scatto per poi ridurre l'esposizione in post-produzione. Questo perché in passato e nelle macchine con sensori piccoli o poco performanti, lo schiarimento delle ombre aveva/ha lo svantaggio di innalzare il rumore digitale e soprattutto se si scatta ad alti ISO la regola è sempre stata "meglio che le ombre siano già a posto e poi semmai sottoespongo in post-produzione per recupero zone troppe chiare e sovraesposte".

Negli ultimi anni però la qualità dei sensori, soprattutto quelli Full Frame, è aumentata vertiginosamente soprattutto per quello che riguarda la "gamma dinamica" (dynamic range, DR) e sebbene ancora lontana da quella dell'occhio umano, la capacità di registrare informazioni in scene ad alto contrasto ha fatto passi da gigante. È innegabile che oggi qualsiasi reflex, la maggior parte della compatte e moltissimi smartphone siano in grado di produrre files stampabili dai vari servizi online (come ad esempio Print24) anche in grande formato. Ma è proprio nelle fotografie dove contemporaneamente troviamo zone ad alta luminosità e zone molto scure, che la differenza di prezzo tra una macchina e un'altra si vede eccome.

Nei moderni sensori FF delle varie case (Canon, Nikon, Sony) il progresso maggiore è stato proprio "l'apertura delle ombre", ovvero la capacità di estrarre delle informazioni che in fase di scatto erano annegate o quasi del tutto nere, senza un sostanziale aumento del rumore (parliamo ovviamente di uno scatto in RAW, ma presumo che chi sta leggendo un post del genere, non sappia neanche cosa sia il JPG fatto in camera!!).

E quindi ? Ha ancora senso fare l'esposizione sulle ombre e poi sottoesporre in PP ? A mio avviso no, o meglio non sempre. Questo perché si corre il rischio di bruciare ("clippare") alcune alte luci che, per esperienza, sono molto più difficili se non impossibili da recuperare.

Esempio classico: coppia di sposi, lei con vestito bianco, lui con vestito nero. Ad oggi io, con una moderna FF e a bassi ISO, cercherei di esporre bene per il vestito di lei, perché so che il nero di lui lo tirerei su bene senza problemi con il controllo Shadow di LR. Se facessi il contrario (vestito nero ok o leggermente sovraesposto) tirare giù gli Highlights per recuperare le inevitabili high-keys bruciate sarebbe molto più difficile se non impossibile (e comunque in una coppia, sempre meglio accontentare LEI! :-) )

Un altro esempio di una passeggiata dell'altro giorno in paese… Scena che come vedete sotto è molto contrastata.

Nella prima foto l'esposizione spot è stata fatta sui fiori: il recupero ombre senza aumento di rumore è stato possibile grazie all'elevato DR (Dynamic Range) del sensore:

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Nel secondo caso l'esposizione spot sulle pannocchie ha determinato una troppo elevata sovraesposizione dei fiori e del muro non recuperabile.

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Vero è che la regola dice che dobbiamo esporre, quel tanto che basta per non clippare irrimediabilmente le alte luci (e qui ho volutamente esagerato) e vero anche che se vogliamo puntare alla massima qualità, l'ETTR è il metodo giusto. Ma ne vale veramente la pena ? In questo lungo post l'autore se lo chiede anche lui e arriva alle mie stesse conclusioni:

With the extreme dynamic range capabilities of modern sensors, as well as a much lower amount of noise at base ISO, the value of ETTR is coming under scrutiny in the photographic community. Since it is so easy to recover shadows with modern cameras, isn’t it better to go with a “safer” exposure that is less likely to blow out the highlights? In many cases, yes  […] Yet, as photographers, we strive to take the highest-quality images possible. We want our RAW files to contain as much data as they can, giving us more legroom to recover data in post-processing.

Usare Adobe Lightroom con un controller MIDI

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Tempo fa, sulla timeline facebook di un fotografo venni a conoscenza del Loupedeck, una console di editing per immagini da usarsi con il software Adobe Lightroom. Ne restai subito affascinato, perché il concetto di usare degli slider fisici (sotto forma di cursori o di manopoline rotanti) al posto di quelli virtuali è facile da capire che sia più veloce e pratico. Unito poi alla disponibilità di tasti per compiere le operazioni più frequenti, diventa una manna per il workflow tipico di una sessione di sviluppo RAW. C'erano però due difetti: l'alto costo (300€, superabile se ti prende la scimmia!) ma soprattutto il fatto che i tasti e le funzioni li avessero scelti loro. Ad esempio 5 tasti dedicati al Rating (stelline da 1 a 5) che io non uso mai, era veramente uno spreco.

loupedeck

Pochi commenti sotto però la folgorazione: si può usare un qualsiasi controller MIDI destinato a scopi musicali, coniugato ad un plug-in sviluppato da un santo (e genio) che ne permette la completa personalizzazione.

Di controller MIDI ne esistono di vari tipi e più precisamente:

Controller con Slider e Manopole (Knob) che hanno un fine-corsa

A causa del fine corsa, è necessario ogni volta che si cambia foto riportare "a zero" il cursore, cosa ovviamente molto scomoda. Fanno parte di questa categoria due devices molto usati: il nano Kontrol2 (dal prezzo contenuto) e il Novation Launch Control che con 16 knob è insieme al Beatstop che vedremo in seguito quello che ne offre di più.

61ac71HK0IL__SL1200_ 81F3Sz4KoEL__SL1500_

 

Controller con slider motorizzati

Per ovviare al ritorno dei cursori in posizione neutrale o alla posizione derivante dallo slider di una foto già corretta (es. con un'esposizione +1 lo slider si deve posizionare automaticamente anche lui a +1) esistono dei controller motorizzati dal costo ovviamente molto maggiore. Uno di questi, usato da alcuni utilizzatori di LR, è il Behringer BCF 2000, dalle dimensioni ragguardevoli e molto ingombrante.

BCF2000_P0246_Left_XL bcr2000

 

Controller con encoder a corsa infinita

La terza tipologia e secondo me la più interessante sono i controller con encoder, ovvero con i knob a corsa infinita che permettono, tramite il plug-in che vedremo, di avere una buona risoluzione per piccoli movimenti, e di essere subito "pronti" all'uso quando ci spostiamo su una nuova foto; questo grazie al fatto che è possibile  settare i knob in modalità relativa invece che assoluta. Il più famoso e usato è il Behringer x-touch, che è stato preso anche come modello e customizzato dalla PusherLabs per farne il prodotto finito (controller + software) chiamato PFixer MiniMal Bundle.

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Arturia BeatStep

Di quest'ultima tipologia fa parte anche il controller che ho scelto personalmente, ovvero l'Arturia Beatstep disponibile anche nella Black Edition (che avrei preferito ma non era disponibile subito). Come si evince dalla foto sottostante, il beatstep ha 16+1 knob e 16 pulsanti, ovvero un numero sufficiente ed adeguato per usare i comandi normalmente usati. Solo 8 knob (come il x-touch mini) infatti non basterebbero neppure per gli 11 slider del pannello Basic, mentre  solo 8 pulsanti (come il novation) lascerebbero fuori molti comandi comodi.

Se poi aggiungiamo il fatto che è possibile usare fino a 16 canali (premendo il tasto Chan + un pulsante da 1 a 16) è virtualmente possibile contare su 256 knob e 256 pulsanti anche se ovviamente già dal terzo o quarto canale in poi, la cosa diventa di difficile gestione e non è più conveniente in termini di rapidità nei confronti del mouse/tastiera.

arturia-beatstep-controller-630-806161xyY8XdL__SL1000_

La prima cosa da fare è scaricare il software di controllo MIDI Control Center (disponibile anche per Mac) che contiene anche l'ultimo firmware (il mio era già aggiornato).

Dopo aver premuto il pulsante Sync per leggere la configurazione attuale bisogna settare i vari knob con la modalità Relative mentre i pulsanti con quella Gate. Questo ovviamente per tutti i canali (Global).

Fatto ciò possiamo salvare la configurazione in modo da poterla richiamare in caso di bisogno (in quel caso selezionare i file e premere Store To)

image image

Il Plug-in MIDI2LR

La traslitterazione tra i comandi MIDI e quelli di Lightroom avviene tramite un plugin chiamato MIDI2LR sviluppato dall'utente rsjaffe. Il plug-in è free ma consiglio una donazione affinché non termini lo sviluppo come è successo per altri in passato (es. il Paddy).

Una volta installato con il suo installer e eventualmente attivato con il Plug-in manager di LR, ci comparirà una finestra che ci servirà per assegnare i comandi ai vari knob e pulsanti. Una cosa che mi ha un po' confuso all'inizio è la presenza di due finestre di settings. La prima è richiamabile dal popup tramite il pulsante Settings, la seconda dal menu File > Plug-in Extras –> MID2LR Options.

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L'operazione di assegnazione dei comandi è un po' lunga e noiosa, ma a mio avviso è fondamentale crearsela personalizzata secondo il proprio workflow e i propri gusti, perché solo così riusciremo a trarre il maggior vantaggio in termini di velocità e di risparmio di tempo.

Muovendo un knob o premendo un pulsante, il corrispettivo CC# si attiva; cliccando con il mouse ne potremmo assegnare una funzione tra le molte disponibili (in rosso quelle già assegnate).

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Cliccando invece con il tasto destro ne assegniamo il comportamento: in caso di knob rotante va settato su Two's complement e con una resolution che varia a seconda della precisione che vogliamo ottenere; per spostamenti rapidi (poca rotazione = ampi cambiamenti) setteremo un valore basso (es. 200) se il range è alto (come per la temperatura colore) possiamo arrivare anche a 800. Io tranne che per quest'ultima ho settato tutti a 400 ottenendo una buona precisione. Ovviamente se dobbiamo portare un controllo a "fondo corsa" ci serviranno parecchi "giri" della manopola. Per i pulsanti bi-stabili invece il setup è quello base ovvero modo "Absolute" e i valori min-max da 0 a 127.

ATTENZIONE a non premere Apply to all perché come spiegato knob e pulsanti hanno bisogno di setup diversi (l'autore poteva mettere anche una conferma…); per chiudere salvando usare la X in alto a destra (anche qui un OK o Apply sarebbe stato più chiaro).

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I comandi assegnabili sono davvero tanti, ma alcuni non potremmo trovarli direttamente. In questo caso possiamo creare una Key personalizzata dal menu Options e poi assegnarla al pulsante desiderato.

Ad esempio, supponiamo di voler assegnare ad un bottone il comando Photo > Photo Merge > Panorama, che ha lo shortcut da tastiera CTRL-M. Dapprima assegno lo shortcut a un Custom Key (nel mio caso Key 4) e poi lo assegno al CC# del bottone corrispondente

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Alcuni hints:

  • ricordatevi di salvare spesso con il bottone SAVE le vostre assegnazioni; se vi si chiude il plug-in o LR perdete tutto il lavoro.
  • se all'apertura del plug-in non vedete il vostro file caricato ma tutto bianco, significa che non avete settato correttamente il "Profile Folder" nei settings.
  • se invece del vostro file, ne carica sempre un altro è perché lui prende il primo in ordine alfabetico!! Ci ho messo un'ora a capire perché mi caricava sempre un Arturia.xml che mi ero salvato invece di Riz.xml che era il mio corrente.
  • Installate il plug-in nella cartella che vi propone (in %appdata%) per non aver problemi di diritti o UAC
  • se avete staccato e riattaccato l'usb del controller e il plug-in non lo riconosce basta premere il pulsante Rescan MIDI devices
  • se avete chiuso per sbaglio il plug-in invece che iconizzarlo, da plug-in manager basta che facciate Start Server…
  • infine, se invece che chiamare il vostro comando già assegnato, lui vi propone di mapparne uno nuovo è perché probabilmente siete su un Channel diverso da quelli già assegnati (premete CHAN 1)

La mia configurazione

Ho lavorato per un po' di giorni con una configurazione "temporanea", questo perché all'inizio se è vero che siamo consci dei comandi che ci servono, non è ancora ben chiaro in quale posizione metterli per una ottimale ergonomia. Solo con l'uso intensivo infatti si scopre la giusta configurazione ed il mio consiglio è quindi di attendere a stampare etichette o adesivi per il setup finale.

Con la configurazione che vedete qui sotto sono riuscito a ottenere un ottimo compromesso per minimizzare l'uso del mouse e della tastiera e con questa disposizione riesco ad usare due mani ed essere molto veloce.

01-IMG_0012

Nel workflow di scelta foto i 3 tasti che uso più spesso (Flag/Unflag/Reject) sono molto vicini, cosa che invece con le lettere "P/U/X " non avviene. Idem per i cambi moduli Group/Loupe/Develop (G/E/D). Nel caso di assegnazione di rating (stelle da 0 a 5) e dei 7 colori (red, yellow, green, ecc.) ho usato un secondo canale mappando i tasti da 1 a 5 con le stelle e la riga sottostante (da 9 a 15) con i 7 colori a disposizione più il 16° per togliere il colore. Ho aggiunto anche il comando "Add to Quick Collection" (shortcut B) in quanto lo uso abbastanza spesso.

Entrando invece nel modulo Sviluppo le cose si fanno più interessanti.

Normalmente dopo aver applicato il Lens Profile per eliminare distorsioni e aberrazioni (mappato su tasto #5), se è una foto di architettura applico l'Upright Auto (#6) e poi inizio con le modifiche su esposizione, alte luci, ombre ecc. Su layout di altri utenti quasi tutti hanno messo il crop/straighten angle sul knob più grande, ma proprio quelle ottimizzazione di cui parlavo prima, mi hanno convinto a spostarlo in posizione più defilata e a mettere invece l'exposure vicino al pulsante Auto, che di solito tende sempre a sovraesporre un po' troppo. La sequenza tipica è quindi premere Auto col pollice sinistro, un paio di click indietro con l'indice della stessa mano su exposure, ritocco con la sinistra delle luci e di altri controlli, con la destra per il WB (temperatura e tint) e giù in basso a destra per passare alla foto successiva (#16 Next).

È incredibile quanto in fretta si impari la disposizione dei tasti a memoria e dopo un'oretta di sviluppo lo sguardo resta esclusivamente sulla foto e le mani scivolano veloci sui vari knob e pulsanti; cosa che invece con la GUI dei pannelli di Develop a destra non può avvenire e si è costretti sempre a staccare gli occhi tra foto e comandi (che oltretutto spesso sono lontani tra di loro e quindi abbisognano di scroll con il mouse).

Ho aggiunto anche altri due canali (prendendo spunto copiando spudoratamente da un preset fatto da un altro utente) mettendo sui knob gli slider delle 8 componenti di colore di Hue/Saturation/Luminance/Black&White e sugli otto pulsanti sottostanti i Reset del corrispondente comando, ovvero: Knob 1 = ChangeSaturationRed, Button 1 = ResetSaturationRed, Knob 1 = ChangeSaturationOrange, Button 2 = ResetSaturationOrange, ecc.

Ad oggi quindi sto usando 4 canali: il primo con i comandi segnati dalle etichette (lo so!! nere sono un pugno in un occhio, ma non avevo il ribbon bianco per l'etichettatrice che ho in ufficio!); il Channel#2 per il Rating *** e Color Labels (con i knob non assegnati), il #3 per Saturation (1-8) e B&W (9-16) e il #4 per Hue/Luminance.

Sono abbastanza convinto che i professionisti (es. matrimonialisti) che sviluppano raw molte ore al giorno, possano avere grandi benefici da questi strumenti. Ognuno, ripeto, avrà i comandi che usa più spesso diversi da un altro (es. molti so che usano il Copy Settings/Paste Settings, o i Paste Setting from Previous se si fanno foto in sequenza molto simili). L'unico rischio è che un update di LR 6/CC (a proposito, il plug-in funziona solo su questa versione non sulle precedenti) rompa il giocattolo e renda impossibile l'interfacciamento con questo protocollo. Speriamo di no…

02-IMG_0016

 

PS geek: il file su cui salva le vostre impostazioni dei comandi è un normale file XML. Se lo volete ordinare per Channel e poi per numero Controller (o per nome comando a vostra scelta), l'eleganza di LINQ for XML vi viene in aiuto :-)

 

var xml = XDocument.Load("Riz.xml")
                      .Element("settings")
                      .Elements("setting")
                      .OrderBy(s => (int)s.Attribute("channel"))
                      .ThenBy(s => (int)s.Attribute("controller"));

            XDocument doc = new XDocument(new XElement("settings", xml));
            doc.Save("RizSorted.xml");

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Un Tablet Android può sostituire il Pc di lavoro?

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Ieri mattina, per una serie di circostanze improvvise, ho dovuto lavorare da casa non avendo a disposizione il mio PC da lavoro (lo lascio in ufficio in media 2 giorni all'anno e ovviamente quei due giorni mi serve come il pane #murphy :-( ).

In poco più di due ore ho dovuto affrontare una serie di"emergenze" e imprevisti che ho affrontato con a disposizione il mio tablet Samsung Galaxy Tab A–che uso solo per leggere il giornale e poco altro- e per fortuna una tastiera Bluetooth da pochi soldi che giaceva impolverata da mesi.

Nell'ordine ho dovuto:

  • 01-Screenshot_20170930-170645Leggere e rispondere alle mail (va beh, banale con il client Gmail standard, anche se continuo ad odiare la view che raggruppa le mail in un thread)
  • Segnare sulla intranet, via browser, che non c'ero (fortuna che pur avendola fatta 10 anni fa era già abbastanza responsive e che Chrome per Android si mangia tutto, anche il codice scritto male :-) )
  • Seguire una telecon via Skype. Non lo avevo mai installato sul tablet (non ce l'ho neanche sul telefono), ed ero molto dubbioso che una telecon multi-persona, con slide da seguire e share di schermo potesse funzionare, invece è andato via tutto liscio, con ottima qualità di audio in ricezione e, a detta di altri, anche di microfono (stando seduto normalmente e usando speaker e mic del tablet).
  • Consultare file pdf, word e excel mandati durante la telecon; nessun problema con i programmi originali Adobe e Microsoft (in passato i vari Polar Office o anche i programmi di Google non mi avevano mai convinto)
  • Usare il nostro ERP Dynamics NAV. Qui avevo due possibilità, usare il webclient via browser, oppure la sua app nativa Android. In entrambi i casi, non essendo ovviamente esposto direttamente su internet, ci voleva il client VPN, che anche qui non avevo mai testato per pigrizia. Installato e configurato il Forticlient, ho avuto solo un problema con la connessione IPSec, mentre la SSL è andata via liscia da subito. Instradato il tunnel vpn, l'uso della app mobile si è rivelato ottimo e veloce per la consultazione, ma certo non lo consiglierei per inserimenti massivi di prima nota o altro.
  • Infine vuoi non dover dare assistenza a tuo utente che non può aspettare un paio di ore? Nessun problema con TeamViewer for Remote Control.

Tutto ok quindi? Diciamo che se non avessi avuto la tastiera esterna, tutto sarebbe stato molto più complicato e lento. Avendo un layout americano le lettere accentate dovevo farle con Alt-Accento+Lettera, ma la cosa non mi ha dato fastidio in quanto usando da sempre una tastiera tedesca lo faccio tutti i giorni. Non sono però riuscito a fare la é (un mio cruccio da grammar-nazi quando scrivo perché, poiché, ecc.) e dovrò indagare se è possibile (fortuna che il suggeritore della SwiftKey appare anche con la tastiera fisica).

Anche la mancanza del mouse o di una touchpad, non ha comportato grossi problemi, ma ovviamente non stavo usando un Photoshop o un Lightroom (anche se LR ormai lo uso… col mixer!).

È chiaro però che l'ergonomia di una vera tastiera, di uno o più monitor grandi, e di un sistema operativo non-mobile rendono la vita più facile. Insomma emergenza superata brillantemente ma con un po' più di fatica.

La cosa mi ha fatto nascere qualche dubbio sui tablet/notebook 2 in 1 tipo Surface Pro, Asus (T303UA, T304UA o il nuovissimo T305CA) o Huawei Matebook. Mi hanno sempre attirato, sono sempre lì con il dito su Buy now, ma poi mi dico che li sfrutterei troppo poco. Certo avere in viaggio (lavoro ma anche vacanza) un 12.5" i5/8Gb/256SSD con un Windows Pro sarebbe una figata; potrei sviluppare al volo durante il viaggio aereo di ritorno in Lightroom, o usare Sql management Studio o Vs2017 come in ufficio. Ma non penso, anche in virtù di questa mattinata, che sarei in grado di usarli come main-pc. 

 

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Cancellazione massiva di immagini in Lightroom

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Oggi aprendo un Catalogo di Lightroom ho notato che era lentissimo e indagando ho scoperto che per sbaglio avevo lanciato una sincronizzazione (import di foto da una cartella già importata) su una folder che ne conteneva migliaia.

Otre quindi ad aver importato circa 90000 foto inutili, queste erano tutte divise in migliaia di cartelle, che per un bug di LR non riuscivo a riunire in un unico Parent Folder. La UI di scorrimento infatti per il numero troppo elevato di cartelle si incartava e pensare di fare cancellare/rimuovere circa 8000 subfolder a mano era impossibile.

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Il cursore si blocca in fondo e non va oltre… non è quindi possibile visualizzare la sua root/parent folder che sia chiama c:\dev per cancellare tutte le sue foto o rimuovere la folder

Rivangato un mio vecchio post dove descrivevo la struttura delle tabelle del database Sqlite, ho fatto un tentativo di cancellazione da codice, ovviamente facendo prima sia un backup da dentro LR, che una copia del file .lrcat

image

Da questa struttura si evince subito che bisogna cancellare a ritroso le informazioni delle 4 tabelle; la query sottostante fa appunto questo (ovviamente non viene gestita una cascade delete, non so neppure se Sqlite lo permetta).

Riaperto il catalogo tutto funzionava a dovere. Ho rifatto un backup e un'ottimizzazione e il catalogo è ora perfettamente funzionante.

DELETEfrom Adobe_Images where rootFile in
(select id_local from AgLibraryFile where folder IN
    (select id_local from AgLibraryFolder where rootFolder IN
        (select id_local from AglibraryRootFolder where absolutePath like'C:/DEV%'
        )
    )
)DELETEfrom AgLibraryFile where folder IN
(select id_local from AgLibraryFolder where rootFolder IN
    (select id_local from AglibraryRootFolder where absolutePath like'C:/DEV%'
    )
)DELETEfrom AgLibraryFolder where rootFolder IN
(select id_local from AglibraryRootFolder where absolutePath like'C:/DEV%'
)DELETEfrom AglibraryRootFolder where absolutePath like'C:/DEV%'

Red Army e Ice Guardians

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Nello scorso week-end ho avuto il piacere di guardare due documentari sull'hockey molto interessanti, che consiglio vivamente agli appassionati di questo magnifico sport.

Red Army

redarmyDalla copertina del DVD, gentilmente imprestato dall'amico Nicola, non si capisce subito se è un film o un documentario. I nomi dei produttori (due colonne come Jerry Weintraub and Werner Herzog) fanno pensare a un big-movie, in realtà alla fine è un documentary film (!) scritto, diretto e interpretato da un capace Gabe Polsky.

Racconta la storia di quella spettacolare squadra di hockey che fu l'Armata Rossa sovietica degli anni '80 e inevitabilmente la storia sportiva si incrocia con quella politica di quegli anni di Guerra Fredda per concludersi con la Glasnost'/Perestrojka di Gorbaciov, la caduta del Muro e la conseguente fuga verso il professionismo NHL delle stelle sovietiche.

Il protagonista principale è Vjačeslav (Slava) Fetisov, fortissimo difensore cresciuto nel CSKA Mosca attraverso il quale il film ripercorre gli anni di tante vittorie e qualche bruciante sconfitta, la peggiore delle quali sicuramente quella delle Olimpiadi 1980 raccontata da un altro capolavoro di film come Miracle (mi viene voglia di comprarmi il DVD o il Bluray per rivederlo…).

Fa abbastanza impressione vedere, anche se non era difficile immaginarlo, quanto dure fossero le condizioni sia di vita che di allenamento nella USSR comunista di quel tempo. Artefice di tale rigidezza che arrivò fino al limite della brutalità fisica ("i giocatori urinavano sangue dalla fatica") fu senza dubbio il tecnico Viktor Tichonov, classico burocrate a cui il Politburo aveva data un'unica missione: vincere e poi vincere. Fu lui che si oppose fino all'ultimo al trasferimento dei professionisti nelle franchigie americane, "imbrogliando" il povero Fetisov al quale era stato promesso che se avesse contribuito a far vincere le Olimpiadi del 1988 sarebbe stato libero di trasferirsi nei New Jersey Devils che lo avevano "draftato" sulla fiducia. Al suo ritorno un bel "abbiamo scherzato, devi stare qui ancora un anno", con poi proposte di "ok puoi andare, ma devi dare il tuo mega-ingaggio al partito". Solo nel luglio del 1989 ci fu il trasferimento e il lento ambientamento al gioco americano molto più fisico e meno tecnico e ci vollero ben 5 anni prima di vincere la prima delle due Stanley Cup con i Detroit Red Wings.

Per gli amanti del bel gioco, le immagini sgranate della celeberrima linea KLM (Krutov, Larionov, Makarov) con in difesa Fetisov e l'inseparabile Kasatonov fanno venire i brividi. Dall'uscita di zona alla realizzazione del gol si contano decine di passaggi, tutti fatti "a memoria", senza guardare il compagno e a velocità impressionanti. Tecnica sopraffina.

WIRE000055905.JPG

E non posso fare a meno di ricordare quando questi mirabili giocatori, vennero a disputare due partite nello stadio del ghiaccio di via Roma nell'ambito della IIHF European Cup nelle edizioni 82/83 e 83/84. Gli annali documentano un 12-1 e 11-2 (non mi sembra il caso di specificare a favore di chi!) in entrambe le edizioni, mi sembra una coincidenza un po' strana, ma la prendo per buona. Io ricordo come fosse ieri il 12-1 con il gol della bandiera segnato al grande portiere Vladisav Tretiak da Ico Migliore, che al successivo ingaggio chiese umilmente all'arbitro se poteva tenere il disco come cimelio da mostrare ai nipoti (e chi non sarebbe stato orgoglioso?!). E ricordo anche molto bene quando prima della partita la squadra passò davanti al nostro spogliatoio aperto fermandosi a guardare e ridere su un disegno di una scimmia con un uccello enorme (raffigurante o disegnata-da, non rammento, quel matto di Daniele Giacomin). Scemi come eravamo nessuno chiese un autografo, e anzi qualcuno osò chiedere "CCCP significa Col Cazzo Che Perdiamo ?!" :-)

Alla sera sicuramente sarò stato seduto al solito posto, tribuna in fondo a destra verso il Bar, in prima fila con l'amico Nicola di cui sopra e dietro le due "signore coperta" così chiamate perché si portavano sempre dietro un plaid da mettere sulla fredda panca di legno e ferro.

Il DVD è disponibile su Amazon in versione UK e in un'altra edizione più economica che mi sembra la stessa; i dialoghi in russo sono sottotitolati, mentre quelli inglesi no (ma la pronuncia è molto chiara).

Ice Guardians

enforcer1Casualmente negli stessi giorni, mi viene segnalato dall'amico Roberto (grande fan dell'attuale HCB) un documentario su Netflix chiamato Ice Guardians.

In questo lungo (1h48') documentario viene esplorato il mondo degli Enforcers, una categoria di giocatori che non sapevo neppure esistere e non avrei mai pensato fosse così istituzionalizzata. Si tratta in pratica degli scazzottatori, degli attaccabriga, di quelli più votati alle risse e alle cariche che non agli assist o ai gol.

Il documentario, in modo molto interessante e approfondito attraverso interviste a psicologi, studiosi del comportamento e addirittura criminologi, tenta di spiegare perché nell'hockey su ghiaccio la violenza e le risse fanno parte del gioco fin dagli albori. Perché Football Americano e Rugby, per citare due sport dove il contatto fisico è analogo se non più violento non hanno la stessa dose di combattimenti?

Parliamo ovviamente di NHL, da sempre come dicevo prima, un teatro molto più fisico e duro che non quello europeo, ma mai avrei pensato che, fin dagli anni 70, ogni squadra mettesse nel roster giocatori, ovviamente fisicamente molto dotati, che avevano il solo compito di intimorire l'avversario e evitare che alle "stelle" tipo Wayne Gretzky venisse fatto del male. Una sorta di avvertimento mafioso: fai una carica scorretta al mio centro che deve fare goal e te la vedi con me!! Si dice che molti top athletes come il citato Numero 99 abbiano subito in carriera così pochi infortuni, proprio per la presenza di questi "guardaspalle".

enforcer2Cosa succede però quando due enforcers di due squadre diverse si incontrano? Sono mazzate! e belle toste. Ne esce un racconto di decine di fratture, placche nella testa peggio che i veterani del Vietnam e una carriera dedicata al combattimento (parte dell'allenamento ormai era fatto da boxe e arti marziali).

Per fortuna ne esce un lato "romantico" e se vogliamo etico. L'enforcer fa tutto questo -per i soldi ovviamente- ma anche per amore della squadra e dei compagni, ed è pronto in qualsiasi momento a scavalcare la balaustra e buttarsi nella mischia più furibonda solo per difendere e proteggere il suo team. Sembra retorico e demagogico, ma avendo giocato e conoscendo un po' il mondo dell'hockey, sono certo che nessuno degli intervistati mentiva e che corrisponde tutto a verità.

Anche noi a Bolzano abbiamo avuto i nostri enforcers… Se vogliamo il mitico Gino Pasqualotto lo è stato "in-pectore": quando 3500 persone urlano "Gino, Gino, punisci l'assassino" è chiaro che il pubblico ti ha eletto ad essere il carnefice vendicatore (ma non ho mai visto Gino in una rissa essere scorretto); nella mia memoria rimane impressa la lezione data a un Jim Corsi, in forza al Gardena prima di essere un suo compagno in difesa, un po' troppo ardito a dare bastonate a chiunque passasse dalle sue parti.

E che dire, come ricordava l'amico Roby, di Dave Pasin o soprattutto Carmine Vani ? Con le sue gambe a (   )  che ci passava in mezzo un tir, ormai un po' imbolsito e con meno tecnica che in passato, faceva proprio quello che compete a un enforcer: far prendere minuti all'avversario e proteggere i vari Zarrillo o il Volga-Express Vostrikov-Maslenikov.

Come diceva il pubblico nelle interviste, un hockey (soprattutto americano/canadese) senza risse è difficile da immaginare e gli urli che si sentono in uno stadio sono solo per due motivi: il goal e il combattimento… e ricordiamoci che gli antichi romani con i gladiatori lo avevano già capito!

 

L’importanza dei dati oggettivi nella preparazione atletica

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OptoJumpSi dice che “nemo propheta in patria” ed infatti ci capita molto più di frequente di vendere le soluzioni Sport LAB di Microgate a clienti lontani migliaia di chilometri che non a quelli a pochi passi da casa nostra.

E quando dico “pochi passi” in questo caso è letterale, visto che uno degli ultimi test atletici su una squadra di calcio e relativo photoshooting si è svolto al nuovo campo di allenamento di Maso Ronco (Appiano).

Target delle valutazioni atletiche con i nostri apparecchi sono stati tre calciatori professionisti del FC Südtirol, squadra militante in Serie C, terza divisione del campionato italiano di calcio.

Oggigiorno non è più pensabile di impostare la preparazione atletica senza avere a disposizione dati oggettivi certi e affidabili che il solo occhio del preparatore o il cronometro “a mano” non possono dare.

Con il sensore inerziale Gyko abbiamo valutato la postura, i carichi di lavoro eccentrico-concentrico nei salti verticali e i profili muscolari con i quali impostare i lavori di potenziamento con i bilancieri.

Con OptoJump Next in versione 2D, golden standard per la valutazione dei salti verticali e dell’analisi della corsa, siamo passati a testare “il controllo” tramite il protocollo drift consistente in 5 salti massimali monopodalici valutando asimmetrie destro/sinistro e difficoltà di controllo negli spostamenti. Di particolare importanza per la prevenzione infortuni, in quanto rileva subito evidenze di debolezza di un arto rispetto ad un altro.

Con il sistema Witty (cronometro Witty·Timer e fotocellule Witty·Gate) abbiamo valutato tramite test di sprint e navetta la velocità e la capacità di accelerazione e decelerazione, di ovvia e fondamentale importanza nel calcio.

Cognitive Training Change DirectionMa è stato con il sistema di semafori intelligenti Witty·SEM che sono emersi i dati più interessanti. L’ambito del Cognitive Training è infatti un settore relativamente nuovo nella preparazione atletica ma che assurgerà sempre più importanza in quanto determinante a fare la differenza tra i top-atlethes.

Se ormai i professionisti sono tutti preparati fisicamente a livello ottimale, il quid di differenza tra un ottimo atleta e un campione fuoriclasse è dato dalla sua “velocità mentale di esecuzione”, ovvero la Brain Speed.

Tramite esercizi che combinano l’agility con decisioni cognitive da prendere in pochi millisecondi, si riesce quindi a valutare non solo l’aspetto fisico ma anche quello mentale, che gli studi sulla neuro plasticità del cervello ci dicono essere allenabile come qualsiasi altro muscolo.

Oggi nello sport non è più possibile fare a meno di dati oggettivi, sembra incredibile ma spesso hanno più dati a disposizione gli utenti del sito di scommesse online che forniscono ai loro utenti centinaia di dati statistici, che non i preparatori atletici, o i medici sportivi, delle squadre.

In inglese esiste un bel modo di dire: “if you not assessing, you’re guessing”. Quanta verità!

  Cognitive Training Agility Cognitive Training Virtual Goalkeeper

Come copiare in Lightroom fisicamente i RAW in un altra locazione

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A quanto ne so (e anche cercando sui forum non ho trovato soluzioni) in Lightroom non esiste un metodo per prendere una serie di fotografia inserite in una collection e COPIARE i relativi file originali sottostanti (presumibilmente RAW, perché se usiamo Lightroom spero non scattiate in JPG!!) in un certo folder.

Se vogliamo fare un'analogia con la musica è come prendere una playlist composta di tanti mp3 sparsi in N directories e volerli copiare su una chiavetta: iTunes, che ha tanti difetti ma anche alcuni pregi come questo, permette il drag-n-drop delle canzoni in un colpo solo.

Non stiamo parlando di fare una copia della foto per sottoporla a due sviluppi diversi (per quello ci sono le Virtual Copy), né di avere un output del nostro sviluppo (in quel caso useremo l'Export). Io voglio proprio una copia fisica del mio file .CR2, che ovviamente non sarà più associato ad una serie di ritocchi, a meno di non usare il file XMP collegato.

Una soluzione, se i file da copiare sono uno o poco più, è quella di fare tasto destro su ognuna foto, scegliere l'opzione Show in Explorer e copiare il file con il sistema operativo.

Ma se sono già più di una decina bisogna rendere le cose automatizzate e l'unica soluzione che mi è venuta in mente è quella di far generare un file .bat con i comandi di copy da un plug-in che già uso per un altro scopo (estrarre i dati exif per creare le mie photogalleries sul sito)

Il plug-in si chiama LR/Transporter lo uso fin dalla versione 2 di Lightroom e funziona anche con la nuova CC Classic (7.0). Il funzionamento è molto semplice e banale: oltre ad un header e footer, per ogni foto lui genera una riga in un file (txt, bat, cmd, ps, ecc.) estraendo il/i metadati che abbiamo inserito nel template (si possono salvare differenti preset).

LRtrans1

Per il nostro scopo ovviamente non useremo un metadato exif o iptc ma il basic token {OriginalPath}

LRtrans2

 

Una volta ottenuto il nostro batch, potremmo quindi lanciarlo e ottenere la copia dei file fisici che ci servivano.

Ripeto, senza le correzioni/post-produzioni che avevamo eventualmente applicato, quindi se li importate in un altro catalogo saranno "flat" come se li importaste la prima volta dalla memoria della fotocamera. Se il vostro scopo è quello di avere alcune foto importate in un secondo catalogo, usate l'opzione Import from Antoher Catalog…

Fire TV Stick vs Chromecast

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Da ovvio abbonato del servizio Amazon Prime (se ancora non ce l'hai puoi provarlo per un mese) ero sempre dispiaciuto di non poter approfittare del già compreso e quindi gratuito servizio video Prime Video. Non sono infatti, se non in mobilità, un tipo da guardarsi un film o una serie Tv sul monitor del PC o peggio ancora su smartphone/tablet. Se non ho un'esperienza completa e di qualità (HD, audio 5.1 non gracchiante, almeno 50") piuttosto lascio perdere e mi leggo qualcosa.

Quando fu il momento di abbonarsi a Netflix, dopo un timido tentativo con la vecchia PS3, scoprii la fantastica Google ChromeCast 2.0 che mi ha permesso fino ad oggi la visione del noto canale di streaming oltre ad altri servizi come Spotify, RedBull TV e altri che "casto" dalle rispettive app sull'impianto Home Theater (Ampli + Tv).

Grande fu la mia delusione e sorpresa quando vidi che la app Prime Video non aveva la ChromeCast come dispositivo compatibile e ora ho anche capito il perché. Già da qualche mese negli Stati Uniti ed ora anche qui da noi, Amazon si è fatta un suo device "simile" (vedremo che è qualcosa di diverso) che ha chiamato Fire TV Stick .

Dal costo praticamente uguale alla ChromeCast 2 Video (39,00€ per gli abbonati Prime, 59 per i non), la Fire TV si presenta con un form factor simile alla prima edizione della ChromeCast, ovvero un lungo chiavettone HDMI da infilare in una porta della tv o, come nel mio caso, dell'ampli che gestisce i segnali video/audio.

Come accennavo prima, se il fine ultimo è uguale per entrambi i dispositivi –vedere su TV un servizio di streaming video- la Fire TV offre qualcosa in più. È infatti a tutti gli effetti un "Android TV Box" analogo ai tanti che sono usciti in questi ultimi anni (un nome a caso è il TX5 PRO ma ce ne sono moltissimi altri tutti molto simili come spesso nel mercato cinese accade).

Ecco che allora il Fire TV non è come la ChromeCast un semplice "piglia il comando dalla necessaria e obbligatoria app mobile –es Netflix- scarica dalla wifi lo stream e riproducilo sulla Tv via HDMI", ma è proprio un set-top-box con un suo menu, un suo piccolo telecomando, la possibilità di scaricare apps fireTv dall'Amazon Marketplace e smanettando un po' anche di far girare qualsiasi app Android ottimizzata per tablet (mediante la app di ponte App2Fire).

Se all'inizio l'acquisto era stato fatto, oltre che per appagare la solita dose di nerditundine, solo per vedere Prime Video, ho poi realizzato che mi avrebbe potuto sostituire tranquillamente la ChromeCast se la qualità video fosse stata la stessa. Per quei veloci test che ho fatto mi pare che la risposta sia positiva: tenendo lo stesso filmato e switchando tra i due AUX dell'ampli in cui sono infilate, non ho visto particolari differenze di definizione, nitidezza o artefatti. Dal punto di vista dell'audio penso sia addirittura meglio supportando il Dolby Digital Plus, che io però non ho sul vecchio Onkyo che al massimo arriva al DD EX.

La chiavettona viene corredata di una "corta" prolunga HDMI che dovrebbe essere comunque sufficiente se gli ingressi fossero in qualche modo ostruiti da altri connettori ed inoltre, se usata,  viene dichiarato un aumento di efficienza del segnale WIFI (why? forse meno interferenze o una migliore polarità dell'antenna interna). L'alimentazione è fornita da un cavo microusb da attaccare sul bordo lungo e viene anche dato un  plug di tipo EU (molti telefoni ormai non lo danno più).

Il telecomando è invece molto semplice, ricorda un po' i primi telecomandi dell'iPod, e consente di muoversi tra i menu con le 4 frecce disposte su una corona circolare (in mezzo l'enter) oltre ai tasti Back/Home/Menu e i classici Rev/Fwd/Play-Pause. "Purtroppo" è Bluetooth, dico purtroppo perché uso ancora con estrema soddisfazione un vecchio Logitech Harmony a cui non posso far "imparare i comandi" visto che è solo infrarosso. L'accoppiata BT tra Stick e Telecomando è comunque la più "seamless" e facile che ho mai visto: basta infilare le batterie nel telecomando e il pairing si conclude in pochi attimi. Finalmente, direi!

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Oltre alle citate app dei due servizi di streaming video, ho subito installato Youtube, Spotify, Red Bull, VLC (utile per vedere i filmati dal NAS), e qualche altra app dalla lista per categorie che viene proposta. Non avendo uno Smart TV (ma resistendo come l'ultimo giapponese nella giungla l'ancor ottimo Kuro) è più per curiosità che per effettivo utilizzo, ma qualche cosa di carino c'è (webcam dal mondo, servizi meteo e l'immancabile caminetto fake…D'altronde con un prodotto che si chiama Fire, come non poteva esserci?!)

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Oltre al telecomando fisico è possibile gestire il tutto con una App (iOS/Android) che offre una grande "touchpad" per selezionare con un tap l'icona selezionata o tramite un gesture di scorrimento scorrere verticalmente/orizzontalmente le liste (non molto comoda a essere sincero).

Due invece le funzionalità molto comode che ho sfruttato: la possibilità di sistemare nell'ordine voluto le app scaricate e soprattutto la tastiera che viene comodissima in ambito di setup quando devi loggarti con user e password ai vari servizi.

Insomma, al prezzo di una sera in pizzeria, la tua obsoleta TV si trasforma in Smart e a meno di un'accelerazione di fonti 4K il motivo per cambiarla rimarrebbe solo un aumento dei pollici e la transizione all'OLED. Il difetto? Che la giornata continua ad essere di 24 ore e l'aumento di cose interessanti da vedere anche su Prime Video (The Man in the High Castle,  Hand of God, American Gods) sarà un bella botta alle ore di sonno e alla vita sociale.

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