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Il mio primo anno con una e-bike

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Come avevo ampiamente preannunciato nel 2014 e 2015, al compimento dei 50 anni di età e con alle spalle quasi 30 di pedalate "muscolari" sarei passato a quelli che molti definiscono "il lato oscuro" dello sport ciclistico, ovvero all'acquisto e uso di una MTB a pedalata assistita (e-MTB). Il post non vuole assolutamente cercare di convincere gli ancora molti scettici sulla potenzialità del mezzo e sull'etica della scelta; ognuno vive la mtb come preferisce e chi vuole conquistarsi la vetta con fatica e sudore ha solo il mio rispetto.

Qui di seguito un lungo slideshow formato da 100 foto 100 che raccontano la mia stagione.

 

Quello che segue è invece il "Riesame" di circa 9 mesi di uso sia dal punto di vista del mezzo tecnico, che del "contorno" che gravita attorno a questo mondo con i tanti Pros e i pochi Contra che ho trovato.

#YesFilter

La bici: Cube Stereo Hybrid HPA 140 SLT 27.5+

La scelta della ebike non è stata sicuramente facile; se sulla marca (Cube) e rivenditore (Sanvit) c'erano pochi dubbi, restava da decidere se rimanere sulla stessa tipologia ed escursione della vecchia mtb (un enduro da 160mm) o se rischiare e cambiare. Così è stato, avendo optato per un mezzo con minor escursione (140mm dietro, 150mm, oggi chiamate Trail Bikes) coadiuvato però da ruote nel formato 27.5+ PLUS . In questa gallery potete vedere la bici nella configurazione che ho usato maggiormente durante l'anno. Qui di seguito alcune note sui vari componenti.

Geometria e tipologia d'uso

Cube Stereo Hybrid HPA 140 SLT 27.5+Una trail bike con un angolo di 67,3° è sicuramente il mezzo ideale per quello che si definisce l'All Mountain, ovvero giri pedalati che comprendono salite e discese più o meno tecniche. Fin dai primi giri ho capito subito che avevo trovato un bici comoda, in cui mi sentivo "dentro e non sopra" e con enormi potenzialità per la guida lenta e tecnica. Il manubrio da 800mm stile chopper è stato diminuito a 780, misura che penso diventerà il mio standard su tutte le prossime bici. Il relativo poco angolo di forcella non mi ha mai creato nessun problema sui ripidoni forse anche aiutato da uno stem corto e tenuto molto alto con tutti gli spessori con cui era arrivata. Anche il lungo chainstay di 476 mm che mi spaventava, non ha mai pesato e anzi la sensazione di avere una bici "corta" e che gira in un fazzoletto  è stata molto maggiore della mtb precedente. Soprattutto l'altezza da terra più bassa di prima (con il Reverb tutto abbassato finalmente appoggiavo la completa pianta del piede) mi ha infuso quella sicurezza e maneggevolezza nel super-tecnico che prima non avevo. Certo questo è anche un difetto, infatti toccare con i pedali sassi e rocce nei passaggi più tecnici non è stato così infrequente, soprattutto con i primi mattoni alti 25mm che mi avevano prestato all'inizio (poi sono arrivati le mie sottilette HT AE03 da 11mm e già qualcosa era migliorato).

Sospensioni ed escursione

Cube Stereo Hybrid HPA 140 SLT 27.5+La fase di tuning delle sospensioni anteriore e posteriore mi ha portato via un po' di tempo e ci sono voluti alcuni mesi per un setting che mi aggradava. Premetto che sono uno a cui piace molto una bici "plush", molto morbida e che assorba anche le minime asperità del terreno a bassa velocità. Avendo in passato avuto brutte esperienze con forcelle FOX (una Talas che definire oscena è un complimento) e invece ottime con la Rock Shox Pike, ritornare nel mondo della volpe mi preoccupava non poco. E sinceramente erano preoccupazioni abbastanza fondate: la Fox 34 Float FIT4 Factory da subito ha evidenziato un fastidioso "beccheggio" vicino al mozzo in fase di frenata (soprattutto su asfalto e ad alte velocità). Cercando sui forum il difetto non è raro e molte volte la causa non è neppure la forka ma magari il disco dei freni o le pastiglie. Sta di fatto che forse una 34 per una ruota Plus e un'inerzia e peso di una ebike non è correttamente dimensionata e un po' di flessione degli steli provoca questo "chattering". Dal punto di vista del funzionamento invece, dopo aver tolto tutti i token con cui è arrivata, sono riuscito ad arrivare ad una ottima configurazione sia per le alte velocità di compressione che per le "botte secche" dei drop o degli alti ostacoli. I 150 mm mi sono sempre parsi sufficienti (rarissimi i fondo corsa) al contrario purtroppo dei 140 del Fox Float X Factory posteriore. La versione top dell'ammo americano, fornito di piggy-back  per evitare il riscaldamento, ha denotato quasi subito una tendenza ad affondare troppo marcata. Anche qui forse la colpa è da dividersi con una geometria del telaio che di certo non possiamo definire progressiva (ovvero all'avvicinarsi del fondo-corsa che si indurisce). Se il plush sui micro-avvallamenti è stato da subito raggiunto, ho dovuto intervenire cambiando un Air Spacer per diminuire il volume d'aria della camera e renderlo più progressivo e meno incline agli "stock" di fondo corsa che comunque non sono mancati. In conclusione: 150mm davanti più che sufficienti, 140mm non è vero che "bastano e avanzano" soprattutto se non supportati da una giusta geometria (es.su Yeti o Santa Cruz, magari bastano).

Freni

Cube Stereo Hybrid HPA 140 SLT 27.5+Anche qui purtroppo, provenendo dalla Ferrari dei freni Enduro (gli ottimi Hope Tech 3 E4) qualche timore sui Magura MT7 lo avevo. Cambiata subito la leva "del Ciao" con cui venivano forniti con una più corta da 1 dito, l'ergonomia e la regolazione si sono rivelati subito ottimi. La potenza non è eccessiva di tipo On/Off ma comunque adeguata al peso della bici, la modulabilità è molto buona permettendo di stare leggeri quando serve o di pinzare forte nelle staccate. Assolutamente inferiore agli Hope è invece la "costanza": parti con 2 cm. di distanza tra leva e manopola e alla fine della discesa te la ritrovi completamente attaccata. Il problema però più grosso che ho rilevato è stato un fastidiosissimo rumore di risonanza provenienti dal sistema disco/pastiglie. Dopo numerosi interventi meccanici il problema non è stato mai risolto e la causa probabilmente è dovuta ad un mancata uscita simultanea dei 4 pistoncini che tendono a far lavorare la pastiglia non perfettamente in piano rispetto al disco. Dopo una pulizia con alcol isopropilico dei cilindri e con pastiglie nuove il difetto spariva, ma appena entrava un po' di polvere e le pastiglie si consumavano ecco arrivare il fastidiosissimo sibilo (di solito sopra una certa velocità limite) che tante volte mi ha rovinato il mood del giro.

Gomme Plus

Cube Stereo Hybrid HPA 140 SLT 27.5+Bollate dal pubblico come l'ennesima trovata marketing partorita dalle case costruttrici per costringerci a farci cambiare bici ogni 2 anni, per il mio tipo di guida si sono rivelate un tocca-sana e una rivelazione sulla via di Damasco! Se posso essere d'accordo sull'inutilità del cambio di mozzo (per le plus serve quasi sempre il nuovo formato Boost) che sfido chiunque a sentire la differenza di rigidezza per 6mm aggiuntivi, la tenuta di una gomma cicciona intorno ai 3 pollici di larghezza è inevitabilmente un vantaggio incredibile per la sicurezza e il divertimento. Il fatto di girare –tubeless- con meno di 1 bar di pressione (consentito anche dal mio peso) e l'impronta a terra più larga di un normale 2.35 con cui giravo prima, ti consente un grip pazzesco posteriore nelle salite tecniche e un controllo incredibile nei passaggi  tecnici stile trial affrontati quasi in surplace. Atterrare da un mini-drop e frenare in un fazzoletto con la ruota davanti che anche se slitta va dritta, era un'esperienza che non avevo mai provato! E il famoso effetto deriva di cui si parla? Forse sono troppo scarso in discesa, ma io non l'ho mai avvertito e comunque il confronto con Strava su alcuni segmenti in discesa mi dicono che ero più veloce che con le ruotine di prima…

Ho iniziato con le Schwalbe Nobby Nic da 3" fornite di serie, ma dopo pochi giri sono tornato alle amate Maxxis, DHF 2.8" 3C Maxx Terra all'anteriore e DHR II 2.8" al posteriore una volta con mescola Dual a 60tpi che consiglio vivamente e una seconda con una 3C 120tpi che ho tagliato sul fianco alla seconda uscita! Il cerchio da 40mm di rim ha ovviamente aiutato molto a tenerle nella forma giusta.

Trasmissione e Motore

Cube Stereo Hybrid HPA 140 SLT 27.5+Il motore Bosch CX Performanceè ormai una sicurezza; con 75 Nm di coppia tra i 4 contendenti (Yamaha, Shimano e Brose) è sicuramente il più potente e il limite imposto dalle rampe non è mai il motore ma… la gravità. In uno dei primi esperimenti su quanto ripida potesse essere la salita da scalare, sono infatti riuscito a ribaltarmi indietro di schiena anche se la bici continuava a salire :-) Di sicuro non è certo il più silenzioso (nei primi tempi pensavo non mi sarei mai abituato, invece dopo pochi giri non ci fai più caso, semmai il fastidio maggiore lo dà ad eventuali compagni di pedalata non assistita!) e la rumorosità tende a salire se si compie l'errore di lavare la bici con l'idro pulitrice. I progettisti Bosch pensavano infatti che noi girassimo sempre in città e non avessimo mai bisogno di lavarla e i pochi o nessun o-ring di protezione tendono a far entrare acqua e rovinare i cuscinetti peggiorando il rumore.

Ho iniziato i primi giri a usare la modalità ECO ma poi tornando a casa con 4 tacche su 5 di batteria mi sono chiesto cosa avessi nella testa per quale motivo dovessi faticare. Da quel giorno solo Tour e Sport (più assetati di correnti, ma ben più divertenti) e da fine luglio in poi, con l'avvento del nuovo firmware, quasi esclusivamente la nuova modalità adattiva E-MTB, i cui dettagli trovate in questo post.

L'autonomia fornita dalla batteria da 500 Wh mi è sempre stata sufficiente. Certo, io peso poco e ho abbastanza gamba, ma c'è stato solo un'occasione in cui ho temuto di "rimanere a secco" (un giro iniziato troppo "allegro" da 63km e 1830m D+) per il resto non ho mai avuto patemi d'animo. Teoricamente potrei contare su 2500mt D+ (consumo in Eco 500mt ogni tacca), ma prima di arrivare a questi valori finirebbe prima la mia condizione di gambe/fiato/cu*o! Certo avere 720Wh (come alcune nuove bici 2018) o 1000Wh con la doppia batteria non mi farebbe schifo, ma non sono così sicuro che aumenterei il kilometraggio o il dislivello, quanto che farei gli stessi giri ma con assistenza molto più alta (tutto turbo in pratica!).

Per quanto riguarda la trasmissione ho sostituito subito la corona con una da 14 denti (la più piccola disponibile) che moltiplicati per il fattore 2.5 del motore Bosch ne fa un 35 (prima avevo un monocorona da 28T con 11-42 dietro). Il cambio SRAM EX1 da soli 8 pignoni (11-48T) mi ha soddisfatto come affidabilità e precisione, ma gli 8 rapporti sono a mio parere troppo spaziati. Se in Tour si riesce abbastanza facilmente a trovare il rapporto giusto, in Eco c'è sempre un punto in cui con un rapporto è troppo duro e con l'altro si frulla troppo. Sono stra-sicuro che la prossima versione tornerà a 9 o 10 rapporti e comunque in generale avrei preferito molto una bici con un bel Eagle 10-50 e una corona senza moltiplicatore.

Attività

Come si può evincere dai dati sottostanti (che tengo aggiornati su questa pagina) la teoria che con l'ebike "si fa meno movimento" e ne risente la condizione è assolutamente infondata. Pur avendo fatto un numero di uscite nella media degli anni passati (le sere a disposizione dal lavoro e i week-end sempre quelli rimangono) ho duplicato il dislivello e aumentato di molto il kilometraggio. Il giro medio serale che prima era intorno ai 25km e 500D+ ora è diventato di 33km e 900mt e questo con un consumo metabolico inferiore (media di battiti ridotta ma non poi di così tanto, a dimostrazione che in emtb si deve pedalare lo stesso). E poi comunque ci arriverebbe anche un bambino a capire che se quel trail prima lo facevo a 7kmh, se adesso lo faccio a 15/16, pur se aiutato dal motore, i watt che butto dentro sui pedali quelli sono, non dimenticando il peso quasi doppio della bici.

(click to zoom)

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A essere sincero, visti i numeri a fine anno, ho il rammarico di non averla sfruttata come speravo. Nessun giro negli ultimi due mesi dell'anno (anche -per fortuna- per il meteo giustamente invernale), alcuni tour programmati ma non fatti (Sellaronda antiorario, Giro del Latemar, Macaion…), troppi in proporzione ancora i giri "locali" partendo da casa contro quelli belli e lunghi del week-end (e troppi i giri in solitaria, ma quello non è colpa mia!)

Però qualche soddisfazione che avevo da molti anni me la sono tolta. Il fatto di non avere il limite psicologico del "è troppo faticoso", mi ha permesso infatti di affrontare giri che avevo sempre rimandato (qui tutte le galleries). Finalmente un bel giro sul Lago di Garda sulla Ponale, il Parco di Fanes/Sennes (fatto 25 anni fa e di cui mi ricordavo ancora le ostie), la fantastica Via degli Dei tour da 3 giorni da Bologna a Firenze, il giro Merano2000-Avelengo completato con l'ascesa del Monte Catino, un su e giù per la Val di Non passando da Mendola e Penegal e il bellissimo giro Mendola-Roen-Favogna finito con pochi milliwatt di batteria.

Parco Fanes

Un solo bike-park (contro i 6 dell'anno scorso) ma oltre al già noto e stra-fatto Sellaronda un nuovo giro enduro con impianti: il Bear Trail di Paganella-Andalo-Molveno: 4700mt di discese (e 1000 di salite) che mi hanno distrutto fisicamente e che senza la sicurezza delle gomme Plus forse non avrei potuto affrontare portando a casa la pellaccia!

E infine tante uscite -serali e non- uscendo da casa, allargando il raggio di azione e scoprendo nuovi fantastici trail; uno dei tanti vantaggi delle ebike è infatti il coraggio che ti dà a provare sentieri sconosciuti (soprattutto in discesa), conscio del fatto che se ti va male e devi tornare in su, un bel click sul + del Purion e il problema è risolto.

In mezzo a tutto questo la bellissima esperienza della due giorni in Val Gardena ospiti di Sky, in qualità di vincitori di un concorso Sky Extra.

 

Conclusione

Bosch dice che nel 2020 una MTB su due sarà elettrica. Non faccio fatica a crederlo. Il timore che molti hanno che questo produrrà troppa gente sui sentieri, porterà nuovi divieti o addirittura tasse e balzelli è più che giustificato. Io so solo che per molti giri che faccio io, il classico e stereotipato "panzone neofita"  in cima non ci arriva, e soprattutto non sopravvive alla discesa! Tecnica, frequentazione di corsi (qui e qui i miei consigli), condizione fisica ed esperienza sono sempre necessari. E soprattutto, educazione e rispetto sia per gli escursionisti che per "i cugini muscolari", ché già ci odiano abbastanza :-)

Buone Pedalate (assistite e non) per il 2018!!


Comprare un libro fotografico ai tempi di Instagram

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Il titolo del post potrebbe essere inteso come una domanda: ha ancora senso, nell'epoca di Instagram, di centinaia di siti più o meno famosi di foto come Flickr o 500px, di zilioni di photoblog o siti-portfolio di professionisti o amatori, tutti consultabili gratuitamente, spendere  soldi in un libro fotografico?

La risposta che mi sono dato, dopo un acquisto compulsivo su Amazon del libro di Steve McCurry "The Iconic Photographs"è SI!, cento volte SI.

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Dopo aver letto la biografia scritta da Gianni Riotta del celeberrimo fotografo americano, la cui "ragazza afgana" è quasi famosa come la Gioconda di Leonardo, mi era venuta voglia di dare un volto alle fotografie raccontate a parole da lui e dal giornalista italiano. Avrei sicuramente potuto guardarmi su internet il suo portfolio ufficiale, ma dopo molti anni che non compravo (o non mi venivano regalati!) libri fotografici, mi è venuta voglia di riprovarci.

Il piacere di sfogliare un tomo del genere di questa qualità è innegabile. Size Does Matter, come dice quella mia amica :-) , e infatti le dimensioni ragguardevoli contano molto. Ogni pagina contiene infatti una sola fotografia (orizzontale o verticale) di misura 36x24, nel suo logico e originale formato 3:2. Molte fotografie inoltre sono stampate a doppia pagina, dove è vero che si perde un po' di dettagli nella piega, ma allontanandosi un attimo si riesce a percepire comunque la foto nella sua interezza.

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Abbastanza inspiegabile il fatto ogni tanto di lasciare una pagina bianca, forse non sono riusciti a combinare il numero di foto con quello delle pagine oppure non volevano mischiare nella stessa facciata una foto verticale e una orizzontale.

La stampa della casa editrice Phaidon è impeccabile. La carta ha quel giusto grado di opacità per evitare i riflessi, ma al contempo è sufficientemente lucida per esaltare il grado di "razor sharpness" che certe foto hanno.

Foto a cui si contrappongono quelle con una vistosa grana, visto che parliamo di scatti analogici degli anni 90, dove già un 400 ISO mostrava i suoi segni. Ma è una grana "bella",  diversa dal rumore digitale dei nostri sensori. Senza fare il nostalgico anziano del "era meglio il vinile del CD",  in un'epoca di ricerca della perfezione ottica, abituati a fare pixel-peeping e crop al 100%, guardare una foto solo per i suoi contenuti e non per la tecnologia è un piacere diverso.

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Sharp or grain ?

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I colori, punto forte di molte fotografie iper-sature di McCurry, sono resi divinamente. Ho iniziato a sfogliare il libro sotto una lampada alogena molto calda e dopo poche foto mi sono reso conto che non stavo visualizzando fedelmente le immagine. Mi sono quindi armato di una torcia a led bianco dal raggio molto largo, e vi giuro che la differenza è abissale. Ho visto esplodere gli azzurri dei burqa delle donne afgane o i verdi delle piantagioni indiane. So che è un po' da malati cercare il white balance perfetto in un libro, ma che volete farci…

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Le fotografie non sono "sporcate" da nessuna didascalia, in quanto queste si trovano in fondo al libro corredate di titolo, anno e una breve descrizione. In un certo senso ciò rende la collezione molto pulita, ma se si vuole subito sapere il contesto dello scatto, bisogna fare avanti e indietro tra le pagine. Io ho optato per una lettura consecutiva e poi in un secondo momento mi sono dedicato alla lettura delle captions che riportano un breve trafiletto, ma ahimè nessun dato tecnico (comprensibile, mica c'erano i dati EXIF una volta…).

Per chi volesse un maggior racconto testuale, oltre alla biografia già citata, esiste un altro libro, sempre delle stesso formato (altezza 35cm) e  stessa casa editrice Phaidon quindi immagino di altrettanta qualità. Si chiama Untold. The stories behind the photographs (ed. inglese) ed è disponibile anche in italiano col titolo di "Le Storie dietro le fotografie" (ma a un prezzo spesso più alto…).

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Oltre che per un piacere degli occhi, un libro del genere è utile anche didatticamente? Eccome! Se uno conosce le regole basi che governano il mondo della composizione fotografica (la stra-famosa regola dei terzi, ma anche le meno note "occhio dominante" o "linee guida") sarà divertente e molto facile trovare in ogni foto l'applicazione di uno o più di questi pattern (direbbero i software architects).

Ed in effetti, durante un mio recente corso di fotografia che mi ha visto docente, ho mostrato questo video che esemplifica molto bene 9 di questi "tips".

 

In conclusione, se siete appassionati di fotografia e come me siete un po' stufi di vedere ogni giorno centinaia di splendide Tre Cime di Lavaredo o la chiesetta di Ranui in Val di Funes presa da ogni angolazione, concedetevi il lusso di una bella edizione da sfogliare sulla vostra poltrona accompagnato magari da un buon vino o superalcolico da meditazione.

Buona lettura.

Fotografare ragni e scorpioni con il flash anulare Yongnuo YN-14EX

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Nell'ambito di una mostra temporanea chiamata Spiders, Il Museo di Scienze Naturali dell'Alto Adige ha organizzato due serate dedicate a fotografi amatori e non, dando loro la possibilità di immortalare i protagonisti della mostra, -ragni, tarantole, scorpioni e scolopendre- fuori dalle loro teche e terrari. Un'iniziativa lodevole e a cui va il mio ringraziamento.

Ragni al Museo Scienze Naturali di Bolzano

01-20180206_184203    02-20180206_184211

L'occasione è stata ghiotta per testare il flash anulare  Yongnuo YN-14EX che avevo recentemente comprato ma non ancora mai usato se non per qualche scatto di prova.

Essendo neofita sia di flash anulari che di macrofotografia in generale (salvo qualche sporadica incursione nel mondo floreale), sono andato un po' a caso senza documentarmi più di tanto, portando a casa "il compitino senza infamia e senza lode" (semicit.)

Qui trovate la photogallery dei miei scatti della serata.

71K0lrA1EQL._SL1200_Innanzitutto la "realibility" del prodotto non è eccezionale, mi è capitato almeno 5 o 6 volte che il flash non abbia scattato (e la luce rossa di pronto era accesa) ed altre che abbia notevolmente sotto o sovraesposto (ma qui forse è colpa del E-TTL di Canon che ho sempre ritenuto estremamente fallace e inferiore ai cugini Nikon).

Nel complesso comunque la luce sparata è abbastanza buona e  fa risaltare i colori molto meglio che non con la luce artificiale (piuttosto bassa) delle lampade presenti in sala. Ho provato per curiosità a scattare ad alti iso senza flash e i colori ne avrebbero risentito tremendamente. Forse con pose molto lunghe e iso 100 la cosa sarebbe migliorata, ma non sempre i modelli erano disposti a stare fermi per i 2 o più secondi che i diaframmi chiusi avrebbero necessitato.

La luce è necessariamente piatta e ovviamente frontale; è vero che è possibile variare il ratio tra la parte destra e sinistra del flash privilegiandone una delle due. Ho provato in qualche posa non vedendo (nel display della camera) grandi differenze, ma come ho detto tutto ciò è figlio dell'inesperienza. Molto più evidente invece il risultato, quando ho staccato dalla lente il flash e ho cominciato a tenerlo a mano libera angolato rispetto al soggetto (soprattutto con un ragno in cui la peluria se illuminata frontalmente sparava tantissimo).

L'altro dubbio che mi è venuto dopo pochi scatti è stato "che tipo di foto voglio portare a casa?"; del tipo "scientifico" da libro di scienze, con tutto l'animale a fuoco oppure più creativa, con sfocato e bokeh ben presenti e solo alcuni particolari che potrebbero essere scambiati per tutt'altro? Nella foga degli scatti (anche se avevamo 2 ore a disposizione ed eravamo circa una decina di fotografi, mi sentivo sempre in obbligo di lasciare il posto ad altri e di liberare il campo d'azione) non sono riuscito a darmi una risposta e quindi ho fatto un "misciott" di generi.

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Ragni al Museo Scienze Naturali di Bolzano

 

Infine l'aspetto "etico". Ho avuto molti dubbi se partecipare in quanto sono contrario alla cattività degli animali (zoo, circhi, ecc.) soprattutto se lo scopo è il solo divertimento di un loro simile solo leggermente più sviluppato (e neanche in tutti i componenti!).

Parlando con la gentile addetta del museo, mi ha assicurato che studi e ricerche hanno evidenziato che per gli aracnidi avere cibo a disposizione ed essere in un ambiente "protetto" è la loro condizione ideale (cosa ad esempio non vera per rettili e serpenti). Il fatto che non possano confermarcelo loro stessi a voce, mi fa comunque rimanere nel dubbio. D'altronde il dilemma è analogo a molti nostri pets domestici: la mia Cleo sta meglio in una calda casa coccolata e riverita, dormendo 18 ore su morbidi cuscini e con acqua e crocchette sempre a disposizione, oppure sarebbe più felice scorrazzando libera e non sterilizzata e però con l'ansia di procurarsi il cibo e evitando i mille pericoli? who knows!!

Certo che essere presi, anche se con estrema delicatezza, con delle pinzette per essere riposizionati ed evitare che cadessero fuori dal tavolo non deve essere stato piacevole, e uno scorpione è purtroppo caduto (ma in natura non capiscono quando sotto di loro c'è il vuoto?) molto probabilmente ferendosi. Cosa che mi ha lasciato un po' di amaro in bocca.

Insomma come dice l'amico Walter (che ha partecipato alla precedente edizione con risultati migliori), se questo ragno sembra che mostri il dito medio, non avrebbe tutti i torti :-)

Ragni al Museo Scienze Naturali di Bolzano

Aumentare le prestazioni in write di un Maxtor M3 HDD da 4Tb

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619XFINrVSL._SL1000_Si sa che i backup non sono mai troppi e visto che ormai il prezzo al Giga (o al tera) degli hard disk portatili è calato vistosamente, ne ho approfittato per consolidare la copia del mio NAS casalingo e delle immagini del mio PC e quello di Silvia su un unico supporto da ben 4 Terabytes (da tenere ovviamente in ufficio, ovvero "offline" rispetto a casa).

La scelta è stata molto facile, perché hdd da 2.5" USB 3 portatili con questa capacità ne esistono al momento solo due e sono il Maxtor M3 e il Seagate Expansion. Visto che internamente contengono lo stesso disco, ho optato per la soluzione più economica.

Appena collegato e formattato (i software a corredo li considero inutili) ho fatto qualche test di funzionamento e qualche benchmark di confronto con un Western Digital (però da 3.5") che avevo sul tavolo, notando un considerevole divario di prestazioni in scrittura.

Per riportarmi a livelli di altri hard disk ho dovuto quindi "accendere" la Write Cache di Windows che ha come controindicazione quella di ricordarsi di fare l'eject "pulito" tramite l'apposita icona sul tray in basso a destra.

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Per attivare la Write Cache è sufficiente andare sulle Proprietà del disco (tasto destro, Properties), selezionare il tab Hardware, selezionare il disco (che ci conferma essere un Seagate), di nuovo tasto Properties, tasto Change Settings, tab Policies e selezionare l'opzione "Better Performance" attivando la Write Caching (non attivare l'opzione sottostante in quanto il drive non è alimentato con il suo alimentatore… ho comunque provato e i benchmark non miglioravano).

 

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Con questa opzione attivata le prestazioni sono circa raddoppiate portando il Write da 50/60 MB/s a 110 circa (a seconda dei tool usati; testato con Crystal Disk Mark 6.0, HD Tune e Atto)

Zaino fotografico sportivo per trekking, sci, mtb: Mafrotto Off Road vs Lowepro Photo Sport

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In questa stagione invernale così propizia per neve e panorami dolomitici fantastici, andare a fare qualche gita o ciaspolata senza l'ingombrante reflex e un paio di lenti sarebbe stato veramente un peccato. Inoltre in previsione di giri estivi in (e)-mtb, che l'hanno scorso ho documentato solo con una compattina, e magari di qualche escursione montana con l'amico Walter che gira sempre con 12 kg di zaino, era tempo di pensare ad uno zaino fotografico adatto ad ospitare un mini-corredo e qualche supporto extra-fotografico.

Se lo scopo dell'uscita è prettamente fotografica e il trekking o la pedalata sono solo il mezzo per raggiungere la shot-location, allora il mio consiglio è di affidarsi alla marca per antonomasia di questo settore che è F-STOP. Nei forum degli snowboarder fotografici ad esempio il modello Burtonè uno dei più consigliati ed usati. Il fatto di essere completamente modulabili (si sceglie lo zaino e poi le varie ICU, Internal Camera Unit) ne fa sicuramente il miglior oggetto per backpack travelers o professionisti della landscape/extreme-sport photography.

Nel mio caso, però, la fotografia è un complemento alla gita e quindi mi serviva solo un qualcosa che nella presunta dozzina di uscite annuali mi proteggesse il corredo con un involucro imbottito.  Definito quindi anche un budget non esagerato la scelta si è ridotta a due esemplari, ovvero

Come avrete potuto capire dalle foto l'ha avuta vinta il Manfrotto ma devo dire che sono stato molto indeciso… i fattori che mi hanno portato alla decisione si possono riassumere in questa tabellina di Pros&Cons:

ManfrottoLowepro
Ci sta il corpo reflex con un 70-200 montatonon ci sta montato, ma solo a lato.
Dovrebbe far sudare di meno con la retina sulla schiena, anche se non ho ancora trovato uno zaino che non fa sudarela parte posteriore è in un tessuto molto poco traspirante
Prezzo sensibilmente minore quando l'ho comprato (101€)150€ lo street price
Ha quella fantastica feature della cinghia gialla sullo sternodovrebbero averla tutti gli zaini fotografici!
L'unità imbottita si può estrarre  trasformandolo in uno zaino da trekking da 30Lnon estraibile
La parte lombare è più pronunciata rispetto alla schiena; appena indossato sembra dare "fastidio" poi non lo si nota più e durante lunghi tragitti è molto comododai video che ho visto sembra avere un'ottima indossabilità ed ergonomia e stare molto fermo e compatto
scomparto per borraccia o thermos (come il lowepro) ma non il camelback, peccatoha un camel-back integrato, comodo…
La tasca nella parte superiore è accessibile solo aprendolo; scomodolo scomparto superiore ha una cerniera facilmente accessibile
Pesa molto di più: 1900grpiù leggero: 1500gr

71RbffFPgTL._SL1000_

81AdjUuQ3mL._SL1500_

datasheet1

datasheet2

 

Entrambi sono disponibili in una versione più piccola da 20L, ovvero il Lowepro Photo Sport 200 AW II e il Manfrotto MB OR-BP-20GY. Se siete possessori di una Mirroless e di obiettivi più compatti, questo è lo zaino giusto; per "gli antichi" come me :-) che usano ancora la reflex invece è troppo piccolo.

Descrizione del Manfrotto Off-Road

Non è mia intenzione fare una lunga disanima di tutte le caratteristiche di questo zaino, in quanto sono molto più esplicativi i numerosi video su Youtube che si trovano che fanno vedere dal vivo le varie tasche, taschine, cinghie, regolazioni, ergonomia, ecc. Ecco comunque alcune considerazioni:

Nello scomparto imbottito riesco a farci stare un corpo reflex Full Frame e la tripletta che dovrebbe bastare per qualsiasi viaggio fotografico (uno zoom grandangolo come il 17-40 o il 16-35, un tuttofare come il 24-105 o 24-70 e un medio tele come il 70-200, montato sul corpo in versione f4, staccato anche in quella più voluminosa f2,8). È molto più facile che viaggi con il 24-105 attaccato e il 70-200 a lato. La profondità comunque fa si che due lenti ci stiano benissimo in uno dei due scomparti che sono divisi da un setto con velcro. Solitamente tendo a mettere il corpo nello scomparto superiore sia perché leggermente piú largo, sia perché ogni tanto "appoggio" lo zaino a terra un po' violentemente e la reflex costa più delle lenti!

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L'unità, come in tutti gli zaini/borse sling, è accessibile di lato,  permettendo di non togliere lo zaino del tutto ma di farlo scivolare solo sullo spallaccio sinistro

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  • Nella parte superiore ci stanno tranquillamente un sacco di indumenti di ricambio anche ingombranti come pile e felpe, più vari accessori (es. in configurazione sci-alpinismo o freeride ci sta la pala, per le ciaspolate le ghette e in mini-ramponi per le scarpe, per la bici tutti i vari tool, camere d'aria, pompa, ecc.). La "scomoda" tasca superiore per portafoglio, documenti e che di solito contiene il rain-cover è accessibile solo dall'interno aprendo lo zaino. Può essere un vantaggio in fatto di sicurezza anti-furto, ma l'avrei preferita esterna.
  • Gli elastici sul davanti tengono fisse eventuali racchette da sci/trekking o anche piccoli treppiedi/monopiedi. Io sto usando un cinese OBO con testa a sfera alto 145cm. (simile a questo che Andoer rimarchia) che non è un mostro di stabilità ma è sempre meglio del mio monopiede o di un altro mini-manfrotto che possiedo ma la cui testa a vite è troppo debole per la mia reflex. La stessa Manfrotto nei vari video e foto ci abbina questo leggero MKOFFROADB, ma temo che più di una compatta o di una gopro, non possa reggere.
  • La retina destra contiene un thermos da mezzo litro ben fissato; può essere comunque molto utile per farci stare un mini-treppiedi più saldo e fisso.

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  • Le due tasche poste sul davanti (sulle "ali" che si chiudono) sono molto comode e ottimamente accessibili anche con i guanti grazie a generose e grandi asole sulle cerniere; quella di destra è imbottita anto-graffio e io ci metto lo smartphone (che uso spesso come navigatore con l'app Viewranger), in quella di sinistra ci sta comodamente una compatta (di backup?) o vari accessori

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  • La feature più geniale e comoda è una fettuccia posta più in basso di quella classica di chiusura sullo sterno che permette di "appendere" la macchina senza che la sua tracolla aggravi i muscoli del collo. La si lascia un po' lasca per consentire di farci passare l'obiettivo et voilà.. durante le camminate resta ben adesa al corpo e la nostra cervicale è salva!

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Uso sul campo

Questo capitolo andrebbe scritto tra un anno dopo svariate uscite ed esperienze d'uso. Quello che posso dire dopo averlo usato in qualche occasione e in "sport" diversi è che compie bene il suo lavoro, proteggendo l'attrezzatura e restando ben saldo e fisso sulla schiena anche nelle discese (sci e mtb). Certo per il peso non lo consiglierei a uno scialpinista o a freeriders che devono pellare (tra l'altro non ha attacchi per gli sci come ad esempi hanno alcuni Evoc) così come non è provvisto di paraschiena integrato, ma penso che se si va in giro con l'attrezzatura, non ci si prenda grossi rischi. Se sulla neve il rischio di sporcarlo è remoto, così non è in bici, ma il colore chiaro e delicato è forse il motivo per cui l'ho trovato sottocosto (altri colori costavano di più).

 

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Big One - Pink Floyd Tribute Band

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Dopo una precedente esperienza di quattro anni fa con i Pink Over, curiosamente sempre al Teatro Comunale di Bolzano e sempre con il caro amico Pierluigi che ringrazio per il coinvolgimento, ieri ho avuto il piacere di assistere ad un concerto di una fra le più accreditate Tribute Band dei Pink Floyd a livello europeo, i Big One.

Copio e incollo dal loro sito la loro "profile-story" perché non saprei esprimerla meglio:

I Big One - Pink Floyd Tribute hanno come obiettivo la riproduzione più fedele possibile delle sonorità e degli arrangiamenti dei Pink Floyd, utilizzando una strumentazione vintage e una struttura tecnica (audio, luci e video) molto qualificata, per cui lo show risulta perfettamente in armonia con l'immaginario Floydiano. Il repertorio proposto negli spettacoli attinge a piene mani dai classici di tutta la produzione dei Pink Floyd, spaziando dal periodo psichedelico dei primi anni 70 (Ummagumma, Atom Heart Mother, The Dark Side of the Moon, Wish You Were Here, Animals, The Wall...) fino agli album più recenti (The Division Bell, The Endless River), e ha come obiettivo la riproduzione il più fedele possibile di sonorità e arrangiamenti con i quali David Gilmour, Roger Waters, Syd Barrett, Nick Mason e Rick Wright hanno fatto la storia della musica rock.

01-IMG_4948

02-IMG_4937Ed in effetti la prima cosa che salta… all'orecchio è proprio la fedeltà all'originale che è stata impressionante. Dopo un breve "riscaldamento" con un medley di due pezzi classici tanto per far capire a neofiti come Silvia di chi stiamo parlando (ah si, questa la conosco…), la prima parte del lungo spettacolo -quasi tre ore tra bis e intervallo- era dedicata all'album Animals. Scelta "azzardata" e coraggiosa se confrontata con altre tribute band che preferiscono spaziare nel più famoso universo "del muro", ma da parte mia ho molto apprezzato in quanto mi ha fatto riscoprire un album che in confronto ad altri conosco e ho ascoltato poco. I lunghi assoli di chitarra contenuti in Pigs, Dogs, Sheep hanno subito fatto risaltare la "grande manetta" della chitarra solista di Leonardo de Muzio, che anche con la voce se la cava assolutamente bene e con un timbro molto simile a David Gilmour. Io non sono sicuramente la persona giusta per giudicare lo skill di un chitarrista, se però l'assolo finale di Confortably Numb  ti fa partire la pelle d'oca e continui a risentirlo nella testa fino a pochi secondi prima di addormentarti, a me basta e avanza…

Nella seconda parte invece la scaletta ha proposto un "best-of" che come giustamente ha fatto notare il front-man è molto difficile da scegliere nel vastissimo repertorio di successi della band inglese. Si è spaziato nella ultra-quarantennale carriera (da Atom Hearth Mother del 1970 a The Endless River del 2014) tutte con ottimi risultati e ripeto con grande maestria tecnica di tutti i componenti della band anche di quelli intervenuti poco come il sassofonita Marco Scotti che ha alternato magistralmente i due tipi di sax in Shine on your crazy Diamond. Leggermente "defilate" e presenti solo come background (anche se senza una sbavatura) le due coriste; qui forse l'altra band (i Pink Over) aveva una marcia in più, ed infatti The Great Gig in the Sky è un ricordo che ho ancora ben impresso (oddio, magari anche Elena Cipriani e Debora Farina la sanno fare benissimo ed è una scelta voluta non includerla…).

Durate il concerto, proprio a causa della perfetta riproduzione e somiglianza dei brani e anche recentemente parlando con l'amico -e ottimo batterista- Roberto che mi segnalava questo fantastico medley di una "non-tribute-band" mi è sorto però un dubbio.  È meglio "to-tribute" o "to-cover" ?

Personalmente sono un grande amante delle cover anche "estreme" e stravolgenti (così come delle versioni Live dove certi artisti strapazzano i loro pezzi), certo è che quando si parla di mostri sacri come appunto i Pink Floyd o i "miei" Queen bisogna andarci con i piedi di piombo. Però il rischio se si è troppo perfetti e "pedissequi" è di farmi pensare, va beh, allora tanto vale che mi ascolto l'originale. Non è stato il caso di ieri sera, perché il coinvolgimento di un live, le luci, la buona acustica (tranne forse la voce leggermente "sporcata") sono comunque fattori decisivi, ma un minimo di personalizzazione in più, come ho intravisto nei riff di chitarra di Money, lo avrei comunque gradito (ribadisco, opinione puramente personale, magari lo scopo e il fine ultimo di una famosa tribute-band è l'opposto!).

Complimenti dunque a tutti i componenti della band (che non cito nelle didascalie per timore di confonderli) e buon proseguimento per le prossime date.

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Thok Mig Bike Test

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Oggi grazie all'istrionico Vinicio, titolare del favoloso negozio Rush E-Motion Bike di Bressanone (maggiori info sotto), sono stato invitato a testare le e-bike dell'italianissima casa costruttrice piemontese Thok.

Dopo aver letto molte lodi su siti e forum, ero molto curioso di provare quella che viene considerata una delle bici più riuscite a livello di geometria per un uso all-mountain/enduro; senza entrare nei dettagli che si trovano tutti sul loro sito, si tratta di una trail-bike con escursioni 140mm dietro e 150 davanti, esattamente come la ebike Cube che ho usato per tutta la scorsa stagione. Essendo equipaggiata col motore Shimano Steps E8000, ho finalmente potuto  fare un giro "serio" abbastanza per poter fare alcuni confronti con il mio Bosch CX.

Sono stato super fortunato a riuscire ad avere una MIG-R (la versione con componenti migliori rispetto alla "base" MIG già comunque montata molto bene) e oltretutto in taglia S, dimensione che nei bike-test è raro trovare.

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Fatto un egregio setup di SAG dal collaboratore di Thok Jacopo, sono montato in sella e dopo 2 secondi mi sono subito reso conto che è una bici molto corta e "compatta": tra tutte le e-bike che ho provato è stata quella che mi ha dato da subito un feeling da "bici normale, vuoi per il carro corto, per la batteria sapientemente nascosta alla vista, per la compattezza del motore Shimano rispetto all'obbrobrioso Bosch e soprattutto per il peso inferiore di 2 chiletti rispetto alle altre, mi è sembrato veramente di essere in sella ad agile e scattante muscolare.

Partiti in 7 rider per un bel giro intorno alla cittadina di Bressanone, abbiamo cominciato a salire, dapprima sentieri "dolci" per poi incrementare di pendenza e di difficoltà tecnica, affrontando single-trail con tornantini (Spitzkehren) dal fondo non proprio asciutto. A parte un paio di casi dove ho dovuto mettere giù  il piede (anche perché girando quasi sempre da solo o per primo non sono abituato alle "colonne"), devo dire che sono riuscito a salire anche le rampe più impervie, a testimonianza che i 74,5° d Seat tube sono sufficienti per una agile pedalata in salita. Certo mi è capitato più spesso del previsto che la ruota davanti si alzasse  a causa del ridotto chainstay di 450mm, ma stando molto più bassi di sterno sullo stem la cosa si risolve facilmente. La geometria corta, soprattutto di carro, nelle ebike è un po' un coltello a doppia lama: è vero che rende reattiva e giocosa la bici in discesa, ma siccome si affrontano grazie al motore pendenze molto più alte di prima, in salita il rischio alleggerimento dell'anteriore è sempre in agguato.

Non mi è piaciuta molto la Maxxis Rekon (da 2,8" essendo le Thok delle "Plus"), sicuramente tenuta troppo gonfia per i miei standard, ma mi ha ricordato una vecchia Schwalbe Rock Razor che avevo usato, ottima per scorrevolezza, ma appena l'igrometro segna qualche punto di umidità, subito in crisi. La classica accoppiata Maxxis DHF + la DHR II (che la thok monta all'anteriore) a mio avviso avrebbe più senso.

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Alla fine della salita…i neofiti, oltre al sorriso a 32 denti, si meravigliano che anche con l'ebike si faccia fatica e si sudi!

03-IMG_5192A questo punto è iniziata la discesa e la goduria. Come anticipato, bici dal carattere estremamente reattivo e giocoso, che si gira in un fazzoletto, si piega molto facilmente e comunque stabile sul dritto e il veloce; sarà stato l'effetto placebo di sapere che pesa "poco" ma mi sembrava veramente molto più leggera della mia, cosa che mi faceva tentare qualche abbozzo di nose-press o di manual (vanificato dalla "scarsitudine" del rider!).

Molto buoni sia come potenza che come modulabilità  i freni Shimano XT a "soli 2 pistoni" (è appena uscito il modello a 4 pistoni, ma già questo per pesi piuma come i miei bastano e avanzano) con dischi icetech da 203; a causa delle discese non lunghissime non ho constatato il noto difetto di avvicinamento delle leve alle manopole (non sono costanti nella distanza del pompante insomma) difetto che comunque contraddistingue anche i miei ben più cari Magura MT7.

Sul reparto sospensioni Rock Shox (Lyrik RC Boost da 35 davanti e ammo metrico Deluxe RL dietro) non me la sento di dare giudizi. Troppo importante il tuning e i piccoli cambiamenti che si devono fare nel corso di almeno 4 o 5 uscite per tararlo come piace a te. Io ad esempio preferisco rinunciare a un po' di progressività per avere maggiore "plushness" togliendo o limitando i token e stando qualche psi più basso. Il setting di oggi era per me un pelo "duro" ma andava più che bene per un giro di test.

Motore Shimano Step E8000

Un giro di un'ora e mezzo non può certo considerarsi sufficiente per esprimere un giudizio definitivo sulla parte più importante di una ebike e sui gusti e preferenze di una marca rispetto ad un'altra.  Il comportamento di un motore inoltre è fortemente condizionato dallo stile di guida, dalla condizione fisica, dallo skill tecnico e soprattutto dal "mood" psicologico che un utente di ebike mette in campo nei suoi giri. È ormai noto ai più che Brose e Shimano sono motori che fanno felici chi vuole una pedalata più simile possibile alle bici tradizionali (non da ultimo anche come silenziosità), al contrario di Bosch che accontenta anche il popolo dei "sovrappeso non allenati" con il suo esubero di potenza.

La prima grossa differenza che ho trovato sono il numero di livelli di assistenza, che qui sono 3 al posto dei 4 del mio motore. Se dovessimo fare una matrice di comparazione i 3 livelli Eco-Trail-Boost, equivalgono grosso modo a Eco-Tour-Turbo di Bosch, lasciando quindi scoperto il penultimo che in passato era Sport (200% di assistenza) mentre da luglio dell'anno scorso è stato sostituito dall'adattivo E-MTB che qui ho recensito.

Ecco se dovessi dare un giudizio sommario (ripeto basato su un solo giro di test) è che mi sembra ci sia un po' un buco tra i livelli Trail e Boost. Spesso su rampe ripide ho sentito che Trail "era poco" e Boost "era troppo"; visto la poca aderenza del fondo di oggi alla fine ho quasi sempre usato Trail per evitare pattinamenti della ruota posteriore ed è vero che sono salito ovunque, ma è anche vero che il log del cardiofrequenzimetro ha segnato dei picchi oltre i 190 che era un bel po' di tempo che non vedevo. È comunque da rimarcare che il motore Shimano, così come il Brose, sono customizzabili a livello di potenza con una semplice app, quindi molto probabilmente penso che riuscirei a trovare un feeling simile al mio attuale. È anche vero che il modo "adaptive" dell'EMTB di Bosch (più dai, più lui restituisce) e il suo "anti-pattinamento" nelle partenze mi sono un po' mancati in qualche frangente, ma è sicuramente questione di abitudine.

Non mi è piaciuto per niente invece il comando "stile deragliatore" per salire o scendere di livello, ho fatto molta fatica ad abituarmi e dovevo spostare continuamente lo sguardo dalle leve (peraltro molto vicine al comando del reggisella) al display -bellino e a colori- posto centralmente. Preferisco di gran lunga il mio Purion con due tastoni + e – subito sotto il pollice e integrati vicino allo schermo.

Il giro è stato troppo corto per valutare l'autonomia; con 15km e 650 D+ sono arrivato con 4 tacche su 5 con l'incognita di sapere quando si sarebbe spenta la quarta.

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Arrivo sotto il Duomo di Bressanone, leggermente bagnati ma felici.

In conclusione non posso che tessere le lodi e confermare quanto letto su questa Thok Mig. Veramente una gran bici divertente dal rapporto prezzo-prestazioni molto buono. È vero che ci sono (poche) marche che nell'intorno del prezzo della MIG-R (5.250€) offrono il top dei componenti se non altro come prezzo di listino (Fox Factory, gruppo Sram EX1, freni Saint), ma la maggior parte dei brand per una bici montata allo stesso modo e con queste prestazioni telaistiche chiedono molto ma molto di più (arrivando a follie da 10/12k € !!).

E soprattutto, vale la pena ricordare, che è un progetto MADE IN ITALY, cosa che schifo non fa.

Relive 'Thok Mig Bike Test Bressanone'

Rush E-Motion Bike

In calce a questo test, volevo spendere due parole su questo "piccolo ma grande" negozio nato recentemente in quel di Bressanone per volere del coraggioso titolare Vinicio Terranova. Coraggioso perché già iniziare un'attività imprenditoriale di questi tempi è da encomiare, se poi lo si fa partendo dalla calda Sicilia e andando a sfidare il freddo popolo sudtirolese in una cittadina a maggioranza linguistica tedesca, beh…tanto di cappello!

Il negozio è un multi-marca (e quando dico multi…Specialized in primis, ma anche Focus, Ghost, Conway, Centurion, Orbea, Norco e ora anche Thok) orientato al settore Enduro/Gravity. I suoi metri quadri sono indirettamente proporzionali alla quantità/qualità di merce esposta; pur non avendo grossi spazi espositivi, la densità di merce che ti viene voglia di comprare è pari a quella dell'uranio 238!! Endura, FiveTen, ION, Oneal, Mavic, Evoc, nel settore abbigliamento/protezioni sono a mio avviso le marche top al momento in questo settore e qui ci sono tutte. Nel campo di componenti e accessori troviamo Maxxis, Muc-Off, Specialized e molto altro… insomma tutto quello che di solito cerchiamo e troviamo nei famosi shop-online, siti che però non potranno mai offrire il Plus che Vinicio ha saputo dare:

Pur disponendo di pochi mq, quanti altri gestori di negozi, ne sacrificherebbero una certa buona parte per farci un "bar" dove offrire gratuitamente birretta, un bicchiere di vino (o anche bevande analcoliche, ma non diciamolo forte!) a clienti e NON?!! In pratica il customer-care portato ai massimi livelli: consulenza pre-sales, assistenza post, giri organizzati in zona e fuori (da poco si è dotato di furgone) ma anche solo e semplicemente una visita e una chiacchierata come era d'uso fare in ogni negozio qualche lustro fa!

Insomma se abitate nei paraggi, fateci un salto e vedrete che non rimarrete delusi.

Bravo Vinicio e in bocca al lupo per la tua attività.

Usare Dynamics NAV da un PC non associato al Dominio

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Vi sono due alternative per usare il client RTC di Dynamics NAV, il cui servizio è configurato per usare CredentialType di tipo Windows, da un PC non joined al dominio .

La primaè di editare il file ClientUserSettings.config presente nella folder C:\Users\<username>\AppData\Roaming\Microsoft\Microsoft Dynamics NAV\90

Andremo a cambiare la chiave ClientServicesCredentialType da “Windows” a “UserName”

<add key="ClientServicesCredentialType" value="UserName" />

FATE ATTENZIONE che nei vecchi file config vi era un esempio con scritto “Username”, mentre è corretto UserName

Teoricamente questo metodo non dovrebbe funzionare, in quanto sia la documentazione ufficiale che i miei consulenti dicono che ci deve essere uniformità tra CredentialType del Client e quelle del servizio (e si consiglia quindi di creare addirittura un’altra istanza, magari solo per un utente!).

Sia a me che ad altri utenti invece la cosa funziona…. l’RTC propone la richiesta di credenziali dell’utente a cui bisogna ovviamente rispondere con NOMEDOMINIO\nomeutente  e la password.

Se a voi non funziona potete usare questo secondo metodo (lasciando a “Windows” il valore della chiave precedente):

Creare un file .bat (es. nav.bat) in cui andremo a scrivere

runas /netonly /user:NOMEDOMINIO\nomeutente  "C:\Program Files (x86)\Microsoft Dynamics NAV\90\RoleTailored Client\Microsoft.Dynamics.Nav.Client.exe"

Lanciando il file .bat compare un prompt di comando dove andare (ogni volta!) a inserire la password; un po’ scomodo ma è un’opzione alternativa al classico “Run as different user” (Shift-Tasto destro sul .exe o sul .lnk sito in C:\ProgramData\Microsoft\Windows\Start Menu\Programs)


Aggiornamento Firmware Bosch 1.8

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21-IMG_0130Dopo qualche uscita, posso dare la mia impressione sull'ultimo firmware di Bosch che all'atto della sua applicazione permette di decidere tra 3 possibili configurazioni:

  • la "vecchia" (pre-lug-2017) eco-tour-sport-turbo
  • l'attuale (1.7) eco-tour-emtb-turbodescritta qui
  • la nuova eco-tour-emtb-turbo ottimizzata per pedivelle <= 165mm

Il target principale è ovviamente chi l'anno scorso ha fatto l'upgrade e vuole tornare al caro e vecchio Sport, oppure chi appunto monta pedivelle più corte anti-zappature e vuole un'erogazione ottimizzata per la minore leva del pedale. 

La terza modalità (che mi riguarda avendo guarnitura da 165) promette una maggior "potenza" soprattutto in eco e tour ed un guadagno di prestazione anche nel Walk, a discapito -ovviamente- di un maggior consumo.

Non trovando informazioni su quanto fosse questo aggravio ho deciso di applicarlo, con l’assicurazione del negoziante che se fosse stato troppo avrei potuto “tornare indietro” (attenzione non si parla di downgrade ma di successiva  applicazione del Fw scegliendo un’altra configurazione).

Partiamo subito dalla cosa più avvertibile: il walk funziona sicuramente meglio… siamo sempre nell’ordine di una spinta intorno ai 6kmh (questo per non farlo lavorare come “acceleratore” trasformando l’ebike in un motorino) ma se si usa con giudizio (catena sul pignone piccolo, farsi portare dalla bici  e non spingerla), le salite con la bici a fianco risultano meno faticose;  sempre tranne per il tuo pollice e il polso, visto che il comando su Purion , tenere premuto il pulsante +, è veramente scomodo e faticoso.

Sull’incremento della potenza in modalità Eco e Tour è più difficile dire quanto sia avvertibile. Risulta falsata da un effetto “placebo” per cui se ti dicono che spinge di più, ti sembra sia vero. Non avendo un misuratore di Torque e quindi dati oggettivi non mi piace sparare sentenze del tipo “adesso si che va come un missile…”  certo è che la salita di una ripida forestale che faccio spesso in Tour mi è sembrata ancora più rilassante e naturale (ma ripeto, potrebbero essere altre mille condizioni al contorno…)

Sul consumo invece qualche test oggettivo si può fare. Avevo appena fatto un piccolo test per misurare 2 batterie (la mia e quella di mia moglie) e vedere se c’erano differenze e quindi avevo a disposizione un tracciato misto asfalto/sterrato dove avevo segnato il punto esatto (e quindi i metri di dislivello che sono quello che mi interessa) dello “scadere” delle tacche (che ricordo su Bosch sono 5). Il percorso è stato fatto tutto interamente in TOUR visto che quando voglio risparmiare batteria uso quello (voi direte, perché non ECO? perché imho l’eco di Bosch sulla mia attuale e pesantissima ebike fornisce troppo poco ausilio e se devo fare quella fatica mi tenevo la muscolare :-) )

Per farla breve: il nuovo firmware NON fa consumare di più, anzi nel test addirittura sono riuscito a fare qualche metro di più (è veramente incredibile comunque la ripetibilità del consumo, con lo scarto di qualche metro sarei in grado di predire quando le tacche si spengono!)

Come si vede dalla foto, sia con la 1.7 che con la 1.8 riesco a fare circa 420/430 metri D+ a tacca; finora ho sperimentato la linearità fino a 3 tacche (quindi la terza mi si spegne un po’ prima dei 1300mt; dire che ho la possibilità di fare 2000mt in Tour è sensato ma non ho ancora mai provato).

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In conclusione siamo di fronte a una release che non ha portato grandi improvement come l’anno scorso; presumibilmente Bosch si sta tenendo il grosso botto per il nuovo motore che equipaggerà le bici 2020.

Buon decimo compleanno a Kuro e compagni

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Era l'8/8/08 ossia esattamente 10 anni fa quando (venduti da un rivenditore chiamato Otto!! il manager di OnlineStore, non scherzo) entrò in casa l'allora mitico KURO insieme ad un ampli Onkyo, a una PS3 e ad un telecomando universale Logitech Harmony.

Poco dopo si aggiunse un BD/DVD player (che fa anche da client DNLA per gli mkv/mp4 del NAS), la PS3 - pur rimanendo come soprammobile da spolverare - è stata sostituita da liquide chiavette ChromeCast e FireTV, l'iPod fa ancora il suo dovere in macchina (unica sua colpa il costringermi a usare quella m... di iTunes), lo Skybox è diventato MyHD e fra pochi giorni diventerà uno SkyQ Black, il telecomando resiste come un giapponese assediato da compari Bluetooth.

I main devices (tv, ampli, e casse Chario) sono ancora quelli di 10 e più anni fa e nel campo dell'elettronica di consumo di solito sono ere geologiche. Il prezzo che pagai per la tv fu di 3,5k circa, da molti venni deriso per l'alta cifra quando si cominciavano a vedere LCD a 1/3 di quel prezzo... Beh, dopo 3650 giorni, quell'1€ al giorno (o quei 25/30cent/ora) sono stati i soldi spesi meglio, dato che solo da poco nei centri commerciali vedo apparecchi che mi potrebbero far pensare ad un upgrade (parliamo di OLED 4k ovviamente). Unitamente alla reflex FF cambiata anch'essa dopo 9 anni, e al notebook durato 5 mi rinfranca vedere che i tempi dell'obsolescenza si stanno un po' dilatando. Il detto “chi piú spende meno spende” forse non è del tutto sbagliato o forse sono cambiato anch'io a non volere più il giocattolo nuovo! (poi penso alla bici cambiata dopo solo 15 mesi e dico ...no!!)

Quello che è cambiato sono ovviamente le fonti. I dischetti fisici sono ormai nel dimenticatoio e tra poco lo saranno anche i file scaricati e visti offline; Sky resiste con il SAT ma l’ondemand e Sky Box penso che prendano l’80% di ciò che vedo da questa piattaforma; ormai è tutto streaming con Netflix, Amazon PrimeVideo, TimVision, Youtube e RedbullTV a fornire più contenuti di quanto non riusciremmo a vedere in N vite!

Nel frattempo non posso che dire… Domo Arigato Kuro !!

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Chromebook vs Tablet vs Notebook

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05-IMG_0233Da molto tempo ormai, quando mi scrivono o mi telefonano (tramite il filtro del centralino) società che vogliono propormi un sondaggio o parlarmi dei loro prodotti io rispondo sempre “il mio tempo ha un costo, cosa ci guadagno?”. Google mi ha spiazzato dicendomi “ti regalo un Chromebook”!!  Dopo circa un mesetto dalla chiaccherata sulla loro nuova piattaforma Cloud (anche interessante tra l’altro), quando ormai me ne ero già dimenticato, ecco arrivare il pacco contenente un HP Chromebook G5 11 EE.

Non vorrei dilungarmi molto sulle specs, né farne una review approfondita, quanto fare un paio di considerazioni sull’utilizzo di questo tipo di dispositivi comparandoli a un normale notebook Windows o a un classico Tablet Android.

Innanzittutto di cosa stiamo parlando? di un mini-notebook con schermo da 11,6” NON touch, tastiera fisica, un processore poco performante (un Celeron da 1,6Ghz), 4Gb di Ram e 16 di eMMC. Una volta si sarebbero chiamati netbook ed in effetti non è molto differente da quello che ben 10 anni fa andai a comprare e usare per qualche periodo. E già questo dovrebbe far riflettere. La novità principale sta nel sistema operativo, non più una versione di Windows bensí qualcosa di più leggero e snello (ChromeOS) nato appunto per hardware poco performanti e economici. La sigla EE sta infatti per Education Edition e nell’intenzione di Google e dei costruttori come HP è una macchina pensata da dare in mano (gratis o a canone mensile) a frotte di studenti di primo pelo o a mercati di primi alfabetizzazione informatica come i mercati africani ad esempio.

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Nella mia ignoranza pensavo che ChromeOS  supportasse solo il browser Chrome e poche altre app, mentre ho appreso con soddisfazione che già da un po’ è compatibile con tutte le app Android, cosa che lo rende un po’ più interessante e usabile e non solo macchina da navigazione sul divano.

Nel poco uso che ne ho fatto, le app come Gmail, Youtube, Evernote, la suite Docs/Sheet/Slides e altre hanno girato senza problemi; la mancanza più grossa è forse la poca risoluzione (1366x768) a cui non siamo più abituati e anche la mancanza del touch, visto che da poco lo ho anche sul notebook, e quando hai il device in mano o sulle ginocchia ormai il ditino è abituato a correre allo schermo.

Se nell’ambito lavorativo (per il mio tipo di lavoro) è ovviamente inutilizzabile perché poco potente, in quello casalingo potrebbe avere un suo perché, anche se un tablet gli è superiore per ergonomia e possibilità di rotazione in portrait mode.

Resta forse un ambito dove potrei usarlo: in viaggi brevi dove il notebook è troppo (anche se il mio ultimo Dell 5530 è abbastanza sottile e “leggero”) e il tablet con tastiera bluetooth integrata (che tra l’altro ho solo in versione inglese) è ergonomicamente scomodo.

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Pesi

Come si evince dalle foto sovrastanti e dalla tabellina qui sotto, “size does matters”. Non sono un fanatico del grammo come l’amico Thomas, ma è indubbio che in tempi di compagnie aeree sempre più restrittive sui bagagli risparmiare un kg può fare la differenza tra pagare o no l’overweight. Come vedete ho pesato il tablet da solo e in configurazione da viaggio che significa almeno una cover da tenerlo in piedi e una tastiera bluetooth.

Notebook1974 gr.
Chromebook1164 gr.
Tablet504 gr.
Tablet + Cover696 gr.
Tablet + Cover + Tastiera881 gr.

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Conclusioni

Non è di sicuro un qualcosa che avrei mai comprato, però in certi ambiti può avere il suo perché. Oltre a quelli menzionati non escluderei i nostri cari di una certa età. Sicuramente è piú semplice da usare perché basta configurare quelle 3 icone che si usano (Chrome, Posta e poco altro) nella launchbar e non serve altro. Più sicuro (non mi sono documentato ma immagino che ci siano –data la minor diffusione- meno malware e virus), più veloce negli shutdown e startup (8 secondi) e presumibilmente con più autonomia (lo sto usando da un po’ di tempo e ancora non l’ho mai caricato).

Trek Powerfly LT 9 Plus

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Brevissimo test di meno di un’ora su questa ebike della casa americana che il mio negozio di fiducia Sanvit ha da poco iniziato a distribuire (oltre a Cube, Scott e Pinarello).

La Powerfly LT 9 Plusè una delle ultime e-bike enduro con batteria integrata e motore Bosch CX in questo caso montato orizzontalmente creando un effetto estetico che personalmente non mi aggrada. Molto meglio le versione LT9.9 e LT9.7 in cui l’inclinazione forma col tubo obliquo una linea migliore.

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Ho provato la taglia 15.5 (S): stranamente Trek al contrario di quasi tutti che fanno telai da 16” e 18”  per le taglie S e M propone 3 alternative: 15.5, 17.5 e 18.5. Guardando il sito, Trek consiglia la più piccola a gente più bassa di me (ne esistono??) e per la mia altezza propone una 17.5. Cosa che sia io che l’addetto allo stand del test Bike abbiamo considerato una cavolata.

03-2018-09-08 16.06.41Inforcata la bici in effetti, me la sono sentita subito corta e raccolta, forse grazie anche al pronunciato back-sweep del manubrio. Nel contempo erano anni (cos’erano? aaaaannni, cit.) che non mi piegavo in avanti così tanto (pur avendo due spessori sotto lo stem). Impostazione race da XC insomma, cosa che alla lunga sicuramente non mi piacerebbe (avevo già male al collo dopo pochi minuti). L’handling in discesa così raccolto e reattivo è invece un toccasana: mi ha ricordato molto la Thok Mig che avevo provato qualche mese fa. E il fatto di essere comunque molto caricato sul davanti, non può che far bene alle prestazioni e alla tenuta in curva dell’anteriore. Discesa quindi 9, confort in piano e salita 6 (ma ancora una volta, su una rampa cattiva e ripida l’anteriore caricato non si è alzato, quindi salita tecnica 8).

Per il resto non mi soffermermerò su ogni componente ma vorrei dare un paragone con quelli della mia bici che causalmente ha lo stesso prezzo di listino (quindi della stessa “classe” e categoria)

Forcella Fox Performance 36 Float, GRIP: porca vacca!! Va moooolto meglio della mia (una Fox 36 Float Factory FIT4 2018) soprattutto negli ostacoli piccoli e a bassa velocità. In pratica dove Pike e Lyric hanno sempre eccelso mentre Fox, forse (dico forse) solo con le versioni 2019 ha trovato la quadra. Questo conferma che: cartuccia 2019 molto meglio di 2018, GRIP meglio che FIT4, Factory (e #KashimadiStuCazzo) battuta dalla più economica Performance.

Ammo RockShox Deluxe RT3: probabilmente settato un po’ duro per il mio gusto plush, ma mi è parso equilibrato e molto progressivo.

Freni XT a 4 pistoncini: potenti!! anche troppo, soprattutto il posteriore! E poco modulabili, insomma molto on/off. Questa mattina ero con la mia in un bike-park e avrei eretto un monumento ai miei Saint per come si comportano: best brakes ever!

Ruote da 40mm con copertoni Plus 2.8: la configurazione che avevo l’anno scorso mentre quest’anno il downsizing che ha colpito molte case mi ha regredito a un 2.6” su cerchio da 35mm. Oh… non c’è niente da fare: a me i gommoni grossi piacciono e tornerei volentieri indietro. Purtroppo mettere un 2.8” sul mio cerchio da 35mm non ha lo stesso effetto e resta molto smilzo. Questi Bontrager XR4 non mi sono sembrati male, ma il test è stato troppo breve per dare un giudizio.

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Cassetta SRAM GX 12 speed 11-50: qui ero molto curioso. Io monto la EX1 da “soli” 8 rapporti (11-48), i due denti in più del 50 erano pareggiati dalla corona da 15 mentre io monto una 14 .  La curiosità era data dal fatto se con 4 rapporti in piú si sentisse molto il beneficio di trovare sempre il ritmo e la cadenza desiderata. Risposta: SI, ma ANCHE TROPPO! Nel senso che girando da due anni con 8 rapporti, averne 12 mi ha sorpreso in negativo, tutte quelle volte che dovevo scalare o salire velocemente di rapporto ci mettevo n click e troppo tempo. È vero che forse, abituato al fatto che il mio EX1 cambia di un solo rapporto alla volta, non ho “tenuto giù” il manettino per fare salire e scendere velocemente la catena. Però mi sono ritrovato piú volte a desiderare un certo rapporto (magari il più agile o il piú duro) e di metterci un casino di tempo per raggiungerlo. Nulla da dire invece sulla precisione della cambiata (che con 12 rapporti facile non è). Alla fine il test mi è servito a rivalutare e apprezzare il mio EX1

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Reggisella Bontrager Line: pessimo! il manettino forse non era regolato nel migliore dei modi, ma ci voleva comunque troppa escursione e forza nel pollice. Anche il reggisella stesso non mi sembrava un fulmine nella discesa; insomma mi tengo stretto il mio Fox Tranfer che va benissimo.

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In conclusione un’ottima e-bike (e ci mancherebbe considerata la marca e il prezzo vicino ai 6k). Mi sarebbe piaciuta provare la versione Carbon, ma forse meglio così, sia mai che dopo mi innamori del materiale che fa schizzare il prezzo ancora più in alto.

Mi resta il dubbio se Trek per la mia stazza, abbia un modello giusto. Questa S l’ho sentita al limite del piccolo, mentre la 17.5, pur senza provarla, ho la quasi certezza che mi sia grande. Bene comunque ha fatto Sanvit a prendere una terza alternativa nel settore e-bike (soprattutto visti i scarsi rispetti dei tempi di consegna della casa germanica cubista!), chi comprerà un e-mtb di questa marca non rimarrà di sicuro deluso!

PS sorry per la qualità delle foto fate con smartphone e in super-fretta

Ritrovare uno smartphone Samsung Android perso tramite coordinate GPS

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Il Problema

Alcune settimane fa, ho avuto la (s)piacevole avventura di perdere il mio smartphone Samsung in mezzo al bosco durante un giro in MTB. Colpa della fretta non avevo chiuso bene la cerniera della taschina dello zaino Evoc dove di solito lo ripongo e al primo saltino (more later…) se n’è uscito atterrando sulla soffice erba ai lati del sentiero.

Me ne sono accorto circa 2 ore dopo quando cercando un barretta da mangiare ero già molto lontano sia dal posto che da casa. Abortito quindi il giro che stavo facendo (se mia moglie non mi avesse sentito per tutto il giorno avrebbe scatenato la Protezione Civile…) sono arrivato a casa dove, dopo una telefonata a vuoto che mi confermava che era accesso e non in possesso di nessun buon samaritano, ho cominciato dal PC la ricerca con i due tool di Find messi a disposizione da Samsung (Find my Mobile) e da Google (Find my Device).

È ovviamente necessario avere a disposizione le password dei vostri account samsung e google; vedo ancora molte persone (figurarsi nei momenti di panico e fretta) che non sanno neppure con quale mail si sono registrati o che password hanno usato. Quindi o buona memoria o, meglio, un gestore di password aggiornato (keepass, lastpass o anche quelli offerti dai browser come Chrome).

La  (s)fortuna ha voluto che il punto in cui l’avevo perso fosse lungo un sentiero senza molti riferimenti nei pressi; capivo in che zona era, ma non il punto esatto in quanto non c’erano altri riferimenti o incroci sulla mappa. Essendo inoltre da solo (Murphy!) e senza un secondo smartphone con sim (ne avevo di vecchi ma senza connessioni dati), non potevo usarlo come riferimento “qui sono io, il telefono perso è qui e mi sto avvicinando…”. L’unico ausilio che mi è venuto in mente era di ricavare le coordinate GPS e impostarle sul mio ciclocomputer Garmin Edge 800 per farmici portare.

Ebbene nessuno dei due servizi, da browser, fornisce le coordinate!! Un’idiozia bella e buona.

Quello che mi si presentava era una cosa del genere (gli screen sono stati fatti a posteriori posticci solo per motivi di spiegazione), utile ovviamente per individuare la zona, ma non il punto preciso, visto che cliccando (o right-clicking) sul pushpin non vengono date le coordinate.

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Samsung con mappe Here

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Samsung con mappe Openstreet

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Servizio Google con ovviamente mappe GoogleMaps

E la cosa è veramente stupida perché il GPS del device era accesso quindi al servizio sono arrivate delle coordinate precise (non l’intorno di una cella telefonica o l’ultima wifi), quindi a quel punto perché non visualizzarle ?? E soprattutto per Google, perché non usare la stessa interfaccia web di google maps che cliccando un punto di interesse visualizza le coordinate in alto a sinistra?

La soluzione del momento

Incazzato oltre che della mia stupidità di quella di chi progetta questi servizi, sono partito comunque “alla cieca” confidando in due cose: se non l’avevo perso subito uscendo di casa, voleva dire che dovevo aver fatto qualche movimento brusco per “attivarne” l’espulsione, inoltre pur non essendo un sentiero frequentatissimo, la possibilità che in circa 5 o 6 ore nessuno lo avesse ancora visto e raccolto era minima, a meno che… non fosse successo sul quel mini-drop che faccio ogni tanto e per cui bisogna uscire  5 metri dal sentiero per tentare di  “sgheppare” (alla Riotti). La buona conoscenza di ogni metro di Monticolo  (d’altronde “li ho fatti tutti”)  e una sana dose di culo me lo ha fatto ritrovare proprio in quel preciso ed esatto punto nell’erba che mi stava aspettando con un led lampeggiante: bloccato (anche dallo spegnimento), con un messaggio di ricompensa e info per la restituzione, con un solo numero telefonico fattibile (quello di Silvia) e in modalità Energy Save che mi avrebbe dovuto consentire almeno 2 giorni di ricerca. In questo caso tutto è bene quel che finisce bene, ma vediamo quali sarebbero stati i passi giusti da fare.

Una soluzione arrangiata

Quello che avrei da subito potuto fare “alla buona” sarebbe stato usare una pagina di questo sitoSmile.  La feci molti anni fa quando GoogleMaps non forniva le coordinate di un punto al click come fa ora e la uso ancora oggi per la geolocalizzazione veloce di un indirizzo (quando ad esempio devo inserire il pushpin di un nostro distributore sulla mappa della Sales Network).

Tenendo due finestre del browser vicine per confronto e zoommando abbastanza, si riesce a cliccare con buona approssimazione sulla mia pagina e al click viene fornita la coppia di coordinate Lat&Long.

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La Soluzione più precisa

Cercando sulle pagine di support di Google ho scoperto che oltre all’interfaccia web esiste anche un’app Android che fa lo stesso lavoro del sito. Permette di localizzare i device registrati sul proprio account o di fare un login temporaneo di un altro account (ovviamente dovete usare un altro device che non sarà il vostro per vederne i suoi dispositivi) .

Quando il device viene localizzato, cliccando sul suo pushpin, in basso a destra compaiono due icone: indicazioni di come arrivarci e apri con maps. Quest’ultima è la chiave di volta; infatti dalla app Maps è possibile leggere direttamente le coordinate (in alto) o condividere il punto e farselo mandare via mail, whatsapp, ecc.

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Le (non) risposte di Samsung

Prima di procedere ad indagare l’app di Mountain View, avevo provato (ingenuo) a vedere se il supporto Samsung mi potesse essere d’aiuto. Ho iniziato con il support del servizio Find My Mobile, cosa che mi sembrava la più ovvia.

Risposta: rivolgiti al servizio “generico” di Samsung, quello che si occupa di lavatrici, Tv Qled e nanoconduttori! Ottimo.

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Comunque ci provo: mail a Samsung worlwide e al servizio italiano (solo perché sono stato rimbalzato su quella lingua); il primo non ha mai risposto, il secondo invece non ha capito una fava! Come il dispositivo non fornisce le coordinate??? e voi il pushpin come lo piazzate ? random ?

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Ultimo tentativo sul forum: anche qui risposta da ridere… si certo, il gps manderà un json con scritto {lat:46.erotti , long:11.sailcazzo…ci sono alberi!}

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Conclusioni

Spero che questo post non debba mai servirvi, se vi succedesse comunque mantenete la calma e con questi suggerimenti dovreste avere molte più probabilità di trovare il vostro gingillo se ancora non è stato trovato da qualcuno. E se quel qualcuno siete voi… fate il possibile per restituirlo al proprietario, a me è capitato già due volte (una descritta qui e un altro iPhone 6s in una discesa del Bear Trail). Da quest’ultima proprietaria, ho ricevuto solo un grazie sbrigativo (non che volessi ricompense o mance), ma dal Karma un paio di anni dopo ho riavuto il mio telefono!

Huawei e la sfida del video streaming

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Che la partita, per molti, si stia giocando a colpi di contenuti video è ormai evidente. A questo si aggiunge un mercato, quello dei dispositivi mobili, che in termini di fruizione da parte degli utenti ha macinato percentuali sopra percentuali nel corso degli ultimi anni.

I report delle aziende specializzate in analisi segnano a ogni nuova uscita il tempo di questo progressivo e costante sorpasso.

L’ultimo Mobile Report della Ericsonn ha messo in luce quanto, in termini di contenuti, i video pesino sulla domanda complessiva degli utenti. Li troviamo sui social network dove rappresentano i contenuti in assoluto più condivisi e li vediamo ogni giorno dai nostri dispositivi mobili che siano le nostre serie tv preferite, film o documentari. Per non parlare dei tanti video presenti sulla piattaforma YouTube.

Parallelamente abbiamo assistito alla crescita costante dall'audience mobile-only, tanto che nel 2017 secondo i dati del GlobalDigital 2018 report dei 3 miliardi di utenti attivi nel mondo 9 su 10 lo hanno fatto da dispositivi mobili.

Ovvio allora che la recente notizia da parte del colosso cinese Huawei di attivare in anteprima per Italia e Spagna una piattaforma di video streaming chiamata Huawei Video, esclusiva per mobile, si inserisca in un preciso piano di espansione in un settore in piena crescita.

L’applicazione dedicata agli smartphone Huawei/Honor equipaggiati con EMUI 5.0 o superiore vi permetterà di scegliere tra un’ampia gamma di contenuti per gli utenti in mobilità. Da quelli brevi, con particolare attenzione alle serie tv italiane ad alcuni più lunghi come documentari o novità cinematografiche. L’attenzione sarà comunque rivolta, perlomeno all’inizio, a un’offerta studiata appositamente per coloro che usufruiscono dei contenuti video da mobile; un chiaro segnale degli obiettivi dell’azienda cinese.

Ma del resto questo è ormai il futuro della Tv e dell’intrattenimento più in generale con operatori che anche nel mondo del gaming online si stanno concentrando su di un’offerta mobile per intercettare un pubblico sempre più connesso, in totale libertà, alla rete.

Il primo esempio in questa direzione è stata la scelta da parte della piattaforma PokerStars, leader mondiale nel settore del gaming online, di offrire ai propri utenti contenuti video accessibili da app mobile grazie al lancio della PokerStars TV. Si tratta di un servizio disponibile per utenti iOS e Android che permette di accedere a dirette streaming di partite e tornei, show televisivi per conoscere tutto quello che c’è da sapere sul mondo del gaming.

Il secondo esempio, sempre tratto dal  mondo del gioco è quello dell’ormai celebre piattaforma Twitch che ha saputo ritagliarsi uno spazio di leader nel mondo dello streaming di videogame che ha ampliato la propria offerta grazie a un’app per dispositivi mobili: la Twitch Tv. Gli utenti possono così accedere ai loro contenuti video preferiti, così come scovare nuovi giochi e scoprire gli streaming più popolari selezionati per area geografica.

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Gaming e intrattenimento del resto la fanno da padrone nel futuro della rete mobile, ma quello che rappresenta una passione e un modo di divertirsi, può diventare anche uno strumento potente per coloro che si trovano, per varie ragioni, in mobilità. Ho già parlato delle mie app Android preferite, ce n’erano alcune dedicate ai viaggi, altre alla fotografia e altre ancora alla musica. Su questa scia oggi voglio proporvi alcune applicazioni per mobile dedicate ai video. Visto che le grandi aziende a partire da Huawei passando da Netflix e Amazon si stanno concentrando sui contenuti video per intercettare nuovi utenti, perché non provarci anche noi.

Un viaggio ad esempio potrebbe essere l’occasione perfetta per sperimentare l’app FilmicPro disponibile per iOS e Android. Uno strumento non certo adatto ai principianti, ma che permette proprio per questo di creare video o storie se siete appassionati di visual storytelling decidendo ogni singolo parametro. Potete impostare il contrasto o la saturazione, scegliere la modalità di ripresa e potete condividere i vostri video. Insomma uno strumento utile per chi vuole fare sul serio.

Per i più spensierati e giocherelloni consiglio FxGuru: Movie FX Director. Un’app per aggiungere ai vostri video effetti degni di George Romero o Christopher Nolan. Certo l’app non è miracolosa, ma permette di creare video estremamente carichi di suspense in pochi e semplici passaggi.

Se poi qualcuno soffrisse di un’insopportabile nostalgia per il Super 8 la scelta dell’app iSuper8 dovrebbe soddisfare, almeno in parte, la sua ricerca del vintage a ogni costo. L’app non ha molte funzionalità, ma quelle a disposizione permettono di aggiungere filtri per invecchiare i video oltre a offrire la possibilità di registrarli in 12, 18 o 24 fotogrammi al secondo.

Un’ultima cosa. Se proprio vi steste domandando se davvero il futuro dei video sarà da smartphone, perché non guardare Unsane di Steven Soderbergh, visto che l’ha girato con un iPhone 7?

I comandi vocali sono davvero un improvement?

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Con l’uscita sul mercato della gamma di prodotti Echo di Amazon mi sono guardato diversi video riguardanti quello che si può chiedere o far fare all’assistente digitale Alexa.

Qui sotto ne vedete un certo numero e la cosa è abbastanza “impressive”:

 

Se il dispositivo è inoltre dotato di Hub ZigBee come lo è il modello maggiore (Echo Plus), è possibile impartire comandi per fare “compiere delle azioni” la più classica e sfruttata di tutte è l’accensione di una lampadina, così come di un termostato o di un altro device interfacciabile tramite le “Skill” (plug-in con cui è possibile aumentare le capacità di Alexa).

Escludendo le situazioni in cui la cosa può essere di aiuto ad esempio ad un disabile o ad un infortunato che non può alzarsi per azionare un interruttore, mi sembra che al momento sia più una cosa da nerd/geek che un vero e proprio progresso e cambiamento di vita.

Il tempo tra pronunciare il comando, attendere il lag dovuto alla trasmissione di rete che anche se minimo esiste e l’azione del comando vero e propria, confrontato a quello che può fare il click di un dito su un pulsante o un telecomando è notevolmente maggiore.

Se i comandi vocali sono utilissimi in macchina, dove è bene distrarsi il meno possibile, al momento in ambito casalingo/domotico ho qualche dubbio. Insomma, paghiamo per andare in palestra e fare del moto, e poi non abbiamo voglia neanche di alzare il c… dalla poltrona per spegnere la luce? Smile


Zaino fotografico Manfrotto MB MA-BP-GPM

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Lo ammetto: sono un accumulatore seriale di zaini e borse fotografiche! Non per una patologia compulsiva, ma in quanto perché cambiando o crescendo il corredo, ma soprattutto la tipologia d’uso, cambiano anche le esigenze e quindi trovare la borsa ideale come capienza, ergonomia, leggerezza, materiali, impermeabilità, ecc. non è sempre facile.

Come vedete dalla foto qui sotto quando devo uscire per uno shooting o affrontare un viaggio ho abbastanza l’imbarazzo della scelta. Dall’alto in basso e da sinistra a destra troviamo una vecchissima borsa dei tempi della reflex analogica come si usava una volta, la Tamrac Rally 6 (qui la recensione) per un corredo da viaggio breve, una piccola Canon per corpo e 2 piccoli obiettivi, il Manfrotto Offroad per le attività sportive, il Lowepro Computrekker AW che è lo zaino che uso maggiormente e che mi segue da molti anni, ed infine il “medio” Manfrotto MB MA-BP-GPM che è il soggetto di questa mini-recensione.

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Cosa mi ha spinto a comprare (su Amazon, dove si trova il prezzo migliore) questo zaino? Il target sostanzialmente sono i viaggi di una settimana o di week-end lunghi dove solitamente mi porto la classica “tripletta” 17-40, 24-105 e 70-200 oltre ovviamente al corpo macchina. Tale corredo ci è sempre stato anche nella borsa a tracolla (detta anche “messenger”) della Tamrac che però ha il difetto della scarsa comodità (peso solo su una spalla) e sul fatto che oltre al corredo fotografico ci sta poco altro.

Il Manfrotto invece offre spazio aggiuntivo nello scomparto obiettivi (ad es per caricatori, batterie, cavi, ecc. oppure per ampliare il corredo con altri obiettivi fissi o un flash a torcia), degli comodi scomparti interni per il kit pulizia, sacchetti antipioggia, memorie e soprattutto nelle due tasche anteriori molto spazio per tablet (o anche un notebook slim da 13”), kindle, smartphone, documenti di viaggio, cartine, portafoglio, ecc.

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La comodità di uno zaino con due comodi spallacci al posto di una cinghia a tracolla è indubbiamente un’altra cosa. Il peso a vuoto è molto contenuto, indossato sta ben attaccatto al corpo anche senza avere cinturini in vita o sullo sterno. Potrebbe forse risultare un po’ scomodo per persone alte in quanto tende ovviamente a gravare sulla parte alta della schiena e delle scapole.

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In conclusione sono molto soddisfatto dell’acquisto, l’ho portato in una recente vacanza a Lanzarote dove non c’è stato nessun problema di imbarco e di peso con una nota  compagnia aerea Low-Cost e viste le pessime condizioni meteo, ho potuto saggiare anche il rain-cover che viene incluso nella confezione.

Birre, selezioni sfondo e tavolette grafiche

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Oggi piú per noia che per altro, mi sono messo a fotografare una serie di 12 bottiglie di “Birra dal Mondo”, che mi sono regalato per Natale, più il cofanetto Forst gentilmente omaggiato dall’amico Gerald (questo di corredo alle recensioni di quando le berrò sul mio tag #birreBevute su Twitter). A parte la difficoltà intrinseca di gestire i riflessi  (cosa che non sono minimamente riuscito a fare), quando sono andato a vedere le foto non mi piaceva per niente il colore del tappeto sul quale avevo adagiato le bottiglie.

Per cambiare selettivamente un colore ad una parte dell’immagine non contigua, con la suite Adobe Fotografia abbiamo due possibilità: o usare in Lightroom un Adjustment Brush e poi lavorare su quella parte di foto che abbiamo “colorato” (es. desaturando) oppure in Photoshop usare una delle tante tecniche di selezione/scontorno, preferibilmente con una maschera.

La prima è estremamente veloce, soprattutto perché non staremo tanto ad andare sul sottile vicino ai bordi delle bottiglie; il massimo che ci potrà succedere infatti è che la desaturaziona o gli aggiustamenti che andiamo a fare sul brush si applichino anche a quella parte di bottiglia, ma la cosa non sarà minimamente percettibile guardando poi la foto finale.

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Diverso discorso se lo sfondo deve essere pesantemente modificato o addirittura sostituito con un’altra foto. Qui ci viene in aiuto Photoshop CC e il suo strumento “Select and Mask…” che ci consente di dare una rapida “sgrezzata” con lo strumento di selezione e poi di “rifinire” i dettagli con lo strumento di brush e di refine. Una volta creata una maschera è ovviamente sempre possibile andare a curare meglio i dettagli semplicemente colorando di nero o di bianco con lo strumento pennello (e con lo shortcut “X” per alternare i due colori si va via abbastanza velocemente).

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A questo punto ottenuta la maschera è possibile sul layer sottostante mettere la foto originale modificando colore o saturazione, oppure una foto totalmente nuova che verrà bucata dalla maschera.

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Il tutto è estremamente facilitato se si dispone di una tavoletta grafica invece che usare semplicemente il mouse.

Ultimamente ho sostituito una vecchia Wacom Bamboo che non aveva più il supporto di Windows 10 (cmq bestemmiando un po’ con i driver Windows 7 funzionava ancora) con una nuova Wacom Intous Small Bluetooth.  Il fatto di averla wireless è estremamente comodo e pratico ed inoltre quando non si usa funge da “tappetino” per il mouse (a proposito, ho finalmente trovato il mouse definitivo… Logitech MX Anywhere 2 che in versione Amazon costa molto di meno) e quando serve è subito pronta.

Il supporto alla pressione sia per quanto riguarda lo “spessore” di tracciamento, che l’opacità applicata si attiva mediante due icone sul pannello di tutti gli strumenti che supportano la pen-pressure. Per fare ciò è necessario che sia attivo il supporto a Windows Ink nel pannellino del driver Wacom.

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Purtroppo ciò non avviene in Lightroom, ovvero se attiviamo il supporto a Windows Ink per avere la gestione della pressione, molte volte disegniamo ma è come se non lo facessimo (non vediamo colorare di rosso la maschera, in pratica). E purtroppo anche scrivendo nei forum, vi è un rimbalzo di responsabilità tra Wacom e Adobe su di chi sia la colpa (strano che entrambe non l’abbiamo data a Microsoft…e comunque anche su MacOS sembra non essere esente da problemi).

Purtroppo in LR non funziona il “trucco” che era presente in Photoshop per avere il supporto alla pressione anche senza abilitare Windows Ink.

Bastava infatti mettere in C:\Users\[User Name]\AppData\Roaming\Adobe\<Photoshop Version>\<Photoshop version> Settings\  un file chiamato PSUserConfig.txt con queste due righe (la prima è un commento)

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Anche senza supporto alla pressione comunque poter disegnare una maschera con una penna invece che con il mouse è molto piú comodo e veloce e nonostante questa issue tra Wacom e LR, per i pochi soldi che costa, mi sento di consigliarne l’uso.

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I miei 2 cents sui social (aka why I quit Facebook)

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Facebook

why-i-quit-facebookTL;DR:

Ho chiuso il mio account .

Non sono il primo (anche tra i miei più cari amici c’è chi ci ha provato) e forse –lo dico subito- non è detto che dopo un periodo di disintossicazione non lo riapra.

Tutto è nato a fine ottobre quando a causa di un piccolo intervento ad un piede dovevo rimanere in convalescenza a casa. Dovendo passare tante ore sul divano con il laptop sulle gambe, avevo preso la decisione di non sprecare le ore extra-lavoro nello scorrere infinite timeline di socials, ma di dedicare il prezioso tempo che avevo a disposizione per arricchire il mio bagaglio tecnico con corsi online (Udemy soprattutto, ma anche ebook, blog, e tutorial Youtube). Alla fine dei 15 giorni, sapevo usare molto meglio Photoshop e Premiere, avevo approfondito parti di .Net Core,  avevo imparato tecniche di montaggio video e di colorimetria ma soprattutto… Fb non mi era mancato affatto!

Tra i motivi che il social di Zuckenberg ti propone quando decidi di disattivare il tuo account troviamo:

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A parte il punto 3 che è sicuramente vero (anche se bisognerebbe stabilire quanto è “troppo”), negli altri punti non ho trovato esattamente quello che provavo in quel momento e cercherò di spiegarlo invece qui.

Di sicuro NON per il “fattore privacy”: metto in piazza i miei fatti da più di 20 anni con questo sito, quindi sarei un pirla se me ne preoccupassi solo adesso. E neppure per il “fattore fakenews”: sono certo che dietro l’ascesa di certe parti politiche, in Italia come in USA, ci sia dietro l’aiutino di bot e campagne mirate, ma ho la presunzione di credere che le mie idee o orientamenti non sono così condizionabili da post o commenti.

Il “fattore noia” o “ripetitività” è invece sicuramente uno dei principali motivi. La leggenda metropolitana che noi vediamo solo i post di 25 amici è probabilmente una bufala, ma non si discosta molto dalla realtà. Il primo colpevole sono proprio io stesso e se penso alla monotonia delle mie timeline (foto di giri in bici o sciate per l’80% ) mi chiedo come a distanza di anni ci sia ancora qualcuno che avesse voglia di mettere like. Intendiamoci, i contenuti possono –e lo erano- essere anche super-interessanti e belli, ma dopo anni sempre quelli erano e solo vedendo il nome dell’autore potevo immaginare cosa stessi andando a leggere di lì a poco.

Il “fattore stupidità/ignoranza” per mia fortuna non era presente nei post degli stretti friend (ho la presunzione di scegliermi amici intelligenti!) ma lo era ampiamente nei commenti su fatti di cronaca o in quei pochi gruppi generalisti (es. seidise…) dove al terzo commento su un post di qualsiasi argomento si scatenava un flame. Di nuovo, perdere il proprio tempo a legger de stupiditate humanii, non era molto intelligente.

Il “fattore invidia” non l’ho mai negato. Ero conscio che certi miei contenuti (un giro in bici o un sellaronda fatti di giorno lavorativo) potessero scatenare invidia, ma ho sempre pensato “se vedere questa cosa ti fa rabbia, sei scemo a seguirmi o a usare FB”.  Nel momento dell’invalidità temporanea quando alla prima foto di una pista innevata ho realizzato di provare invidia, non ci ho pensato un attimo a chiudere baracca e burattini.

E gli altri social ?

Instagram

Su Instagram ho un account molto verticale dedicato solo ai giri in bici, ma penso sia il prossimo candidato alla chiusura. Essendo un amante della fotografia sembra strano che non sia un fervido utilizzatore o fruitore di questo social, ma lo amavo molto di più quando era solo un mezzo per pubblicare scatti istantanei fatti con lo smartphone. Oggi è evidente che moltissimi pubblicano foto realizzate con reflex o mirrorless e ampiamente post-prodotte; non che ci sia niente di male, sono il primo sostenitore della post-produzione che ritengo una parte essenziale e fondamentale dell’hobby delle fotografia. Solo che allora, se proprio voglio vedere belle foto di gente più brava di me, mi oriento su siti come 500px, il fu-Flickr o anche solo Juza dove per lo meno posso vederle a una risoluzione decente e con aspect-ratio umani.

E poi anche qui, per mia colpa che ho scelto di seguire pochi account e quasi tutti locals o associati al tema della MTB, sono sopraffatto dalla noia. Il Lago di Braies, la chiesetta della Val di Funes, le Tre Cime di Lavaredo e i panorami dell’Alpe di Siusi mi vengono fuori dal c… (scusate il francesismo), ma ripeto qui è solo questione di aver tempo e andarsi a cercare account extra-südtirol o extra-ciclistici (ogni volta che esce qualcosa del mitico Steve McCurry ho un sussulto di commozione…).

E poi, francamente, il discorso dei like e della notorietà mi ha sempre, non dico disturbato, ma almeno fatto sorridere. È noto infatti che per ricevere un sufficiente numero di followers e aumentare la popolarità del tuo canale, la qualità delle foto non è il primo fattore. Come ben spiega qui l’amico Walter, che per suoi meriti ampiamente riconosciuti (lo chiamo magister mica per niente) oggi viaggia a cifre da 3 zeri di like a foto, per conquistarsi una larga fetta di pubblico bisogna:

  • essere “verticali” ed avere un account che tratta un argomento specifico (e io con la mtb c’ero)
  • condire bene il tutto con commenti e hashtag ben scelti (e a fatica lo faccio)
  • passare almeno un mesetto a dare like in giro a destra e a manca (anche se la foto fa schifo) e followare persone che non sanno neanche farsi un selfie solo con l’intento del “contraccambio” (e qui mi sono sempre rifiutato, ed infatti non sono mai andato sopra i 70 like a foto :-) )

Cito testualmente la spiegazione che mi hanno dato di social engagement: “… tutte le volte che ti siedi sul cesso comincia a scegliere un tag, esempio #mtb e comincia a likeare tutto senza star neanche a guardare, fai lo stesso per altri 3/4 tag e vedrai che comincerai a essere followato e rilikeato. Non fare lo schizzinoso e metti like a tutto anche se le foto fanno cagare.”  (d’altronde sei sul cesso NdA)

È un po’ la vecchia storia dei forum sopracitati dove per farti guardare il tuo book sei costretto ad inondare altre foto di “uhh nice colors..”, “hmm great composition”, “wow, what a wonderful dof”. Signori, se lo vediamo in Black Mirror (Nosedive, S03E01), ridiamo e pensiamo che è distopia, ma è molto simile a quello che avviene nella realtà. E se lo scopo è arrivare ad un numero sufficiente di followers per farsi pagare dalle ditte (in denaro o in prodotti), non ci penserei due volte –pecunia o prodotti gratis da testare non olet- ma visto che il mio target e i miei skill (sia fotografici che di rider) mi avrebbero confinato al massimo ad avere un paio di centinaio di persone, anche no, grazie.

Twitter

Passiamo a Twitter. All’inizio lo usavo per qualche post tecnico, spesso in inglese, che mi serviva più come mio pro-memoria stile knowledge base (poi ho iniziato a segnarmele su evernote e fanculo lo sharing); successivamente è diventato il repository di mini-recensioni da 140 (adesso 280) caratteri di #filmVisti, #serieViste, #libriletti (e anche #birreBevute!). Gli stream sono comunque “grabbati” da un mio servizio che li storicizza e li pubblica sul mio sito, quindi gli orfani di FB di queste mie mini-reviews li possono sempre leggere qui.

La mia fruizione da lettore del social cinguettante è diventata più frequente negli ultimi anni, in quanto alcuni profili che seguo sono divertenti, interessanti, colti, scanzonati e soprattutto “di varia umanità” (dalla satira, alla scienza, dalla politica allo sport, dai gattini alla vita sociale quotidiana). Certo anche qui non bisogna fare l’errore di entrare nei commenti di un cinguettio perché è molto probabile che ci sia in corso una faida tra vari @napalm51 che si scannano tra tesi no-vax, terrapiattiste anti-pro-fascio-comunisti-leghisti-grillini-eilpdallora :-(

Linkedin

Infine LinkedIn, che ho da poco riscoperto, rivalutato e che mi auguro non venga depauperato e ridotto anch’esso come gli altri. Alcuni brutti segnali ci sono: se fate una ricerca “linkedin is not facebook” vedrete che già da un paio di anni c’è chi mette in guardia da una zuckenberghizzazione del social di microsoft e alcuni post di questi giorni in stile “you did a great job XXX [mettere nome di un collega]”  mi fanno giá venire i brividi. Io nel mio piccolo cercherò sul mio account di condividere nient’altro che “roba tennica” sia personale che inerente la mia società, evitando di sicuro meme, frasi da Osho o banner motivazionali che vedo vanno per la maggiore.

Insomma, anche se non sarò più su FB avete capito dove trovarmi. Di sicuro spero di tornare a scrivere di più qui sul mio blog, perché come disse Scott Hanselman in tempi non sospetti “blog more, tweet less…”

Il mio secondo anno con una e-bike

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Proseguo, anche con il titolo, la tradizione del bilancio riassuntivo inaugurata l’anno scorso con questo post.

E come l’anno scorso lo apro con le 100 immagini che ho scelto per raccontare il mio E-2018

 

La nuova bici: Cube Stereo Hybrid 160 Action Team

Ma come? dopo solo un anno cambi giá bici?

CUBE Stereo Hybrid 160 Action Team 500 27.5È stata una meditata decisione ma l’avvento di nuove geometrie e della batteria “nascosta” nel talaio (Powerpack Bosch) mi hanno fatto riflettere che la mia vecchia 140 Plus avrebbe perso troppo valore. Quindi o l’avrei tenuta per parecchi anni, oppure ci avrei perso troppi soldi nel momento del cambio (che avevo previsto col nuovo motore Bosch che è stato ritardato di una stagione). Se poi ci aggiungiamo che i 140mm con la geometria poco progressiva dei telai Cube erano spesso a fondo corsa (neanche pensare a drop seri nei bike park), che non ero contentissimo di freni e forcella e che il giocattolo nuovo era molto appetitoso, ad Agosto 2017 ho ordinato l’ammiraglia delle e-bike di Cube.

“Ma perché nella prima parte del video compare ancora la vecchia bici, se l’hai ordinata ad agosto?” si chiederà qualcuno… Perché è arrivata a Giugno 2018, ben 10 mesi dall’ordine, neanche fosse una Lambo Aventador con vernice personalizzata!

Non voglio addentrarmi in polemiche o discussioni su come il mondo del ciclo (e soprattutto delle e-bike) stia gestendo questo problema. Non è solo Cube l’indiziata numero uno, anche se il successo che sta avendo ingigantisce la cosa. Le voci che stanno dietro il mancato rispetto dei tempi sono molteplici: hanno sbagliato il telaio, hanno fallito dei test di sicurezza, hanno dovuto rifare lo stampo due volte, i telaisti a Taiwan non ci stanno più dietro, è colpa dei fornitori di qualche parte, ecc. Quello che so è che per i negozianti come il mio deve essere un vero stress continuare a dire al cliente che la KW (Kalenderwoche, settimana lavorativa) di consegna continua a slittare fino ad arrivare a ritardi di 6 mesi.

Comunque sia… alla fine la bici è arrivata e come di consueto, finché era pulita, le ho dedicato il suo bel photo-shooting.

Non voglio addentrarmi come l’anno scorso in una dettagliata recensione di tutte le parti, anche perché molte sono uguali (es. il motore Bosch CX, la trasmissione SRAM EX-1, lo stesso cambio di corona da 14T, ecc.). Qualche nota però vorrei lasciarla.

Sospensioni

01-DSC_0013_BURST20180711111653356Niente da dire sull’ammo Fox FLOAT DPX2 Factory EVOL. Non ho mai avuto grossi problemi con gli ammo Fox che ho sempre trovato burrosi e ben settabili per varie situazioni. I 20 mm in più dell’anno scorso si sentono eccome e ti danno un margine di sicurezza quando vuoi “saltare grosso”. Diverso discorso sulla forcella anteriore, una Fox 36 Float Factory FIT4 da 170mm.  Qui invece purtroppo non ci siamo proprio! Come da millenaria tradizione Fox “la forcella dell’anno prima fa schifo, ma vedrete che abbiamo risolto col nuovo modello!!”. Sono anni che lo leggo e sicuramente di anno in anno qualche improvement c’è. La forcella MY 2019 con la cartuccia GRIP che ho provato durante un test bike su una Trek era veramente tutt’altra cosa come attrito di stacco e come scorrevolezza nei primi cm. di escursione. La mia 36 Fit4 MY2018 è invece estremamente performante quando le velocità si alzano e gli ostacoli sono grossi, ma “sul piccolo”, “sul lento” è praticamente una hardtail e le vibrazioni che induce sullo sterzo rendono veramente spiacevole e quasi pericolose le discese di quel tipo. Ho chiesto a Fox se è possibile cambiare la cartuccia da Fit4 a Grip 2019 e per 500€ lo farebbero. Sono indeciso tra investire questa grossa cifra o provare con un tuning alternativo più economico come quelli di Andreani, Abs Fork o Luftkappe (il problema è trovare qualcuno che ci sappia veramente mettere le mani).

Freni

Dopo tanto penare e molti cambi di marca (Formula, Hope, Magura) ho finalmente trovati “I” Freni, con la F maiuscola. Shimano Saint BR-M820, Hydr. Disc Brake. Non penso che sulle prossime bici vorrò nient’altro che questi freni anche a costo di pagare l’upgrade! Potenti, modulabili, non fischiano, non fanno zinzin, la leva resta costante. Quello che insomma dovrebbe essere la norma, ma prima di arrivarci ci ho messo vari anni.

Ruote e Gomme da 2.6”

Schwalbe Magic Mary 2.60, Addix Soft, Tubeless Easy, Super GravityL’epoca delle gomme PLUS da 2.8” o 3” sembra sia durata ben poco. E me ne dispiace, perché per la stagione che le ho avute sotto il sedere e le mani ne ho beneficiato e goduto. L’effetto di deriva e di mancata precisione in curva io non lo sentivo per niente, ma la sicurezza che mi davano sul super-tecnico, sassoso smosso o lento era impagabile. Le 2.6” dicono essere il classico compromesso tra guidabilità veloce delle 2.35/2.5 e la sicurezza delle plus. Forse è vero, fatto sta che in certi passaggi molto arditi ho rimpianto di non avere la cicciona (s)gonfiata ben sotto 1 bar. E i tempi su Strava tra la vecchia plus e la nuova 2.6” non danno certo ragione alla “smilza”: siamo lì oppure addirittura vince la plus (oppure sto solo invecchiando e diventando un lentone!!). L’altro difetto imputato alle plus erano i loro fianchi di carta velina e la propensione a bucare spesso. Penso di non aver mai bucato o tagliato fianchi tante volte come quest’anno. La Schwalbe Magic Mary Addix Soft all’anteriore mi è piaciuta abbastanza, mentre la Nobby Nic di serie ha fatto qualche km per essere subito sostituita da una Maxxis DHR II Dual che pur avendo 60 tpi ho tagliato alla seconda uscita e che ho dovuto tenere spesso con la camera d’aria per problema di tenuta del tubeless.

Ho anche provato a montare dei vecchi 2.8” per vedere quanto differenza ci fosse, ma ho capito che è più il rim del cerchio che fa la differenza che non i 0.2”. I 40mm del vecchio DtSwiss rendono infatti i copertoni molto più panciuti e ciccioni del 35mm del nuovo Newmen Evolution SL.

A proposito…Dio stramaledica i progettisti del mozzo a cricchetti Newman!! Oltre a essere meno scorrevole di un mozzo shimano deore (fatta prova comparativa di quanti giri fa applicando la stessa forza) il RUMORE INFERNALE dei cricchetti della ruota libera è ASSORDANTE. Era così bello scendere nel bosco solo col rumore soft del carro che rimbalzava da un sasso all’altro, adesso sembra stia passando una motosega di qualche lumberjack!! Unico vantaggio… se davanti a te in lontananza trovi dei pedoni, ti basta smettere per un attimo di pedalare e ti sentiranno da un km! #fail

Reggisella

Dopo anni di Rock Sox Reverb, che non mi ha mai dato problemi, il passaggio a Fox Transfer Factory kashimato mi preoccupava. Invece è un signor reggisella, sempre pronto, scorrevole e con un’ottima ergonomia del comando remoto. E qui mi preme ancora una volta ringraziare tantissimo Lorenz e Arthur di Sanvit… il perché lo sanno loro ed è per questi particolari che rimarrò fedele al loro negozio (non c’è online che tenga in questo caso…).

Fox Transfer Factory 31.6mm, Kashima Coated

Guarnitura, pedali e scarpe

La bassa geometria delle ebike fa si che spesso si tenda a “zappare” con il suolo con i pedali ed ecco che tutte le case hanno ridotto di 10 o 15 mm la lunghezza delle pedivelle. Con i 165mm delle Race Fsce Aeffect non dico di non aver mai sbattuto su un sasso ma meno frequentemente dell’anno prima. E con il firmware Bosch 1.8 uscito a luglio (qui la mia recensione) il motore è stato ottimizzato per la nuova lunghezza ridotta. Sui pedali sono tornato per la terza volta su HT; dopo gli AE01 e gli AE03 ho montato degli AE05 leggermente più concavi. Non c’è questa grandissima differenza con i modelli precedenti, il grip e la pedalabilità abbinate alle scarpe giuste (ho preso le nuove Five Ten Impact Pro che finalmente hanno risolto il problema della scollatura della suola) sono al top!

htft

Batteria, consumi e peso

Bosch PowerTube 500Differenze tra la vecchia batteria esterna e la nuova Powerpack? Nei consumi nessuna. Certo oggi molte case stanno andando sui 700Wh che danno molta più libertà per giri lunghi (anche se sospetto che non aumenterei i km o i metri D+ ma che farei li stessi con livelli di aiuto maggiori). Per il mo peso piuma e la mia gamba i 500Wh sono più che sufficienti. In Tour ho un’autonomia virtuale di circa 2000D+ (420/430 mt precisi ogni tacca) che è un signor giro. E anche in turbo sparato i consumi non calano drasticamente come avrei immaginato. L’altro giorno per scaricare due tacche di batteria (Bosch consiglia di lasciarla in inverno con 3 tacche residue) ho dovuto impiegare più di 500m. D+ dandomi quindi un range di “un millino” alla massima potenza.

Quello che invece andrebbe molto migliorato nelle e-bike di oggi è il peso. Ormai stiamo raggiungendo pesi vicini ai 25kg per molte case (la mia in tg S penso si fermi un kg sotto ma non tanto di più) e la cosa è abbastanza ridicola se pensiamo che il sovrappeso di batteria e motore è circa di 7 kg (4+3). Ok aumentare le dimensioni strutturali del telaio (con molto alluminio in più visto gli spessori maggiori), ok usare componenti più “steiff” e duraturi, ma la mia vecchia enduro muscolare 27.5 era sotto i 12kg, quindi il margine a mio avviso per fare bici da 20/21kg c’è tutto. Non si tratta tanto di handling (che comunque si fa sentire), ma dell’impossibilità solo a pensarci di fare anche pochi metri di portage o di “spintage”… e questo purtroppo preclude l’organizzazione di bei giri alpini che magari hanno qualche passaggio non pedalabile.

Attività

Come si desume dalle mie statistiche, questo è stato il mio miglior anno in termini di numero di uscite, km, dislivello, ecc. A riprova ancora una volta del fatto, che con l’ebike si va di più. E se non bastasse la mia esperienza potrei portare quella di mia moglie alla quale ho preso una Cube Access Hybrid SL 500, una hardtail da 29”, con la quale ha fatto più di 1000km (prima era tanto se ne faceva 300) e soprattutto ci ha dato la possibilità di fare molti più giri insieme in posti dove non saremmo mai potuti andare con bici tradizionali (es. la lunghissima e dura salita da Ortisei all’Alpe di Siusi).

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Tra i giri “nuovi” fatti quest’anno per la prima volta mi piace ricordare il Sellaronda Antiorario (bello come il suo fratello), un bellissimo giro tra la Badia e la Pusteria grazie al nuovo bike-buddy Mauro, e un Rasciesa-Funes-Seceda con panorami da togliere il fiato.

Senza dimenticare il week-end lungo nel Mugello, splendidamente organizzato dagli amici Rob e Paolone (se volete organizzare un giro in Toscana, Bikemoodè una garanzia!)

Malga Brogles

Programmi per il 2019

Forse porta un po’ sfiga fare programmi visto che alla mia età basta un niente per incriccarsi e veder sfumati tutti i sogni… ma voglio lo stesso mettere qualche buon proposito per vedere tra 365 quanti ne avrò completati (nel mio lavoro di responsabile qualità si chiama “piano degli obiettivi”)

  • Fare molte più giri “fuori porta” (approffittando del gancio traino e del porta bici che sta arrivando non ho piú la scusa del trasporto)
    • Tornare in Alta Venosta (Laces, Goldrano) dove non sono mai andato da elettrico
    • Vedere zone dolomitiche nuove
    • Andare sul Garda (Baldo, Altissimo, Punta Larici) dove vengono da tutta Europa e noi che ce l’abbiamo a un’ora di macchina non ci andiamo mai
  • Fare un altro w/e lungo di ride & food come quello toscano di quest’anno
  • Fare con Silvia l’Eroica Tour nel Senese
  • Migliorare la tecnica (magari con un corso)
  • Non farmi male :-)

BUON ANNO E BUONE PEDALATE!

Quali sono le ore più calde per uscire in mtb ?

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imageVisto che in questi ultimi giorni del 2018 ci sono temperature che definire miti è poco (17° a Bolzano il 31/12), mi è venuta voglia di inforcare la bici invece che infilarmi su piste da sci sovraffollate. E come spesso mi era accaduto in passato mi è venuta la curiosità di sapere “scientificamente” quali sono le ore migliori dal punto di vista del caldo vista la mia famosa “freddolosità” (a qualcuno che soffre il caldo può comunque venire comodo fare il NOT e usarla per uscite estive fresche).

Il primo problema era trovare i dati delle misurazioni di temperatura almeno con cadenza oraria, ma con mia grande sorpresa ho scoperto che il portale degli OpenData della Provincia di Bolzano, li fornisce addirittura con un sampling rate di 10 minuti! Qui trovate sia la documentazione delle API che i servizi REST che espongono in JSON sia le misurazioni in tempo reale, che quelle “storiche” a partire dal 1 agosto 2014.

Tra la lista delle 120 stazioni meteo censite ho scelto quella più vicina a casa mia (purtroppo nel mio paese non ce ne sono) che è quella di Pianizza di Sopra (codice 89190MS) che è posta a 495mt slm, (io sono a 400) ed è molto più vicina come clima ad Appiano che non la calda e afosa Bolzano.

Si è trattato quindi di scrivere due righe di codice per scaricare 4 anni completi di rilevazioni della stazione (ho omesso quella metà di 2014), non solo per quanto riguarda la temperatura, ma già che c’ero per tutti gli altri sensori presenti. 1 stazione x 4 anni x 365giorni x  144 rilevazioni giornaliere ogni 10 minuti x 9 sensori fanno la bellezza di 2 milioni e rotti di records. Mi viene voglia di scaricare tutte le stazioni per avere un db bello grosso con cui giocare  sulle performance, ma questa è un’altra storia.

A questo punto sono bastati “due colpi di PowerBi” (che è veramente la Self Service BI anche per la massaia di Voghera visto la facilità d’uso) per avere un quadro di massima su quale fosse l’orario migliore (più caldo) per organizzare un’uscita.

Qui sotto potete vedere i risultati (ingrandite a tutto schermo con l’icona in basso a destra di full screen) .

Considerando la media di 4 anni (che sono pochi per una statistica seria, ma comunque sono già abbastanza per evitare “anomalie” di un solo anno) l’orario più caldo medio annuo sono le 14:40 con 16.57°.

Risultato che mi sarei aspettato in estate, ma non nei mesi freddi dove pensavo fosse più caldo più vicino a mezzogiorno che non nel primo pomeriggio (come dico sempre “if not assessing, you’re guessing…”)

Se cliccate sui vari mesi in alto vedrete cambiare la curva shiftando di un’ora circa nei mesi caldi, ma sostanzialmente possiamo dire che l’intorno delle 15 è quello più propizio (per me!).

In realtà andando per controprova a cercare tutti gli orari che hanno totalizzato la MASSIMA giornaliera e facendo il COUNT si vede che il vincitore sono le 14.30. Questo probabilmente a causa dei “doppioni” (es. molti giorni hanno la stessa temperatura massima per più di 10 minuti consecutivi) che hanno avvantaggiato quel particolare orario.

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La stessa statistica sui mesi porta a questo risultato. NB: il webservice espone giustamente i dati con l'orario “reale”, ovvero CEST - Central Europe Summer Time con l'ora legale e CET con quella solare.

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A corredo delle statistiche delle temperature, potete giocare con gli altri sensori.

Interessante vedere (magari è cosa arci-nota agli appassionati di meteorologia quale io NON sono) come la curva dell’umidità sia quasi “in controfase” alla temperatura. O come cambia il vento (prendendo la stazione del Lago di Caldaro presumo si veda benissimo quando si può preparare la tavola da surf!)

Conclusione

Chiaramente non è solo la temperatura massima che determina il maggior (o minor per altri) confort. Bisognerebbe incrociare i dati con l’irraggiamento solare (es. oggi alle 14.30 la zona del Gleiff era in ombra ma probabilmente con temperatura molto maggiore delle 12 dove forse si stava meglio), con il vento e con l’umidità. Ma a questo punto dovrei passare la parola agli esperti come gli amici Giampaolo e Marco

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